Scritti… con la divisa

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    Siamo di nuovo con il nostro artigliere alpino del Gruppo Pieve di Cadore, giunto a “metà del campo mobile ed ora s’avvicina la fine”, come scrive alla mamma. 

     

    Villagrande (Selva di Cadore), 11 luglio 1959 – “Oggi è giorno di riposo e quindi posso scriverti liberamente, altrimenti gli altri giorni c’è poco tempo perché ora, oltre alle marce, siamo come in stato di guerra quindi dobbiamo lavorare un po’ di più per mascherarci e stare di guardia, inoltre dobbiamo prendere posizione anche la notte in appoggio agli Alpini che stanno sferrando un attacco per riconquistare la Conca di Cortina. Naturalmente tutto questo è fittizio, ma ci procura seccature continuamente. Ora siamo muniti anche di maschera e dobbiamo sempre portarla con noi perché si è in attesa di un attacco Abc (Atomico Biologico Chimico). Così tra una cosa e l’altra passano veloci i giorni”. Nella stessa lettera scrive al fratello maggiore che gli ha fatto un po’ da papà. Anche a lui fa la descrizione dei posti e dei percorsi e si sofferma su episodi che interessano entrambi essendo “innamorati” della montagna: “Il 6 luglio soggiorno a Pezié de Parù a due km da Pocol dove si domina Cortina e da dove partono le piste olimpiche di sci (…). L’8 luglio, alzata alla 4 e partenza per il Rifugio 5 Torri, un bellissimo posto dove si dominano quasi tutte le Dolomiti. La mattina siamo arrivati su alle 9 e sono stato a tempo a vedere la scalata alla Torre Grande da parte di Candido Bellodis (uno scoiattolo di Cortina) e un altro (VI grado). La notte la nostra squadra ha dormito vicino al Rifugio (in tenda, q. 2.137)”.

    Il campo estivo non dà tregua, ma ogni momento libero è buono per scrivere alla mamma, una “ragazza del ’99”, e lei fa altrettanto con il figlio al quale ha dato il nome di un suo fratello Luigi, Caduto della Grande Guerra.

    Pian di Fedaia, 14 luglio 1959 – “…ho ricevuto con molto piacere la tua del 9 c.m. (…). Oggi abbiamo fatto una tappa abbastanza dura. Da Costa, sulla strada del Pordoi, attraverso Arabba e il Passo Padón (metri 2.600 circa) siamo arrivati a Pian di Fedaia (q. 2.100) sulle pendici della Marmolada, ricoperta da un grandissimo ghiacciaio. Oggi, tra l’altro, abbiamo preso anche un temporale (…) stasera poi è ritornato a brillare il sole e spero che i panni si asciughino presto, poiché pur avendo quelli di ricambio portarli nello zaino così bagnati non è tanto piacevole”.

    Le notizie non sono sempre piacevoli; la mamma gli ha fatto la cronaca di quello che succede in paese e nelle vicinanze, tra cui un nubifragio a Ponte Selva con una casa sepolta da una frana con morti e la dipartita dello zio emigrato in Francia.

    Ciampié, 18 luglio 1959 – “… ho ricevuto del 15.7 dove mi informi della sciagura di Ponte Selva (…) e della morte dello zio di Francia. (…) Oggi ho terminato l’ultima tappa a piedi del campo mobile (…). Qui il tempo si è messo al bello dopo 2 giorni di pioggia (…). Ora mi trovo a Ciampié, una malga, dove pernotteremo, domani si riparte, in camion, per Moena”. Ma la nostra penna nera non si limitava solo alle lettere: “Spero avrete ricevuto le mie cartoline della Marmolada, di Canazei e Alba e Penia, mi raccomando tenetele da parte che le voglio conservare di ricordo di questi magnifici posti”. Infine batte cassa con una nota poetica ispirata al verde: “…adesso ho preso un po’ il colore di questi magnifici prati, attualmente ho £. 500 in tasca, sempre in attesa della decade del 20, la daranno il 21 o il 22 (£ 1.500). Se vuoi mandarmi qualcosa fa un vaglia postale (…) oppure puoi fare una Raccomandata con dentro il liquido, ma forse è meno sicuro”. Aggiunge poi due righe anche per la sorella Letizia, la primogenita di carnagione scura, che lo tiene informato delle novità in paese mandandogli anche ritagli di giornale: “…scusami se uso l’ultimo pezzettino del foglio per rispondere alla tua cara lettera, ma scrivi, scrivi mi sono accorto che lo spazio era ormai finito e purtroppo non ho più lettere (…) e qui non si possono neppure comperare perché mi trovo vicino ad una malga. Ti ringrazio dei ritagli di giornale (…). Ti informo che col sole ho preso un bel colore, sono ormai più nero di te”.

    La mamma risponde ringraziando per gli scritti, gli fa le solite raccomandazioni e lo informa dei lavori agricoli fatti nella loro cascina, posta a circa ottocento metri sulle montagne bergamasche, lavori che solitamente svolgeva il nostro alpino essendo il fratello occupato in un’azienda mineraria, prima minatore e poi operaio nell’impianto di trattamento del minerale. Aveva preso quel posto alla morte del papà, anche lui minatore per tutta una vita tra cui alcuni anni nei “goldfields” del Western Australia.

    Da casa, lì 21 luglio 1959 – “…con molto piacere rispondo alle tue lettere (…) le ho ricevute una ieri e una oggi, poi anche tre cartoline e ne sono arrivate un po’ a tutti e godo assai al vedere che ti ricordi di frequente dei tuoi famigliari (…). Oggi abbiamo cominciato a tagliare il secondo fieno ed è stata una bella giornata e speriamo che ne faccia qualche giorno non come l’altra volta che abbiamo tribolato abbastanza, è stato a casa il Mario a falciare (…). Colgo l’occasione di farti i miei più fervidi auguri di buon compleanno e di fare il buono (…) ti raccomando ascoltami che ti troverai contento (…). I soldi te li spedirò per vaglia, ti mando cinque mila lire, non sono tanti ma spero che vieni presto a casa”. Al termine ci sono anche i saluti della sorella Cristina, la minore, che lo aspetta per fare qualche gita in montagna. Che sia una malattia di famiglia? “Domenica era la terza del Frassino e siamo andati sull’Alben, io, il Mario, Giannina, Ernesto, c’era su un po’ di nebbia ma è stato bello lo stesso, siamo andati proprio sulla vetta (…). Ti aspetto in agosto e se avrai qualche giorno di permesso andiamo a fare qualche gita in montagna con la combriccola”.

    Cessato il campo mobile, il nostro artigliere lascia la 37ª batteria a cui era stato aggregato e torna al Reparto Comando, ma deve subito uscire con una squadra per partecipare al recupero del motore e della carlinga di un Piper precipitato tre giorni prima durante un’esercitazione. A pilotarlo c’era il suo capitano, Verna, rimasto gravemente ferito ma se la caverà.

    Falcade, 23 luglio 1959 – “…sono giunto da 2 giorni a Falcade e sono rientrato al R.C.G., ormai il campo mobile è terminato. Ora sono tornato all’U.T.G. e svolgo le mansioni che avevo prima. Ieri sono andato a recuperare l’aereo del nostro capitano che è precipitato sulle montagne sopra il Passo S. Pellegrino (si è fratturato il bacino e la testa, ma speriamo di salvarlo). C’erano due elicotteri americani che l’hanno agganciato e portato fino a Bologna”.

    Luigi Furia
    luifuria@gmail.com