Resistenza e commemorazioni

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    Sono un alpino di 48 anni e vorrei dire, a chi scrive lettere sulla Resistenza che dietro pungenti appelli a riconoscersi figli della stessa madreterra si celano tentativi di far dimenticare ciò che è stato per l’Italia il ventennio fascista e il suo disastroso epilogo bellico. Approfittando di ciò, i soliti ignoti devastano lapidi ebraiche e monumenti alla Resistenza, mentre i soliti noti organizzano truci sceneggiate a Predappio.


    Pier Luigi Milani Malegno (BS)


    Esprimo vivo compiacimento per la precisa, convincente esposizione, espressa nell’editoriale di gennaio, recante il titolo: Il significato delle commemorazioni .
    L’editoriale è tutto imperniato sulla imprescindibile necessità di una riconciliazione nazionale. Già da un anno e mezzo la nostra Associazione ha riconosciuto gli appartenenti alla divisione alpina Monterosa , assimilandoli a tutti i fratelli alpini d’Italia. Ad Arzignano (Vicenza), le penne nere hanno celebrato i 75 anni di fondazione del loro sodalizio. Un gesto storico ha caratterizzato la manifestazione: l’abbraccio di riconciliazione tra gli alpini della Monterosa e i
    partigiani arzignanesi. Il significativo, commovente episodio sia di monito a chi, di qualsiasi parte, vorrebbe tenerci inchiodati agli odi del passato.


    Benito Tagliaferro Dueville (VI)


    Quando parlo della RSI, mi riferisco solo ai suoi soldati, quelli inquadrati in reparti regolari. Soldati, dunque, con i loro vizi e le loro virtù; stendere loro la mano non mi sembra un delitto. Quanto a noti e ignoti non li tratto: nulla uccide più dell’indifferenza.
    Quanto alle commemorazioni, penso che gli alpini di Arzignano abbiano agito bene. Abbiamo scritto più volte che è indispensabile conoscere la nostra storia, ma avere poi anche il coraggio di voltare pagina e guardare avanti, rispettando la memoria di chi, compiendo il proprio dovere, fedele al proprio ideale, ha dato la vita. Commemorare, pur nel rispetto della verità, non significa alimentare divisioni e perdurare nell’odio, ma scoprire comuni sentimenti in un presente e in un futuro che, volenti o no, ci uniscono. È questo che dobbiamo lasciare in eredità ai nostri figli.