Quella notte del '42, sul Galilea

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    La campagna greco albanese è una tragedia un po’ dimenticata ha esordito il presidente Corrado Perona ed è per questo che ho voluto essere presente a questa cerimonia che è una delle pochissime che ricordano tali fatti . La cerimonia era quella della commemorazione dei Caduti del Galilea , la nave da trasporto silurata e affondata con 651 alpini del battaglione Gemona che rientravano dal fronte greco, oltre a carabinieri, bersaglieri, fanti e personale di equipaggio per un numero che non è mai stato precisato. Era la notte del 28 29 marzo 1942.

    Per ricordare i naufraghi del Galilea e tutti i Caduti sul fronte greco albanese, ogni anno, l’ultima domenica di marzo gli alpini si ritrovano sul Monte di Muris di Ragogna, in provincia di Udine. Lo hanno fatto anche quest’anno, a migliaia. C’erano anche alcuni superstiti, testimoni impotenti di uno degli episodi più drammatici della guerra in Adriatico.

    Dopo la celebrazione di una S. Messa a suffragio dei Caduti, ha preso la parola il sindaco di Ragogna Mirco Daffarra, che ha ricordato quella tragedia e quanti vi persero la vita. Il Monte di Muris ha detto può essere ormai considerato un Sacrario. È il monte sul quale, durante la rotta di Caporetto, trovarono la morte 4500 soldati italiani per arginare l’offensiva delle truppe austro ungariche .

    Dopo aver rievocato l’affondamento del Galilea , il sindaco ha ricordato anche i Caduti in tempo di pace, i nostri alpini e degli altri militari italiani che hanno trovato la morte in missioni umanitarie, da Nassiriya a Kabul. Ma c’è qualcos’altro da difendere , ha detto ancora il sindaco, ed ha parlato di identità e valori che sono propri del nostro modello di vita e che sono da difendere.

    Sono seguiti gli interventi del presidente della sezione di Udine Paravan, del capogruppo e del gen. Mora, comandante della Brigata Alpina Julia, che ha parlato dei nostri alpini in Afghanistan impegnati con reparti di altre nazioni europee a mantenere la pace e a ristabilire accettabili condizioni di vita in territori sconvolti dalla guerra. Ha parlato infine il nostro presidente nazionale, che con commozione ha rievocato l’incontro con Giuseppe Maccagno, sopravvissuto alla tragedia, premiato per la Fedeltà alla Montagna.

    Oggi, in questo luogo ha detto Perona si può toccare con mano lo spirito di Corpo, l’orgoglio dell’appartenenza alla nostra Associazione . Guardando i reduci, i superstiti del Galilea, gli alpini in armi e in congedo, e soprattutto i giovani ha concluso Perona abbiamo la netta percezione che il nostro modo di intendere i valori non è cambiato e non cambierà. La nostra Associazione, forte dell’esempio di chi ha sofferto per darci un futuro di libertà, continuerà orgogliosa ad operare nel segno della solidarietà per un futuro di vera pace camminando davanti a tutti, come dice il motto del Gemona : Mai daur! .


    LA STORIA

    La sera del 28 marzo 1942 il piroscafo Galilea della Regia Marina, classificato come nave ospedale, stava attraversando l’Adriatico per riportare a casa il Battaglione Alpini Gemona della Divisione Julia, nonché gli ospedali da campo 629, 630, 814, l’8ª sezione sanità e l’8º nucleo assistenza. Alle 22.45 un siluro lanciato dal sommergibile inglese Protheus centra la fiancata di sinistra in corrispondenza della stiva 2. Il piroscafo si inclina di 15 gradi mentre cerca di dirigersi verso alcune isole a poche miglia di distanza. Ma la manovra però fallisce: c’è mare grosso e i danni allo scafo sono tali da non consentire la navigazione.

    La tragedia si sta compiendo, anche perché la nave non ha sufficienti scialuppe né giubbotti di salvataggio. Per di più, molti sorpresi nel sonno restano intrappolati nella stiva. Molti si gettano in mare, altri si aggrappano alle scialuppe, alcune delle quali non reggono il mare e si rovesciano. La temperatura dell’acqua non concede scampo. Solo una delle navi del convoglio tornerà sul posto e riuscirà a salvare qualche decina di uomini. Le altre navi del convoglio si erano disperse per evitare di essere a loro volta colpite. Alle 3.50 del 29 marzo la nave affonda con il suo carico umano. Gran parte delle vittime erano originarie del Friuli, che non dimentica.