Perona: “Qui le radici della nostra identità”

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    Anche il tempo, domenica 24 giugno, sembrava essersi inchinato al copione della festa perché tutto riuscisse bene. A dispetto dei meteorologi che prevedevano nuvole e acquazzoni, un sole splendido ha baciato la giornata e le oltre duemila persone, arrivate al Contrin per il raduno annuale. Un colpo d’occhio straordinario, con oltre 214 gagliardetti, messi lì come una manciata di petali colorati tra il verde di una montagna, capace sempre di incantare.

     

    La festa era ovviamente cominciata la sera della vigilia, dentro la nuova struttura, rinnovata con il comfort e la cura per i dettagli di un ambiente di città. E poi la gestione della famiglia De Bertol con la professionalità di albergatori di lunga navigazione, a fare gli onori di casa come meglio non si poteva. Il Contrin era lì, con la sua nuova veste, a far da casa degli alpini, il Contrinhaus, come da sempre viene chiamato, appunto. Quattro anni di lavoro per rimetterlo a posto, come ha ricordato Sebastiano Favero, già vice presidente vicario dell’ANA, nella conferenza stampa di sabato 23 a Canazei.

    Un lifting che ha visto l’ampliamento di una parte del rifugio, la sistemazione a norma degli scarichi, l’impianto di generazione elettrica e tutto quanto poteva servire a fare del luogo un gioiello unico nel suo genere. «Quattro anni di lavoro, abbastanza semplici», ha ricordato Favero. «Quattro anni di coordinamento, che si sono trasformati in un incontro di umanità, grazie alla collaborazione di Martini, Giuntini, di Rossaro, dell’infaticabile geom. Pedron e di tutte le maestranze che hanno lavorato, consentendo di stare dentro ai tempi ed anche ai bilanci. Senza dimenticare l’apporto determinante della provincia autonoma di Trento la quale, coprendo il 70% dei costi, ha consentito quello che da soli non si sarebbe potuto fare».

    Fin qui le parole di Favero. Poi il giorno della festa ufficiale, gestita con singolare professionalità alpina dalla sezione di Trento, sotto la regia di Paolo Frizzi. È un colpo d’occhio la sfilata col Labaro. I toni sono solenni, ma i colori dei gagliardetti e della gente che fa corona intorno ricordano un’infiorata, di quelle che si fanno al Sud nelle occasioni solenni. Si parte subito dopo con la deposizione della corona al cippo dedicato ad Arturo Andreoletti e quindi con gli interventi ufficiali. Apre il presidente della sezione di Trento Maurizio Pinamonti rievocando il senso della manifestazione: «Così come le famiglie più solide si radunano nei giorni di festa, attorno alla tavola di casa, condividendo nell’intimo delle pareti domestiche i riti che rinsaldano i legami affettivi, così gli alpini d’Italia si ritrovano al Contrin, per riannodare rapporti di fratellanza e di amicizia, rafforzando nel contempo il vincolo associativo.

    Contrin rappresenta i nostri muri di casa, la nostra famiglia, la nostra città di montagna, la nostra Alpinopoli». Anche il presidente della provincia di Trento, Lorenzo Dellai, è presente alla festa. E si capisce che non è venuto per dovere di rappresentanza. Non c’è un filo di retorica nel tono e nelle parole che consegna all’infinito della scena. «Sono venuto a dire grazie agli alpini, per quello che sono, per come sono e per quello che fanno. Sono anche venuto a dire che quello che la Pubblica Amministrazione fa per le realtà che operano nel sociale non è che una piccola restituzione. Restituiamo solo una piccola parte di quella moralità e civiltà che queste istituzioni ci danno. Gli alpini possono indicare il futuro per l’Italia, in questo momento difficile.

    Le Terre Alte del nostro Paese sono un grande messaggio capace di contaminare in positivo le nebbie che ci avvolgono». Anche il sindaco di Pozza di Fassa, alpino doc e fascia tricolore, è venuto a salutare gli alpini, senza dimenticare «gli amici dell’Emilia che, da oltre un mese sono in balìa delle forze della natura». Spetta quindi al presidente Corrado Perona “mettere il cappello” alla commemorazione. Come al solito sono parole che partono dal cuore e arrivano alla testa. Sembra venga giù la montagna quando con tono appassionato ricorda che in Italia «ci sono amministratori che sanno prendere in mano il Paese per non lasciarlo cadere in basso». Fa proprio il riferimento alle Terre Alte, ricordando che «esse sono l’ispirazione della nostra identità. E sono le radici di questa identità che vanno coltivate, trasmesse ai giovani, perché sono storia di fratellanza, solidarietà, rispetto degli altri.

    Noi non cerchiamo di ripartire dalla contestazione, ma dalle virtù che ci appartengono. Ma anche con la precisa determinazione che, per risollevarsi, non bisogna chiedere solo sacrifici agli italiani, ma anche dare rispetto, perché l’Italia merita di più». Chiude la manifestazione la Messa celebrata al campo. La presiede un padre carmelitano, oggi alla sezione di Trento. Lo chiamano padre Hippy, giovanile concessione ad un più ingessato Ippolito anagrafico. Ha portato qui i suoi 81 anni, ma con tanta voglia di tornare qui per tanti altri ancora. Prega e celebra in vista della vita eterna, ma senza alcuna fretta di arrivarvi. Perché lui, in mezzo agli alpini, un po’ di paradiso lo ha già trovato.

    A.B.

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    Una nuova edizione della storia del rifugio

    Sabato 23 giugno, sala consigliare di Canazei. Sono presenti i membri del Consiglio direttivo nazionale dell’ANA. C’è anche Carlo Vicentini, 95 primavere di storia alle spalle e un intatto e immutabile spirito alpino. La televisione in lingua ladina della Val di Fassa è l’unica nota di pomposità per uno scenario di singolare compostezza e sobrietà.

    Si va a presentare la nuova edizione del volume dedicato al Rifugio Contrin. Un’idea estemporanea nata in occasione dei lavori di ristrutturazione, salvaguardando l’opera originaria del generale Rossini, autore del volume. Ad integrare la nuova edizione ci hanno messo mano Bertuol, Martini e Frizzi della Sezione di Trento, che oggi fa gli onori sotto la regia impeccabile di Maurizio Pinamonti. Il vice sindaco Iori, da padrone di casa ringrazia gli alpini, ricordando che «la conca del Contrin ha sempre avuto una grandissima importanza per il territorio, sia per le operazioni di guerra di cui è stata protagonista, sia per la valenza turistica del luogo.

    I lavori di restauro fanno oggi del Contrin uno dei rifugi di vertice di tutte le Dolomiti». Il direttore del L’Alpino, Bruno Fasani, si interroga sul senso di una simile pubblicazione. E trova siano due le risposte. «Una pubblicazione è sempre funzionale a coltivare la memoria. Oggi viviamo immersi nella cultura elettronica, che identifica la realtà col presente e spesso con le emozioni che esso ci procura. Testimoniare il passato documentandolo è un modo per restituire i messaggi di cui è portatore alle generazioni della fretta. Far conoscere il Contrin – ed ecco la seconda risposta – è comunque indicare uno spazio di fraternità, non solo per gli alpini, ma per tutti gli amanti della montagna, di ogni Paese d’Europa, che trovano in questi luoghi dei veri santuari della natura».

    Dopo le illustrazioni dell’andamento dei lavori, fatte da Sebastiano Favero, il presidente Corrado Perona evoca il passato del rifugio, luogo di guerra, divenuto poi “gioiello della famiglia ANA”. Ha un solo rammarico, il presidente: quello di non aver mai goduto il Contrin per quello che può dare affettivamente e cioè il calore dell’amicizia, dello stare insieme, del sentirsi a casa propria… I calendari sono sempre implacabili. Ma mai dire mai.

    C.D.