Su la strada del Monte Pasubio, lenta sale una lunga colonna , le voci del coro di Thiene rompono il silenzio della montagna, mentre la nebbia copre cime e vallette e ovatta i suoni che provengono dalla chiesetta di Santa Maria, dove domenica 5 settembre si è celebrato l’atto finale del pellegrinaggio solenne sul Pasubio, organizzato dalla sezione di Vicenza guidata da Giuseppe Galvanin.
Nella bruma si indovinano le sagome di centinaia di cappelli alpini, dei gagliardetti e dei vessilli, presenti alla Messa officiata da don Armando Taldo e accompagnata dal coro e dalla fanfara storica della sezione di Vicenza. Attorno all’altare, il Labaro dell’ANA scortato dal presidente Corrado Perona, dal vice presidente vicario Marco Valditara, dal vice presidente Ornello Capannolo e da numerosi consiglieri nazionali i gonfaloni di Vicenza, di Schio e degli altri Comuni della Vallarsa. Un reparto in armi del 7º Alpini con il colonnello Maurizio Paissan, in rappresentanza del Comando Truppe alpine, ha reso gli onori.
Gli alpini sono qui perché, ricorda il presidente Perona nel suo intervento, la nostra storia è nata su queste montagne; oggi la mente ci riporta, purtroppo, ai nostri Caduti in Afghanistan . Il presidente nazionale con i consiglieri lungo il camminamento Ghersi recuperato. Rivolgendosi poi agli alpini del 7º, li esorta: Siate orgogliosi della vostra scelta, perché siete degni eredi dei nostri Padri e proseguite la nostra tradizione. Anche noi alpini, oggi in congedo, anni fa abbiamo ricevuto la cartolina e siamo partiti, magari con un po’ di mugugni, ma poi abbiamo capito che eravamo entrati nella grande famiglia alpina ed eravamo diventati a tutti gli effetti cittadini italiani. E oggi l’ANA è una splendida realtà al servizio della società .
Parlando di tradizione che si rinnova, il presidente Perona si è soffermato anche sull’importanza dei ragazzi che hanno aderito alla mininaja e fino ad oggi sono oltre 900: Non dobbiamo solo polemizzare ma dobbiamo aiutare quei giovani che hanno voluto portare il cappello! Hanno fatto pochi giorni e forse è poca cosa in termini di tempo ma è tanto sotto il profilo morale e per il significato della loro scelta . Quasi a confermare le sue parole, nei giorni del pellegrinaggio, accanto ai veci , c’erano una decina di giovani che hanno partecipato al progetto Pianeta Difesa e che hanno voluto essere presenti ad ogni momento delle celebrazioni ufficiali, iniziando dal sabato mattina, quando alpini e autorità locali hanno deposto una corona all’Ossario del Pasubio, costruito nel 1926 a Colle Bellavista, che custodisce i resti di 5.500 soldati italiani e di 400 soldati austriaci, caduti su queste montagne.
L’omaggio ai Caduti da parte delle penne nere e dei rappresentanti dei Kaiserjäger è stato celebrato anche sui Denti del Pasubio, nel luogo in cui gli eserciti italiano e austriaco si scontrarono con maggiore tenacia. Sui Denti i due eserciti scavarono chilometri di gallerie nella montagna per sottrarsi alla vista del nemico e per combattere la guerra di mine nei cunicoli che si intersecavano sotto ai due speroni rocciosi. Dal settembre 1917 ci furono 10 esplosioni, ultima delle quali quella austriaca del 13 marzo 1918, che distrusse parte del Dente e uccise più di 50 soldati italiani, senza peraltro ottenere alcun risultato strategico. Fu una delle più grandi esplosioni su tutto il fronte italiano nella Grande Guerra e fu causata da una carica di 50mila chilogrammi di esplosivo, con ben 200 punti di innesco, che provocò fiamme alte oltre 30 metri e decine di esplosioni secondarie di gas.
Alcune delle imponenti opere belliche nella zona sacra del Pasubio sono tutt’oggi visibili, altre, invece, sono state riportate alla luce grazie all’impegno di numerosi alpini che lavorano con passione al Progetto per la tutela del patrimonio storico della prima guerra mondiale sugli Altipiani vicentini (legge del 7 marzo 2001, nº 78), curato da Carlo Bettanin e dall’alpino Manuel Grotto, dell’ufficio tecnico della Comunità montana Leogra Timonchio. Guidati dal responsabile tecnico del progetto, l’alpino Giuseppe De Tomasi, che ha coordinato i lavori, nel corso dell’anno 2009 è stato ultimato il recupero delle postazioni di Selletta comando , mentre dal primo fine settimana di luglio 2010 si è proceduto al recupero del camminamento Generale Ghersi che, salendo in linea retta, collega la Selletta Comando alla Selletta Damaggio .
L’Associazione Nazionale Alpini lavora a una consistente parte di un progetto più ampio che coinvolge, tra gli altri, l’Ente Servizi Forestali che nel 2009 ha provveduto al recupero di trincee nella zona del Dente austriaco e nella Selletta Damaggio e il ripristino della galleria Gen. Papa di Cima Palon. Il prossimo intervento sarà quello del recupero del tratto della Selletta Damaggio Panettoni , che sarà iniziato dopo i lavori che sta compiendo proprio l’Ente Servizi Forestali sulla galleria Gen. Ferrario e sul tratto finale del camminamento.
I lavori sul camminamento Ghersi e sulla Selletta Comando sono stati inaugurati dal presidente nazionale Perona e dal presidente sezionale Galvanin che hanno tagliato il nastro tricolore in prossimità di due degli accessi alle strutture. È stata una cerimonia semplice, cui è seguito un sopralluogo nei manufatti riscoperti: centinaia di volontari alpini hanno ripulito dai sassi e dalla ghiaia le trincee e i camminamenti in origine ricoperti con lamiere e terra sostenuti da pali di legno ripristinando e consolidando i muri in pietra a secco fino all’altezza originaria.
Scavando, hanno riscoperto anche oggetti e manufatti bellici o della vita quotidiana, come le postazioni antiaeree o una latrina, costruita con perizia e ingegno a pochi passi dal fronte. Quel fronte sul quale, in quattro anni di guerra, furono circa 37mila i morti, feriti e dispersi italiani, 7.550 dei quali appartenenti a reparti alpini e che oggi identifichiamo con la scritta Di qui non si passa (il motto che la brigata Liguria si meritò dopo la sanguinosa battaglia di Monte Zovetto, del giugno 1916), posto il 12 settembre 1926 nei pressi del cimitero della brigata, a cura dei mutilati di guerra vicentini. Di qui non si passa, a inizio del secolo scorso ha ricordato il presidente della sezione di Vicenza, Galvanin significava divisione tra i popoli . Oggi deve intendersi come quel muro a difesa dei nostri valori, della nostra storia e delle nostre tradizioni: gli alpini che ritornano ogni anno sul Pasubio e il progetto di recupero ne sono uno splendido esempio.
Matteo Martin
I NUMERI
Nel corso dell’estate 2009, per 11 fine settimana, in Pasubio hanno lavorato circa 280 soci ANA per un totale di circa 3.412 ore. Dal 3 luglio al 29 agosto 2010 si sono succeduti, nei fine settimana, 12 Gruppi della Val Leogra, coadiuvati da altri volontari dei gruppi di Villaggio del Sole e di Montegalda (sez. di Vicenza), dei gruppi della sezione di Brescia, della sezione di Valdagno, del gruppo di Felino (sez. di Parma), del gruppo di Campotamaso (sez. di Valdagno), del gruppo di Sesto al Reghena (sez. di Pordenone) e di alcuni giovani del progetto Pianeta Difesa . In totale la partecipazione è stata di 331 associati ANA che hanno prestato servizio per circa 3.972 ore di lavoro (in media circa 36 alpini per turno).
Per portare più facilmente mezzi e materiali in quota l’ANA ha sottoscritto un protocollo d’intesa con la Provin
cia di Vicenza e i Comuni di Posina e di Vallarsa per la sistemazione della Strada degli Scarubbi, nel tratto che parte da Bocchetta Campiglia. Il lavoro è stato possibile grazie all’impegno di un gruppo di 150 alpini e volontari della Protezione civile ANA e grazie all’intervento di alcuni operai specializzati e dei mezzi meccanici messi a disposizione dall’alpino Diego Marini. Il progetto terminerà d’intesa con la Comunità montana spettabile reggenza dei sette Comuni di Asiago , attuale committente dei lavori.
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IL DENTE ITALIANO
Il Dente italiano (metri 2.220) fu l’ultimo baluardo che si oppose alla travolgente avanzata austriaca iniziata il 15 maggio 1916. Fu occupato alle ore 5 del 19 maggio dai fanti del III battaglione del 218º reggimento della brigata Volturno , saliti precipitosamente nella notte per la strada degli Scarubbi e giunti appena in tempo per opporsi ai reparti imperiali attaccanti della 10ª brigata da montagna, arrivati ormai nei pressi del Dente austriaco. Da allora divenne la posizione chiave più avanzata di tutto il fronte italiano del Pasubio. Per consentire la vita sulla tormentata posizione, impossibile all’aperto a causa dell’artiglieria avversaria, i genieri italiani ricavarono nella roccia una vera cittadella sotterranea. Nella primavera del 1917 fu costruita la cosiddetta galleria alta del Dente , a forma di anello che aveva sbocchi laterali per armi automatiche e pezzi di artiglieria. Nella galleria trovavano posto i vari servizi, come il gruppo elettrogeno per l’illuminazione, i depositi di viveri, acqua e munizioni, i posti di medicazione, i comandi. La galleria, che era lunga 110 metri e di sezione 2,20 x 2,50 metri presentava sul davanti, verso il Dente austriaco, il cosiddetto Pozzo Forni, un’ampia finestra dalla quale venivano sgombrati i materiali di scavo. La galleria alta del Dente fu in seguito collegata alla galleria Papa proveniente da Cima Palon con un tratto ricavato sotto la depressione che separa le due cime (Selletta Damaggio). In autunno, dal punto più basso della galleria Papa, fu realizzata la galleria Ferrario , con due rami che uscivano a est e a ovest. Essa ebbe uno sviluppo di circa 140 metri e permetteva alle truppe che vi giungevano dal Palon, di uscire alle spalle dell’attaccante nel caso avesse sfondato la linea di difesa. Il Dente italiano era armato con 5 mitragliatrici, 2 bocche da fuoco d’artiglieria ed un lanciafiamme, integrate da 12 mitragliatrici appostate sulla vicina Cima Palon e sul Cogolo Alto. In esso potevano trovare posto circa 500 uomini con tutti i mezzi di sussistenza necessari. Nella parte bassa del Dente, da luglio 1917, fu realizzato un sistema di gallerie di contromina (gallerie Napoli, Treviso, Belluno, Reggio e Zero) che da ovest a est cingevano il lato nord della posizione, nel tentativo di opporsi all’avanzare delle gallerie con cui gli austriaci, passando sotto la Selletta dei Denti, tentavano di far saltare il Dente italiano. Dopo mesi di logorante guerra sotterranea, il 13 marzo 1918, una potentissima mina austriaca fece crollare il lato nord del Dente, seppellendo più di 50 soldati italiani.
IL DENTE AUSTRIACO
Il Dente austriaco (metri 2.203), uno squadrato roccione, lungo poco più di 200 metri e largo 80, fu occupato il 20 maggio 1916 dalle truppe imperiali della 10ª brigata da montagna austriaca che, con la colonna guidata dal maggiore Polaczek, si stabilirono sulla sua sommità, nel pieno della Strafexpedition. Da quel momento il Dente austriaco divenne la posizione più importante dell’intero schieramento imperiale sul Pasubio e rimase in possesso dei reparti austro ungarici fino alla fine del conflitto. Il 1º reggimento Kaiserjäger, che presidiava il Dente, resistette valorosamente ai violenti attacchi sferrati dalla 44ª divisione italiana tra il 10 e 13 settembre e tra il 9 e il 20 ottobre 1916; quando inutili si rivelarono i sanguinosi assalti portati dagli alpini dei battaglioni Monte Berico , Cervino , Exilles , Aosta e dai fanti della Brigata Liguria . Il Dente austriaco, i cui difensori erano sapientemente guidati dal tenente Oberguggenberger, si oppose ad ogni tentativo italiano; tanto che alla fine dei combattimenti di ottobre il bilancio delle perdite si rivelò gravissimo: in soli 11 giorni di operazioni su tutto il fronte d’attacco, gli italiani persero 4.370 soldati e gli austriaci 3.492: in totale quasi ottomila soldati fuori combattimento. L’imminente inverno non consentì ulteriori scontri e le linee raggiunte dopo i combattimenti di ottobre 1916 rimasero, praticamente immutate, fino alla fine della guerra. Sotto la guida del colonnello brigadiere Ellison, il Dente austriaco fu trasformato in una fortezza capace di resistere a qualsiasi tentativo di conquista ed in grado di svolgere una rilevante funzione offensiva, in quanto poteva esercitare azione di fuoco fiancheggiante sia sulla selletta antistante, sia ai lati, verso il Cosmagnon da una parte e le Sette Croci dall’altra. Nel Dente gli austriaci realizzarono 10 postazioni per mitragliatrice e 6 per pezzi di artiglieria, disposte su due piani, al di sotto dei quali vi era un terzo piano logistico. Per la difesa esterna schieravano, in camminamenti e trincee: ben 18 lanciabombe, 12 lanciagranate, 4 lancia fiamme, 3 cannoni da 75 mm e 2 da 37 mm, integrati da 10 postazioni per mitragliatrice. Inoltre all’interno trovavano posto una cisterna d’acqua potabile, la sala dei compressori, la sala macchine, la postazione dei riflettori, la sala di controllo e distribuzione dell’energia elettrica, la centrale telefonica, la sala impianti di ventilazione. Vi erano, infine, numerose caverne per il ricovero del personale e degli addetti alla difesa. (Testi di Claudio Gattera)
Pubblicato sul numero di ottobre 2010 de L’Alpino.