Ora come cent’anni fa

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    Ogni anno, ai primi di settembre la Sezione di Vicenza celebra il pellegrinaggio al Monte Pasubio. Ma non è scontato che «tutti i pellegrinaggi si assomiglino»: sono simili nello svolgimento, ma le emozioni sono sempre diverse. Quest’anno, per esempio, gli alpini e le altre persone salite il 3 settembre al sacrario del Colle di Bellavista sono stati accolti da uno spettacolo impressionante: il massiccio del Pasubio imbiancato da un lato e il sole che si specchiava nella laguna di Venezia, lontana ma perfettamente visibile, ad Est! 

     

    E durante la cerimonia soffiava un vento birichino che faceva garrire le bandiere e i vessilli, volare le coccarde, e le penne sui cappelli sembravano voler spiccare il volo come uno stormo d’aquile. I capricci della natura erano già cominciati venerdì, alla partenza della lampada votiva della pace, appena benedetta da mons. Zaupa, dal Santuario di Monte Berico a Vicenza, con un forte acquazzone che ha colto gli alpini che la accompagnavano verso il sacrario. Sabato mattina gli alpini sono saliti al Pasubio a quota 2.000, verso la chiesetta di Santa Maria per la Strada degli Eroi: 10 vessilli, 41 gagliardetti, 5 gonfaloni maltrattati dal vento.

    Una notevole partecipazione, vista la concomitante cerimonia nazionale sul Tomba. Hanno fatto in tempo a seguire la Messa, ma poi hanno dovuto rinunciare alle cerimonie ai Denti italiano e austriaco, perché pioveva, la temperatura era crollata, trasformando rapidamente la pioggia in neve. Una vera bufera, come ai tempi della naja.

    Li hanno rincuorati gli alpini di San Rocco di Tretto, con il Capogruppo Andrea Manozzo, che hanno preparato un ottimo rancio, all’asciutto, anche se nella notte il vento aveva portato via un gazebo. Alle celebrazioni in quota hanno partecipato anche 12 alpini del btg. Aosta, coordinati dall’alpino Gianni Periz della fondazione “3 novembre”, proprietaria del sacrario del Pasubio, che hanno sfidato le intemperie per collocare una croce in pietra nel luogo in cui c’era il cimitero che accoglieva le salme degli alpini dell’Aosta.

    L’impresa, favorita dall’impegno di Gianfranco Ialongo, regista della sede Rai di Aosta, ha richiesto, oltre alla forza di gambe, braccia e volontà, anche l’ausilio di un elicottero del reparto Altair di Bolzano. Una seconda commemorazione con la posa di una targa si è svolta qualche centinaio di metri più in basso, alla base dei Roccioni della Lora, dove esattamente cento anni prima, il 5 settembre 1917, i massi travolsero e uccisero il comandante dell’Aosta, colonnello Ernesto Testa Fochi e un centinaio di suoi alpini, con altri cento militari di varie specialità.

    A sottolineare l’importanza delle relazioni di amicizia e collaborazione tra alpini in armi e l’Ana, domenica alla cerimonia all’Ossario c’era il picchetto del 7º Alpini di Belluno e una rappresentanza di alpini del btg. Aosta con la piccozza, loro insegna, il col. Simonini del Comando delle forze operative terrestri, il col. Arivella, comandante il 7º Alpini, in rappresentanza del gen. Fabbri, il col. Santo, comandante il reggimento addestrativo Aosta, il ten. col. Camusso comandante il btg. Aosta, reduce dalle operazioni all’Imbuto della Lora, il col. Celestre comandante il rgt. Genio Guastatori di Trento, fresco di nomina, in rappresentanza del comandante delle Truppe Alpine gen. Bonato.

    La loro presenza ha voluto significare che in montagna la fatica è la medesima e che, soprattutto nel mondo alpino, l’ufficiale deve dare sempre l’esempio, aiutando i propri uomini e donne, spronandoli e camminando al loro fianco. Il sindaco di Valli del Pasubio, Armando Cunegato, ha ribadito che le porte della sua Comunità sono sempre aperte agli alpini, mentre il Presidente sezionale Cherobin ha ringraziato le Forze Armate, in particolare gli alpini in armi, per tutto quanto continuano a fare per la nostra sicurezza, il nostro benessere e la nostra libertà, ora come cent’anni fa.

    Monica Cusinato
    monica.cusinato@alice.it