Momenti bui, persone speciali

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    Sono una maestra di Cento, territorio fortemente colpito dal terremoto del maggio del 2012. Ci conosciamo perché proprio voi, carissimi alpini, ci avete donato una meravigliosa scuola a Casumaro, assistendoci per lungo tempo e in mille modi nei momenti peggiori. 

    Ovviamente la terribile situazione che vive ora la popolazione colpita dal terremoto in Centro Italia, mi riporta alla memoria momenti difficili e a loro va la solidarietà e la comprensione. A distanza di più di quattro anni, tuttavia, “io non voglio dimenticare”. Ho il coraggio di ripercorrere il dolore, forte del fatto che ricordo tutti gli alpini, tantissimi, di ciascuna Sezione, che si sono spesi all’inverosimile per lenirlo, nel tentativo riuscito di ridarci la voglia di continuare. Un evento orribile ti può far male per sempre, anche quando termina, se non hai vicino nessuno che ti dà la forza e la speranza di superarlo ed andare avanti. Nel nostro caso, voi alpini siete stati per noi, papà, nonni, dottori, psicologi, preti, travestiti da architetti, ingegneri, idraulici, elettricisti, muratori, pittori e manovali. Il nostro buon Dio ci fa conoscere, anche nei momenti peggiori, persone così speciali che valgono più di ogni ricchezza materiale. Un ringraziamento perenne a tutti gli alpini e un abbraccio fortissimo a Renato Zorio, Luigi De Finis, Antonio Munari e Marco Giupponi, ormai miei strettissimi parenti!

    Lorenza Salvi

    Credo che le parole della maestra Salvi, alla quale va la gratitudine di noi alpini tutti per ciò che esprimono, dicano molto più di quanto potrebbero dirci le parole degli specialisti davanti ad una calamità come quella del terremoto. Ci raccontano il dramma di un evento orribile, capace di far male per sempre, ma ci raccontano anche il valore della solidarietà, capace di immettere la voglia di tornare a vivere, quando gli eventi sembrano inchiodarti al senso del fallimento. Una scuola, come quella allestita dagli alpini a Casumaro è importante per la sua utilità, ma è prima di tutto il simbolo di una umanità in cammino, dove le gambe dei più forti si prestano a far marciare quelle più fragili. Icona della famiglia umana, dove si diventa parenti strettissimi pur non avendo il cognome che ci accomuna all’anagrafe.