Le sorprese della vita

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    Settantatré anni dopo, Mario e Isidoro si sono ritrovati. Stavolta in tempo di pace, nella serenità della famiglia invece che tra le bombe. I due reduci Mario Capovilla, 95 anni, di Capriana in Val di Fiemme, e Isidoro Carlotto, 98 anni, di Egna, si sono riconosciuti e incontrati la scorsa estate, grazie a un articolo del Doss Trent, periodico di Sezione, in cui il Gruppo di Capriana faceva gli auguri di compleanno al suo alpino più anziano. Nel breve pezzo pubblicato sulla rivista c’era un accenno al periodo bellico in cui Mario Capovilla venne richiamato per prestare servizio di supporto alla contraerea al Pont dei Vodi di Lavis. 

     

    «Papà, ti ricordi per caso se c’erano trentini nella tua squadra quando eri al Pont dei Vodi durante la guerra?» ha chiesto Elvira, figlia di Isidoro, leggendo il periodico in un pomeriggio di primavera. «Certo» ha risposto il reduce. «Per caso ti ricordi di uno di Capriana, un certo Capovilla?».

    «Sì, mi pare si chiamasse Mario» ha indovinato Isidoro, che a 98 anni vanta una memoria d’acciaio. Così, dall’emozione della famiglia Carlotto per quell’insolito riconoscimento nato per caso dalle pagine di una rivista, è nata l’idea dell’incontro tra i due reduci, che non avevano notizie l’uno dell’altro da 73 anni. I gruppi alpini di Capriana ed Egna, subito contattati dai Carlotto, si sono attivati per organizzare un ritrovo: ne è uscita una festa, piena di ricordi – anche brutti – e di emozioni, solo belle.

    Il 16 luglio scorso Isidoro e Mario si sono ricongiunti a Prà del Manz, località tra Anterivo e Capriana, e il 21 ottobre l’incontro si è ripetuto ospitato dal Gruppo di Egna. Sia Mario che Isidoro sono stati tra i fondatori dei locali Gruppi, oltre ad aver coltivato la memoria degli alpini nelle rispettive, numerose famiglie. E tra un ballo e l’altro – entrambi hanno danzato come facevano una volta da ragazzi – e un pezzo di fisarmonica e l’altro, le immagini del 1945 sono tornate a galla, nel bene e nel male. «Io e Mario eravamo nella stessa squadra, alloggiati nella casa requisita di un contadino di Lavis, vicino al Pont dei Vodi, sul quale passava la ferrovia ed era per questo un punto strategico – ricorda Isidoro. Dovevamo impedire agli aerei di bombardare la ferrovia del Pont dei Vodi. Quasi ogni giorno cadevano le bombe».

    Al segnale, gli uomini dovevano uscire dalla base e correre verso il ponte, dove erano stati collocati i fustini di gas fumogeno: aprire i rubinetti della “nebbia”, come la chiama Isidoro, e tornare alla base. Un compito rischioso, da svolgere senza copertura sotto i colpi. Il ponte veniva ciclicamente demolito e i prigionieri russi lavoravano continuamente e forzatamente per ricostruirlo: «Morivano come le mosche sotto le bombe e le schegge», ricorda Mario Capovilla. «Un giorno non volevo proprio uscire durante il bombardamento – confessa Mario – la paura era tanta. Allora il comandante mi ha puntato la pistola alla schiena per farmi andare ad aprire il fumo.

    O si moriva da una parte o si moriva dall’altra». Anche Isidoro si ricorda delle violenze fisiche per spingerli a portare a termine la missione. Suo fratello Ferruccio era già disperso in Russia, destino che lui stesso aveva scampato solo grazie a una febbre malarica presa poco prima di essere mandato nella steppa. «Sono stato un uomo fortunato – dice Isidoro – perché fui mandato in Albania all’inizio della guerra ma evitai la Grecia perché mi presi la malaria, il tifo e il morbillo tutti insieme, fui ricoverato per quattro mesi, ne feci tre di convalescenza. Rischiai la vita ma mi salvai». Il Ministero della Guerra inviò il fratello Umberto – tuttora in vita, 104 anni – ad assistere il malato grave che si dava per spacciato. E invece Isidoro la racconta ancora oggi, accanto alla moglie Onorina, con la quale è sposato da 70 anni. La guerra poi finì e si tornò faticosamente alla normalità.

    Una normalità che oggi per Mario e Isidoro si è trasformata nella serenità dell’affetto dei figli e dei nipoti. A Capriana Mario sposò Mercede, da cui ebbe due figli, entrò nel gruppo alpini appena fondato nel 1967, e avviò una macelleria “storica” oggi portata avanti dal figlio. Isidoro invece s’innamorò di Onorina nella nativa Vicenza, la portò a Egna dove insieme hanno gestito per 50 anni la tenuta del Maso Schloßhof. Oggi si godono le quattro nipoti e i sei pronipotini. Entrambi aspettano l’Adunata del 2018 a Trento. «Ci andremo insieme, è sicuro» promette Isidoro.

    Chiara Turrini