La vera assemblea dell’ANA qui, perch ci siamo noi e ci sono anche i nostri Caduti

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    Parole alte del presidente Perona al pellegrinaggio all’Ortigara, con una marea di alpini che il maltempo non ha trattenuto

    Qui ci siamo noi e ci sono anche Loro . Questa frase pronunciata da Corrado Perona ha riassunto meglio di qualsiasi altro commento il pellegrinaggio all’Ortigara. Poche parole che ti toccano e ti lasciano quel qualcosa d’indefinibile che ti fa promettere di tornare il prossimo anno. Ma andiamo con ordine nel descrivere una giornata che si era messa malissimo, con vento gelido, nuvole basse e qualche scroscio di pioggia. Con la colonna motorizzata delle autorità salgo alle sei del mattino per Val Galmarara, dove ad attenderci, nei pressi del rifugio Tre Fontane, ci sono i magnifici alpini di Santa Caterina che, con un paiolo di caffè caldo ed una battuta strappano qualche sorriso in questa grigia giornata. Come lo strappa, con la sua gioventù ed il suo buonumore, il tenente Venturelli del 7º alpini, giunto qui con due suoi alpini per non mancare a questo appuntamento.

    Arriviamo allo slargo dei Covolini con una nebbia schifa, non si vede a 30 metri, e dopo esserci messi in marcia, mi affianco a Corrado che sbuffa e borbotta, proprio come un motore diesel che trova difficile partire al mattino.
    Arriviamo alla Colonna Mozza nella nebbia più profonda, guidati solo da qualche sporadico rintocco della campanella.
    Sinceramente mai mi sarei aspettato di trovare tanti alpini a quota 2.105 in una giornata così, tanto che a fatica la nebbia lasciava vederli tutti. E di non trovare l’altarino da campo, distrutto dalle intemperie. Don Rino Massella, cappellano della Sezione di Verona (ufficialmente designato parroco della sezione di Verona con le sue 24 mila anime iscritte) celebra messa usando come altare la base della Colonna Mozza, come leggìo le mani di un alpino e come palo del microfono il sottoscritto.

    Ci si schiera in qualche modo, tanti sono i vessilli e i gagliardetti, assieme ad una rappresentanza dei Kaisersch tzen con le loro uniformi e la loro bandiera.
    La messa volge al termine, e quando don Rino ci impartisce la benedizione alzando la mano al cielo un violento scroscio di grandine ci martella. Che Qualcuno abbia voluto dirci qualcosa?
    Deponiamo la corona d’alloro sulle note ovattate di uno struggente silenzio, poi ci rechiamo al cippo austriaco di quota 2.101 per rendere gli o­nori ai nostri avversari di un tempo assieme a quelli che sono i nostri amici di oggi. Poi giù, veloci, verso lo spiazzo del Lozze, per la cerimonia grande , quella delle 11.15, nei pressi della Chiesetta. Non che mi aspetti molto, dato il tempo Invece, arrivando quando ormai displuvia, il colpo d’occhio è impressionante: una marea di penne, gagliardetti, vessilli È proprio vero: Gli alpini non hanno paura , neanche di quattro gocce di pioggia, due chicchi di grandine e un po’ di freddo: sono saliti in tantissimi, saranno in almeno tremila per la loro cerimonia.

    In lontananza si sente il poto poto poto di un elicottero Vuoi vedere che il comandante delle Truppe alpine, ten. generale Bruno Iob, arriva davvero?Infatti dopo un po’ compare la possente sagoma di un AB 205 che atterra sulla piazzola e ne scende proprio il comandante che mi affretto ad andare ad accogliere assieme a Corrado Perona ed al vicario Vittorio Brunello. Grandi strette di mano tra Corrado ed il generale, e grandi discorsi. Accompagno tutti i capoccia al riparo alla Baita Cecchin. Mi sento molto sottotenente in mezzo a tutte queste autorità, ma tant’è, bisogna pure abituarsi.

    Ormai è l’ora e guido tutti alla piazzola del Lozze. Ci sono ben 26 vessilli di altrettante sezioni, quasi un terzo di tutta l’Associazione e i gagliardetti di gruppo così tanti che sono stati fatti alloggiare in un blocco unico a far corona al picchetto armato del reggimento genio e alle autorità con i gonfaloni della Provincia di Vicenza e del Comune di Romano d’Ezzelino, oltre a numerosi sindaci dell’altopiano e dei comuni vicini e a tanti altri. La cerimonia inizia accompagnata dalle splendide voci del coro Piccole Dolomiti di Illasi che, con l’alzabandiera, cantano l’Inno di Mameli progressivamente accompagnato da tutti in un crescendo che esplode nel tonante Sì finale. Entra il Labaro scortato dal presidente nazionale e dal generale Iob oltre che da numerosi consiglieri nazionali. (Purtroppo quest’anno a portare il nostro simbolo, più d’Oro che verde per il sacrificio di tanti nostri Padri, non era Guido Azzolini, medaglia di bronzo al Valor Militare, che per 33 anni consecutivi l’ha portato con grande deferenza per la montagna, ma Manuel Confortin, un giovane della Sezione di Asiago. Auguri, Guido. Grazie e arrivederci all’anno prossimo).

    Il bravo coro prosegue intonando uno struggente Ta pum . Poi parla il presidente. Il suo discorso, iniziato in sordina e un po’ sbrigativo a causa delle condizioni meteorologiche che sembravano volgere al peggio, al primo squarcio di cielo ha ripreso forza e scatenato una marea di applausi di consenso soprattutto quando ha pronunciato parole che hanno colpito nel segno: La massima espressione della nostra Associazione è a Milano ha detto Perona all’Assemblea dei Delegati che ha i pieni poteri per decidere il nostro futuro. Ma la vera assemblea dell’ANA è qui, sull’Ortigara, perché qui ci siamo noi e ci sono anche loro, i nostri Caduti . Dopo queste parole, qualsiasi commento è superfluo e possiamo solo asciugarci gli occhi.

    La cerimonia, dopo un piccolo momento di pausa necessario per vincere la commozione, è continuata con la celebrazione della Messa officiata anche al Lozze da don Rino e che ha chiuso la parte ufficiale di questo magnifico pellegrinaggio. Che dire, a corollario di questi fatti?Sicuramente la stretta che congiuntamente al presidente nazionale, con quello di Asiago e di Verona abbiamo dato alla manifestazione se da un lato ha creato dei problemi logistici (ma si vanno ormai risolvendo), dall’altro ha visto notevolmente aumentare coloro che vengono al pellegrinaggio dell’Ortigara e diminuire il numero di quanti vanno alla festa dell’Ortigara. In fondo era quello che volevamo: a Loro, dobbiamo anche questo.

    Roberto Genero