La strage di Vergarolla, per non dimenticare!

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    Ci sono morti che fanno rumore e morti che scompaiono tristemente nel silenzio. D’altra parte una legge non scritta vuole che la storia venga fatta dai vincitori e che si ricordino soltanto gli orrori perpetrati dai vinti. Sono stati necessari sessant’anni perché venisse istituita la Giornata del Ricordo e venissero riconosciuti gli orrori delle foibe, accuratamente nascosti fino ad allora in attesa che il tempo eliminasse gradualmente i testimoni e cancellasse ogni memoria; dobbiamo essere grati al pragmatismo dell’on. Violante che, di fronte alle richieste delle Associazioni degli esuli, che chiedevano che la storia delle foibe fosse inserita nei libri di scuola unitamente alla storia della resistenza, rispose “in effetti il muro di Berlino è caduto, non c’è più motivo di nascondere la verità”. 

    Grazie al suo pragmatismo, e malgrado il voto contrario della sinistra estrema, abbiamo oggi una legge che impone questo ricordo a partire dal 10 febbraio 2005, anche se sono molti i Comuni che si dimenticano di celebrare questa giornata o che ne approfittano per cercare di giustificare questi crimini. Fra le cose che ancora oggi, probabilmente per pudore, le Istituzioni dimenticano di ricordare c’è la prima e più sanguinosa strage terroristica nella storia della Repubblica Italiana, con un bilancio di vittime ben superiore alla strage di Piazza Fontana o alla strage della stazione di Bologna, che pure vengono celebrate annualmente perché la matrice è diversa; parlo della strage avvenuta sulla spiaggia di Vergarolla a Pola (Istria, allora Italia) avvenuta il 18 agosto 1946. Era una splendida giornata di sole, e si svolgevano importanti gare di nuoto; oltre 2mila i polesani (molti i bambini) che gremivano la spiaggia, ancora piena di residuati bellici: testate di siluri e bombe antisommergibili, disinnescate da tempo. Mani criminali hanno riattivato gli ordigni per farli esplodere il pomeriggio alle 14,15 quando gareggiavano i soli italiani. Non fu mai possibile stabilire il numero dei morti, perché tanti corpi furono disintegrati dall’esplosione; il comando militare alleato valutò il numero probabile “fra i 100 e i 115” sulla base dei resti raccolti; 64 furono i morti identificati, quasi tutti giovani; più di 40 i morti non indentificati: erano italiani fuggiti dalla zona sotto i titini per cercare la protezione degli angloamericani, l’anagrafe non li aveva ancora registrati. Tremende le testimonianze: “Di mia mamma fu ritrovato un dito, fu riconosciuto dalla fede”; “terrificante l’urlo dei gabbiani che si contendevano i resti umani”; “il chirurgo Geppino Micheletti accorse in ospedale e operò i più gravi fino a sera tardi, poi andò a Vergarolla a cercare suo figlio Renzo, quattro anni, disintegrato dallo scoppio”; ritroverà morto l’altro figlio Carlo di nove anni. Di Renzo verrà messa nella bara solo una scarpina. La strage di Vergarolla segnò l’inizio dell’esodo biblico della popolazione istriana perché con un eccidio così efferato Tito spezzò il sogno di chi ancora si illudeva che Pola potesse restare italiana. Le indagini avviate dalla corte militare d’inchiesta alleata confermarono subito la premeditazione ma non riuscirono a trovare prove schiaccianti che consentissero di indicare i colpevoli. Solo ora stanno uscendo i primi studi di giovani ricercatori ed è freschissima la notizia data su Avvenire dalla giornalista Lucia Bellaspiga: un certo Antonio Riboni venne a conoscenza dei nomi di coloro che aiutarono i titini a compiere la strage e, poiché questi erano suoi compagni di ideologia, non resse al rimorso e si suicidò, ma prima di morire si confidò con la zia, ammonendola a non parlare, pena minacce di morte per tutta la famiglia. Nel 1979 uno dei principali indiziati, Ivan Brljafa, agente dei servizi segreti jugoslavi, si suicidò lasciando una confessione scritta su un biglietto che, guarda caso, è andato “purtroppo perduto”. È stata la prosecuzione dell’insabbiamento di questa strage. Quest’anno ad agosto mi aspettavo che per la ricorrenza dei 70 anni non ci fosse soltanto la solita commemorazione che ogni anno viene fatta dalla comunità italiana di fronte alla lapide che dice “niente vittime, niente mandanti”. Mi aspettavo almeno qualche sotto-sottosegretario, ma per l’Italia Vergarolla non esiste e non è mai esistita. Mai una pagina sui libri di scuola, mai un ministro su questa spiaggia. Grazie all’interessamento del console generale a Fiume la sovrintendenza ha autorizzato l’erezione di un monumento a fianco del Duomo di Pola. Sarà riportata la scritta, in croato e in italiano “alle vittime innocenti” con l’elenco dei morti che fu possibile identificare, col nome e l’età. È pronto il bozzetto, mi auguro che esso possa essere realizzato in fretta. Sarà un monumento “per non dimenticare” e la mia speranza è che almeno all’inaugurazione del monumento, l’Italia si ricordi di questa strage e anche di questi morti.

    Norberto Ferretti

    Questa vicenda va a infilarsi, come un triste anello di una triste catena, nella storia degli italiani d’Istria e del martirio subito da molti di loro. Il tuo, caro Norberto è un piccolo seme di cui ti ringrazio e che, mi auguro, produca un grande albero della memoria.