La ricetta dell'ufficiale medico alpino

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    Questo è un racconto per chi ha fatto il servizio militare, ma in realtà è un racconto per chi intende la vita come un servizio. Ho fatto il militare negli alpini come ufficiale medico.

    L’ufficiale medico degli alpini è un personaggio tutto a sé per una serie di motivi: prima di tutto è il più anziano di tutti, anche del sottotenente che comanda il plotone, e a volte anche del capitano che comanda la Compagnia. In secondo luogo è mezzo militare e mezzo medico, quindi gli viene richiesta sia una mentalità militare di ordine, disciplina e comando, che una capacità medica. Inoltre, essendo l’unico a sapere di medicina e salute a un certo livello, deve imparare presto a responsabilizzarsi e a riconoscere i propri limiti. Questo è vero soprattutto per chi fa l’ufficiale medico nei battaglioni dove è l’unico medico, abituato a dover prendere delle decisioni in prima persona, a stare fuori dalla caserma, a seguire tutti i campi ed esercitazioni, insomma a condividere la quotidianità con gli alpini, lontano dalla burocrazia e dai facili alibi. La fiducia degli alpini la si deve conquistare con i fatti e con l’esempio e non con le parole. Una volta “accettato” diventa il confidente di tutti. Uno dei compiti tipici dell’ufficiale medico è “chiudere” la colonna quando si è in marcia. In testa sta il capitano con il sottotenente più anziano, gli alpini più robusti e poi via via tutti gli altri. Nella vita di tutti i giorni si tende a dare importanza solo a chi è in testa alla colonna, cioè a chi arriva per primo, a chi riesce nella carriera, a chi è ricco, potente, a chi si impone a scapito degli altri. Ma io auguro che ci siano sempre tanti “ufficiali medici alpini della vita”, innamorati del proprio compito, dove il loro orgoglio non sia quello di arrivare primi ma di far arrivare tutti.

    Luca Cozzaglio, Milano

    Quando si pensa al medico si va col pensiero a diagnosi, prognosi e prescrizioni varie. Quasi mai si pensa al suo ruolo umano e psicologico, ruolo ormai praticamente scomparso nell’approccio moderno del medico al malato. Fa piacere sentire che nel servizio militare sopravvive questa dimensione umana che, con linguaggio da esperti, viene definita una condotta paternalista.