La nostra Preghiera

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    Compie cento anni la “Preghiera dell’Alpino”. Nata nella Grande Guerra, ha avuto diverse versioni, fino ad arrivare alle due attuali, ed è sempre il momento più sacro per noi alpini: una voce annuncia solenne: «Preghiera dell’Alpino», squilla l’attenti e mentre scorrono quelle parole sfila davanti a noi la lunga colonna di quelli che ci hanno preceduti, le loro imprese, i loro sacrifici. La Preghiera del ’15-’18 è molto diversa dall’attuale, ma esprime già concetti che torneranno nelle versioni successive: i ghiacciai eterni posti a difesa della Patria, l’invocazione a salvarci dal gelo e dalla tormenta e a proteggere le famiglie lontane. Nel 1935 viene pubblicata la “Preghiera dell’Alpino” scritta dal magg. Sora, comandante del battaglione Edolo, che contiene gli elementi base della versione definitiva.

     

    Negli stessi anni appare una “Preghiera dell’Alpino” del Feltre, fatta su misura per i reparti impegnati in Abissinia: per la prima volta c’è l’invocazione alla Madonna, alla Madonnina del Grappa. Nel 1937 un certo Lio da Padova scrive una preghiera completamente diversa, piena di retorica e frasi roboanti. Le “nude rocce” e i “perenni ghiacciai” tornano due anni dopo: il testo è riportato sul retro di due cartoline edite dal battaglione Val d’Adige. Nel 1941, in piena guerra, una versione è pubblicata nella raccolta delle preghiere del soldato. Ha quasi le stesse parole delle altre, tranne il finale: «Proteggi, o Signore, l’amato sovrano, il duce nostro, e concedi sempre alle armi romane, guidate da augusta sapienza, il giusto premio della vittoria», in linea con i fraseggi dell’epoca.

    Nello stesso anno anche il vescovo Briacca si cimenta in una “Preghiera dell’Alpino” (50 giorni di indulgenza a chi la recita), con la novità dell’invocazione alla Madonna. L’anno dopo Teresio Olivelli, eroico ufficiale di artiglieria alpina e grande uomo (è in corso la causa di beatificazione) regala ai compagni del corso ufficiali di Lucca la sua preghiera; è quasi la versione definitiva, mancano le invocazioni alla Madonna e i vari saluti a duce e re. Duce e re spariscono dalla versione del dopoguerra, che contiene però un paio di passaggi che saranno al centro di diatribe fino ai giorni nostri.

    Se nel ’41 si pregava infatti: «Fà che le nostre armi siano infallibili contro chiunque osi offendere la nostra Patria, la nostra millenaria cristiana civiltà, la nostra Bandiera gloriosa», nel 1949 si dice: «Rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana…». È la versione ufficiale, partita da una richiesta di ammodernamento fatta dal cappellano del 4º reggimento alpini, scritta in pochi giorni, approvata dall’Ordinario militare mons. Ferrero; introduce una novità, l’invocazione finale alla Madonna. È la versione ufficiale dell’Ana, la Santa Sede autorizza a recitarla nelle funzioni religiose; più avanti viene anche consentita come preghiera dei fedeli.

    Nel 1972 però l’onda pacifista tocca anche la “Preghiera dell’Alpino” e il cappellano del 4º Corpo d’Armata, mons. Parisio, ottiene di sostituire alcune frasi ritenute non più consone alla sensibilità dei giovani alpini in armi. Così “rendi forti le nostre armi…” diventa “rendici forti a difesa della nostra Patria e della nostra bandiera”; sparisce la millenaria civiltà cristiana. La nuova versione viene approvata anche dal comando del Corpo d’Armata Alpino e dall’Ana, e diventa nel 1985 la preghiera ufficiale dell’alpino. Ma a tanti alpini non piace, perché considerano l’eliminare il «rendi forti le nostre armi» quasi un tradire i valori delle penne nere e questo movimento d’opinione due anni dopo induce il Presidente nazionale Caprioli a chiedere e ottenere dal Cdn che nelle manifestazioni organizzate dall’Ana sia preferibile recitare la versione del 1949. Questa disposizione è contenuta nel cerimoniale Ana, aggiornato l’anno scorso. Ma non è finita. Otto anni fa nella versione ufficiale viene ripristinata la civiltà cristiana…

    La differenza fra le due versioni è ridotta ormai alla presenza o meno delle armi: una differenza importante per chi alimenta ancora discussioni sulla validità dell’una o dell’altra versione. Ma la regola è chiara: nelle cerimonie per soli iscritti all’Ana la Preghiera è quella del 1949 (con armi), in quelle con alpini in armi si recita la versione del 1985 (senza armi)… edulcorata!

    Dino Biesuz


    La Preghiera dell’Alpino: le tappe principali della sua storia

    • 1947: ritrovamento nell’archivio della famiglia del colonnello Gennaro Sora di una lettera alla madre, datata luglio 1935. In essa compare una sua preghiera elaborata per gli alpini dell’Edolo, battaglione da lui comandato, nella quale numerose sono le frasi poi diventate patrimonio di tutti gli alpini in armi e in congedo. Il col. Sora morì nel 1949 dopo un’avventurosa vita spesa al servizio della Patria sull’Adamello, alle isole Svalbard (impresa Nobile), in Africa Orientale e in prigionia in Kenia.
    • 11 ottobre 1949: don Pietro Solero, grande figura di sacerdote, di alpino e di alpinista, cappellano del 4º Alpini, in un incontro con l’Ordinario militare, mons. Carlo Alberto Ferrero di Cavallerleone, propone di «ritoccare e di rimodernare la Preghiera e di concedere la facoltà di recitarla dopo la Messa in luogo della Preghiera del Soldato».
    • 21 ottobre 1949: mons. Ferrero approva e il vicario generale mons. Giuseppe Trossi comunica il nuovo testo della Preghiera a tutti i comandanti alpini.
    • 1972: mons. Aldo Parisio, cappellano capo del 4º Corpo d’Armata Alpino, chiede e ottiene dall’Ordinario militare, mons. Mario Schierano, di sostituire alcune frasi ritenute non più consone al momento che l’Italia sta vivendo. Perciò il «rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana…» diventa: «Rendici forti a difesa della nostra Patria e della nostra Bandiera».
    • 15 dicembre 1985: il testo così modificato è definitivamente approvato per cui la nuova “Preghiera dell’Alpino” diventa ufficiale.
    • 26 settembre 1987: il Presidente Caprioli chiede e ottiene dal Consiglio Direttivo Nazionale dell’Ana che la Preghiera sia preferibilmente recitata, nella forma originale del 1949, quando le cerimonie sono celebrate in presenza di soli iscritti all’Ana e nel testo modificato nel 1985 in presenza di reparti alpini in armi che non possono evidentemente contravvenire agli ordini.
    • 6 settembre 2007: l’arcivescovo Ordinario militare, mons. Vincenzo Pelvi, reinserisce nel testo della Preghiera modificata nel 1985 il riferimento alla «nostra millenaria civiltà cristiana». Per gli alpini in servizio, dunque, il «rendici forti a difesa della nostra Patria e della nostra Bandiera» diventa: «Rendici forti a difesa della nostra Patria, della nostra Bandiera, della nostra millenaria civiltà cristiana».