La mia Adunata del Piave

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    La mia Adunata del Piave Se non fossi tanto incline alla commozione, come invece sono, probabilmente gusterei molto meno l’Adunata nazionale. Mi sembra quasi che il frequente inumidirsi degli occhi nel corso delle varie cerimonie che si susseguono faccia da condimento al piacere di esser presente. Insomma, il sapore migliora. Dopo tanti anni di partecipazione, l’Adunata, pur con il suo cerimoniale standard, è misteriosamente sempre nuova, tutta da scoprire. 

     

    Inizia con i preparativi, gli accordi con chi sarà il compagno di viaggio, l’orario di partenza, le previsioni del tempo e il programma di ciò che si farà. E si parte. Treviso, Adunata del Piave, col sapore di quella storia che ci aveva catturati sin dai banchi delle scuole elementari. Sapore di quelle celebrazioni del 4 Novembre, svolte un po’ ovunque, con i racconti dei soldati d’Italia che avevano combattuto ed erano morti sul Piave, per difendere la Patria. Provo ancora nostalgia per quelle giornate in cui il papà mi appuntava una coccardina tricolore sulla giacchetta, prima di uscir di casa.

    Ecco, la mia Adunata del Piave mi ha fatto rivivere i giorni della fanciullezza e assaporare i sentimenti che allora andavano ancora di moda. Treviso è davvero un gioiello che merita di essere gustato, anche se il sovraffollamento alpino ne ha nascosto tanti bellissimi particolari. Ci si può comunque tornare “a bocce ferme”. Ma cosa mi è piaciuto di più in questa Adunata? Come sempre, girare per le vie della città e continuare a stupirmi di quanto lo spirito alpino sia capace di riportare allegria e serenità, pur in momenti tutt’altro che sereni. E i cori che si formano spontaneamente attorno a tre, o quattro alpini che cantano, magari a causa di qualche bicchiere di troppo.

    Quest’anno poi è stato più evidente il contagio subìto dalla gente locale, d’altra parte prevedibile, visto che la terra veneta è più alpina di tante altre ed è stata protagonista di tanta parte della storia d’Italia e degli alpini. Bellissime anche le strade sgombre dai trabiccoli. Era ora! Ricche le giornate del venerdì e del sabato; ricche di incontri con gli amici che desideravi ritrovare e con quelli che non ti saresti mai immaginato di vedere.

    Quando poi ci si imbatte negli alpini della propria Sezione, la festa è ancora più grande, anche se fino a due giorni prima eravamo insieme nei nostri paesi. Tutte suggestive le cerimonie, ma per me sono due o tre i momenti veramente magici, quelli che già da soli valgono tutta l’Adunata. Momenti che mi fanno sentire i brividi dell’alpinità. Capita ogni anno ed è successo di nuovo a Treviso, per fortuna. Assistere al passaggio della Bandiera di guerra mi emoziona e mi commuove. L’immagine perde nitidezza, perché gli occhi umidi fanno proprio quello scherzo. Chi mi sta vicino se ne accorge e mi osserva, creandomi un po’ di imbarazzo, ma non posso farci nulla. Il Tricolore mi fa quell’effetto e non me ne vergogno. E poi la sfilata.

    Scortare il vessillo è una sensazione unica. Marciare in testa a tanti e tanti alpini della tua stessa Sezione è una soddisfazione impagabile. Non si tratta di vanagloria, è semmai la certezza di non essere solo, è il piacere di sapere che tutti gli alpini che ti seguono sono uguali a te, come del resto quelli delle Sezioni che ti hanno preceduto e di quelle che seguiranno. Quando poi alla fine la Sezione sfila davanti al vessillo per rendergli gli onori e qualche alpino grida “Ciao Presidente!”, lo sguardo si appanna di nuovo.

    È il piacere di sentirti alpino tra gli alpini e ti vien voglia di ringraziare il Padre Eterno per averti messo una penna sul cappello. Sono di nuovo a casa e sto già pensando a Trento.

    Chicco Gaffuri