L’inno d’Italia

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    Che bello ascoltare il nostro Inno, quando poi sale il Tricolore penso che tutti proviamo qualcosa che ci accomuna e ci unisce, sapere che per quelle parole hanno sofferto, lottato e combattuto tanti nostri compatrioti, parole forse obsolete ma questo è il nostro Inno.

     

    Bene, il 1º giugno nel silenzio della mia casa sento dei ragazzi davanti la vicina scuola di musica provare “Fratelli d’Italia”, che bello penso si insegna anche ai ragazzi a cantarlo, purtroppo soddisfazione ed emozione sono durati un attimo. Il “maestro” passatemi questo attributo, aveva fatto, come già successo in altre occasioni, cambiare le ultime parole da siam “pronti alla morte” in “siam pronti alla vita”. Trattenuto invano da mia moglie mi sono precipitato in strada, ho pesantemente senza essere volgare redarguito il “maestro”, ricordandogli il significato intrinseco e il valore di quelle parole. Fortunatamente l’insegnante che accompagnava la scolaresca ha alzato bandiera bianca e tutti hanno tolto il disturbo. Viva il nostro Inno, viva gli alpini, viva l’Italia.

    Roberto Vuerich Valdagno

    Bisogna riconoscere che è in atto un revisionismo pacifista, politicamente corretto, che ha paura di misurarsi con i testi del passato, facendoli parlare per quello che volevano dire nel tempo in cui sono stati formulati. È quello che succede anche con la Preghiera dell’Alpino, temuta da qualche benpensante, come se fosse istigazione a delinquere. Spiegare ai ragazzi che “siam pronti alla morte” era comunque un atto di disponibilità radicale verso la propria Patria, senza che questo significhi mandare i ragazzi d’oggi a combattere. Questo sarebbe un modo per risvegliare in loro il senso di responsabilità per quello che è il bene comune, da assumere con le modalità diverse che ogni epoca domanda.