L’avvenire dei nostri giovani

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    C’è un’unica volta che il termine sacro è citato dalla nostra Costituzione ed è quello relativo al dovere che ogni cittadino deve compiere nei confronti della Patria prestando servizio militare. Il concetto di dovere è venuto meno, è andato via quando il qualunquismo, edonismo, l’individualismo, il menefreghismo si sono affermati culturalmente suffragati da una classe politica che ha legiferato sulla “sospensione” della naja. Sospensione in Italia significa eliminazione. 

     

    Sono stati cassati, dunque, i principi per una basilare convivenza civile e gli obblighi per compiere un impegno morale e civile. Dai valori dei quali noi alpini siamo portatori: fratellanza, universalità, pace, altruismo, non possiamo non esimerci dal chiedere, con forza e ad alta voce, il ritorno ad un impegno per tutti i nostri giovani, maschi e femmine, nel campo sociale per chi opterà per questa scelta, nel campo militare per chi sceglierà il servizio in armi per la Patria, senza contare che potrebbe costituire un valido mezzo propedeutico per l’avvenire dei nostri giovani. Sulla durata, sulla territorialità e sulle modalità ci sarà tutto da discutere e siamo disponibili a ciò. I principi di universalità, obbligatorietà devono essere assolutamente ribaditi, accettati e promulgati. I tempi sono maturi a prescindere dalla situazione interna della nostra associazione che “soffre” per la sospensione della leva obbligatoria. È da un confronto schietto e leale che possono maturare proposte operative. È comunque insito e chiaro che il servizio civile o militare non dovrà costituire un pretesto per inficiare i posti di lavoro o andare a scapito dell’occupazione nel settore pubblico.

    Fabio Burigana, Gruppo di Venezia, Sezione di Venezia

    Da tempo si parla in Occidente di emergenza educativa. È coscienza condivisa che le nuove generazioni manchino di un progetto educativo che le aiuti realmente a raggiungere l’età adulta con responsabilità e competenza. Oggi ci si limita a formare i ragazzi ad avere competenze, oppure ci si abbandona alla logica del buon selvaggio, ossia del lasciarli liberi di godere la giovinezza, perché tanto poi arriverà il tempo della fatica. Quello che fa difetto è la cultura della gratuità, fatta di responsabilità e servizio. In realtà sappiamo bene che né le competenze, né l’arbitrio dell’anarchia del vivere servono per fare uomini e donne adulti. È a partire da questo scenario che dobbiamo domandarci cosa fare per aiutarli. E se non facciamo nulla, non solo finiranno gli alpini, ma ci troveremo con un futuro in cui le incognite sono preoccupanti e senza grandi speranze.

    L’AVVENIRE DEI NOSTRI GIOVANIC’è un’unica volta che il termine sacro è citato dalla nostraCostituzione ed è quello relativo al dovere che ognicittadino deve compiere nei confronti della Patria prestandoservizio militare. Il concetto di dovere è venuto meno, è andatovia quando il qualunquismo, edonismo, l’individualismo,il menefreghismo si sono affermati culturalmente suffragati dauna classe politica che ha legiferato sulla “sospensione” dellanaja. Sospensione in Italia significa eliminazione. Sono staticassati, dunque, i principi per una basilare convivenza civilee gli obblighi per compiere un impegno morale e civile. Daivalori dei quali noi alpini siamo portatori: fratellanza, universalità,pace, altruismo, non possiamo non esimerci dal chiedere,con forza e ad alta voce, il ritorno ad un impegno per tuttii nostri giovani, maschi e femmine, nel campo sociale per chiopterà per questa scelta, nel campo militare per chi sceglieràil servizio in armi per la Patria, senza contare che potrebbe costituireun valido mezzo propedeutico per l’avvenire dei nostrigiovani. Sulla durata, sulla territorialità e sulle modalità cisarà tutto da discutere e siamo disponibili a ciò. I principi diuniversalità, obbligatorietà devono essere assolutamente ribaditi,accettati e promulgati. I tempi sono maturi a prescinderedalla situazione interna della nostra associazione che “soffre”per la sospensione della leva obbligatoria. È da un confrontoschietto e leale che possono maturare proposte operative. Ècomunque insito e chiaro che il servizio civile o militare nondovrà costituire un pretesto per inficiare i posti di lavoro oandare a scapito dell’occupazione nel settore pubblico.Fabio BuriganaGruppo di Venezia, Sezione di VeneziaDa tempo si parla in Occidente di emergenza educativa. È coscienzacondivisa che le nuove generazioni manchino di un progetto educativoche le aiuti realmente a raggiungere l’età adulta con responsabilitàe competenza. Oggi ci si limita a formare i ragazzi ad averecompetenze, oppure ci si abbandona alla logica del buon selvaggio,ossia del lasciarli liberi di godere la giovinezza, perché tanto poi arriveràil tempo della fatica. Quello che fa difetto è la cultura dellagratuità, fatta di responsabilità e servizio. In realtà sappiamo beneche né le competenze, né l’arbitrio dell’anarchia del vivere servonoper fare uomini e donne adulti. È a partire da questo scenario chedobbiamo domandarci cosa fare per aiutarli. E se non facciamonulla, non solo finiranno gli alpini, ma ci troveremo con un futuroin cui le incognite sono preoccupanti e senza grandi speranze.