Non il sole ed il tepore di maggio, ma un clima decisamente autunnale ha deciso di dare ai suoi alpini il cielo orobico. E di fronte a questo?Beh, qual è il problema?Siamo alpini, per giunta bergamaschi e davanti alla nostra gente! Nessuna lamentela o imprecazione verso Giove Pluvio, ma emozioni e sensazioni. Tutti bagnati, chi più chi meno, ci si scaldava con una battuta, un sorriso, una vigorosa pacca sulla spalla, un canto. Nel fare i primi passi verso la nostra amata gente, bagnata e infreddolita, abbiamo guardato con grande fierezza tutti coloro che erano lì ad aspettarci e ad intonare insieme a gran voce Berghem !
Claudio Rossi Bergamo
Partecipo alle adunate dal 1989, ma devo purtroppo portare all’attenzione un fatto importante che a Bergamo si è dimostrato in tutta la sua gravità: la sera del sabato si è trasformata in una notte bianca dove una massa di giovani e ragazzini gironzolavano urlando e bevendo a dismisura. Dove sono finiti i bei momenti musicali regalati dalle nostre fanfare?Perché vengono relegate negli stadi alla periferia della città?
Mauro Ferrato Piscina (TO)
Ho prestato servizio militare negli anni 1959 60 presso la caserma San Dalmazzo di Cuneo, compagnia mortai. Partecipo alle Adunate degli alpini ed ero a Bergamo ad assistere e ad applaudire con le lacrime agli occhi. Questa è la vera Italia. Permettimi una osservazione: le nostre sfilate sono cosa molto seria, dobbiamo sfilare con fierezza, al passo. A Bergamo non ci siamo riusciti. Dato che è impossibile avere una banda ogni 200 metri, mettiamo dei tamburi che diano il passo a tutti.
Marino Castellino Chiusa di Pesio (CN)
Ancora qualche lettera sull’Adunata di Bergamo con espressioni di apprezzamento e segnalazioni per migliorare la nostra manifestazione. Parto dalla sfilata. Mi piace viverla come un momento di fraternità tra alpini e pubblico. Il passo ci sta bene, ma non è una parata. Dalla tribuna il colpo d’occhio distingue le masse compatte e quelle che passeggiano o quasi. Non siamo tuttavia ad un concorso. È la festa degli alpini, così come sono, ed è già straordinario che si muovano ordinati e inquadrati senza caporali e senza ordini.
Pubblicato sul numero di ottobre 2010 de L’Alpino.