In Adamello, per onorare gli arditi eroi della Grande Guerra

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    Penne nere in alta montagna, per gli alpini non c’è connubio migliore del pellegrinaggio in Adamello. In più di mille dalla Valcamonica e dal Trentino hanno marciato sulle antiche vie, aperte un secolo fa da arditi montanari, per incontrarsi dopo ore – e in qualche caso giorni – alla conca del Lagoscuro, un luogo che all’inizio della Grande Guerra rimase indissolubilmente legato alle penne nere.

     

    Fu proprio sulle cime che la dominano che nel 1915 gli alpini si resero protagonisti di una delle più incredibili azioni contro gli austro-ungarici che occupavano la conca del Presena e la cresta dei Monticelli. Nella tarda serata del 25 agosto la 52ª compagnia dell’Edolo, un plotone della 252ª compagnia del “Val Camonica” e la “Centuria” (costituita poche settimane prima e formata da cento alpini dei battaglioni Morbegno, Val Camonica, Edolo e Val d’Intelvi), 450 alpini in tutto, si mossero dalla Val Narcanello e attaccarono all’unisono la cresta a quota 3.000: punta Castellaccio, cima Payer e Passo Lagoscuro.

    Di notte gli alpini della 52ª e di parte della “Centuria” percorsero i canaloni e ascesero, silenziosi e appiattiti contro la roccia per non farsi scoprire, le impervie pareti del versante italiano, che raramente erano state calcate dall’uomo, tentando di balzare di sorpresa sul presidio austriaco al Passo Lagoscuro. Non andò del tutto liscia. Giunti quasi al termine dell’ardita ascensione furono scoperti e solo il fuoco d’infilata del resto della “Centuria” che giungeva da cima Payer permise agli alpini di conquistare il Passo. Grazie all’azione combinata, al mattino i combattimenti erano finiti, le posizioni prese, e cominciarono le opere di fortificazione.

    Il Castellaccio, punto d’osservazione privilegiato sulla zona, era stato occupato dalla 252ª del “Val Camonica” ma fu presto abbandonato per l’impossibilità di rifornire la cima. Solo nell’estate del 1916 fu collegato con il villaggio di Passo Lagoscuro grazie a quello che oggi chiamiamo “Sentiero dei fiori”, che nei punti più difficili fu attrezzato con passerelle sospese: una serie di crocchianti assi di legno e di vacillanti corde, tese sullo strapiombo della montagna.

    Quelle passerelle, ricostruite oggi con solidi cavi d’acciaio, sono state percorse dal presidente della sezione Vallecamonica Giacomo Cappellini e da quello della sezione di Trento Maurizio Pinamonti, che hanno guidato insieme, per la prima volta nella storia del pellegrinaggio, una delle colonne in marcia verso la conca del Lagoscuro, dove sabato 30 luglio si è svolta la cerimonia in vetta.

    Attorno all’altare, allestito su di un piccolo nevaio, si sono radunati alla spicciolata i pellegrini. In prima fila c’erano i vessilli sezionali, una rappresentanza dei Gebirgsjäger del 233° battaglione di Mittenwald (Germania) guidato dal maggiore Siegfried Balk, Mario Bezzi, sindaco alpino di Ponte di Legno, altri sindaci della zona e Luigi Spagnolli, primo cittadino di Bolzano, città che l’anno prossimo ospiterà l’Adunata nazionale. Vicino all’altare era schierato il Labaro dell’ANA scortato dal presidente nazionale Corrado Perona, dal comandante delle Truppe alpine gen. Alberto Primicerj, dal vice presidente vicario Sebastiano Favero, dal vice presidente Luigi Bertino, dai consiglieri nazionali e dal coordinatore della Protezione civile dell’ANA Giuseppe Bonaldi. Accanto i vessilli delle sezioni di Trento e Vallecamonica e le numerose autorità civili, tra le quali, il presidente della Provincia di Brescia Daniele Molgora, il prefetto di Brescia Narcisa Brassesco Pace e l’on. Laura Froner, trentina, vice presidente della Commissione attività produttive, commercio e turismo alla Camera dei deputati.

    Il saluto introduttivo è stato portato da Giacomo Cappellini, presidente della sezione Vallecamonica che quest’anno celebra il suo 90° anniversario di fondazione. Ha ricordato che il 48° pellegrinaggio in Adamello è dedicato al generale Romolo Ragnoli, medaglia d’Argento al V.M. in Russia e grande alpino che durante la seconda guerra mondiale comandò i partigiani delle “Fiamme Verdi”, in Vallecamonica, contro l’oppressione nazifascista. sta. Una scelta che, nell’anno delle celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia, vuole essere un omaggio a chi ha costruito e si è sacrificato per la Patria. Questo è lo spirito che ha accomunato gli alpini nelle tragiche vicende delle due guerre e che il presidente Perona è risoluto a custodire e tramandare: “Noi siamo qui per difendere la purezza degli uomini che in questi luoghi hanno combattuto. Se il pellegrinaggio non avesse questa presenza e questo seguito sarebbe un fallimento più morale che materiale: vorrebbe dire che avremmo perso il culto della memoria”. Sottolinea poi che l’ANA non è solo “reducismo”, ma è attraverso la condivisione dei valori che derivano dalla memoria e dagli insegnamenti dei Padri che gli alpini di oggi sanno essere così incredibilmente attivi anche nella società.

    “Se siamo qui è proprio perché crediamo negli stessi valori”, gli ha fatto eco il generale Primicerj. “Il Labaro rappresenta quello in cui crediamo, è il simbolo dei nostri Caduti, quelli di ieri ma anche quelli di oggi, perché entrambi hanno donato la vita per il bene comune: gli alpini di allora erano dei combattenti ardimentosi che difendevano i confini, oggi sono costruttori di solidarietà”. Diversi nel metodo, uguali nella sostanza.

    La Messa è stata celebrata nello splendido palcoscenico dell’Adamello dal cardinale Giovanni Battista Re, presenti anche mons. Angelo Bazzari, presidente della Fondazione don Gnocchi, e alcuni cappellani e parroci della valle.

    Svestito il copricapo cardinalizio e indossato il cappello alpino, nel tardo pomeriggio il cardinale Re ha presieduto la breve cerimonia in valle, al Sacrario al Passo del Tonale, dove riposano circa 900 Caduti dell’Adamello, all’interno del quale gli alpini hanno deposto una corona d’alloro.

    In serata la fanfara della brigata Taurinense diretta dal maestro Marco Calandri ha dato spettacolo nella piazza centrale di Ponte di Legno, chiudendo lo splendido concerto con l’Inno nazionale, intonato dalle penne nere sull’attenti e dai cittadini, alcuni dei quali, al termine dell’esibizione, tra le voci sovrastate dagli applausi, non hanno potuto fare a meno di commentare ammirati: “Era tanto che non sentivo un Inno cantato così!”.

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    La domenica gli alpini hanno ricevuto i “bravi!” – e anche qualche “bello!” – dai cittadini di Ponte di Legno che li hanno accolti lungo i viali della sfilata, sventolando bandierine tricolori e applaudendo dalla strada, dai balconi e dalle finestre dei palazzi. Dopo un’ora di corteo, aperto dalla fanfara della “Taurinense” e dagli alpini in armi del Reparto comando e supporto della “Tridentina”, le ultime penne nere hanno raggiunto lo spiazzo erboso per assistere ai discorsi delle autorità e partecipare alla Messa al campo, celebrata da mons.

    Bazzari al bell’altare ideato dai tre gruppi alpini di Ponte di Legno (Pezzo, Precasaglio e Ponte di Legno), che hanno collaborato nell’organizzazione del pellegrinaggio. “Gli uomini sono viaggiatori”, ha detto mons. Bazzari al termine della funzione: “Gli affaristi viaggiano con la testa; i turisti viaggiano principalmente con gli occhi. I pellegrini, invece, viaggiano soprattutto con il cuore”. E se si è pellegrini con un tale sentimento, come ha detto il presidente Perona, “la montagna la percorri mille volte ed è sempre diversa perché in essa trovi motivazioni nuove, ti inebria e ti solleva lo spirito. In essa ricordi e trai nuova forza per vincere le battaglie quotidiane”.

    Matteo Martin


    IL GEN. C.A. ROMOLO RAGNOLI

    Romolo Ragnoli, al quale è stato dedicato il 48° pellegrinaggio in Adamello, nacque a Brescia il 12 marzo 1913. Laureato in lettere all’Università Cattolica del Sacro Cuore partecipò come ufficiale di complemento alla Campagna di Albania e poi di Russia con il 6° Alpini, dove fu insignito della Medaglia d’argento al Valor Militare.

    Dopo la Russia fu promosso capitano e passò al servizio permanente effettivo per meriti di guerra. Entrato a far parte, dopo l’8 settembre 1943, del Comitato di Liberazione Nazionale bresciano, fu inviato in Valle Camonica in qualità di ispettore e partecipò agli incontri organizzativi del movimento partigiano. Nel dicembre 1943 venne nominato comandante militare delle Fiamme Verdi. Fu chiamato “Comandante Vittorio” e tutte le iniziative militari delle brigate Fiamme Verdi della Valle Camonica e Valle Sabbia, inquadrate a partire dall’estate 1944 nella Divisione «Tito Speri», fecero riferimento a lui.

    Alla fine del conflitto fu promosso maggiore per meriti di guerra e proseguì la carriera militare congedandosi nel 1971 con il grado di generale di Corpo d’Armata. In quiescenza collaborò con l’Istituto storico della Resistenza bresciana e si impegnò nel difficile compito di tener viva la memoria del sacrificio dei tanti Caduti per la Libertà. Morì a Brescia il 20 ottobre 2004.

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