Il vescovo Muser: alpini rimanete nella tradizione cristiana

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    La liturgia ricca di parole d’amore, per il comandamento di pace pronunciato da Gesù agli apostoli riuniti prima dell’Ascensione, di amarsi l’un l’altro, è stata al centro della celebrazione della Messa in Duomo officiata sabato pomeriggio dal vescovo di Bolzano e Bressanone monsignor Ivo Muser. Il quale ne ha tratto lo spunto per proiettarsi nella molteplice realtà altoatesina, dove esistono culture, consuetudini, idiomi diversi che devono ispirarsi ad “una convivenza pacifica, dignitosa e di rispetto per l’altro”. L’omelia è stata pronunciata in un duomo gremito in ogni posto, con autorità schierate in prima fila, fra cui il sindaco Spagnolli, il presidente nazionale Perona, il vice presidente della Provincia Tommasini, il capo di Stato Maggiore dell’Esercito gen. Graziano, e il comandante delle Truppe alpine gen. Primicerj, in una cornice di vessilli e gagliardetti ed il Labaro sull’emiciclo dell’altare.

     

    “In un clima gioioso di festa, di musica, di incontro e di amicizia celebriamo l’Eucarestia per i defunti. Per tutti i nostri defunti – ha ripetuto il vescovo – nelle guerre, nelle ingiustizie, nei nazionalismi di tutte le ideologie”. Ha tradotto in tedesco questo suo prefazio, poi è iniziato il rito vero e proprio. Grande attenzione e interesse ha suscitato la sua omelia, a lungo applaudita alla fine, improntata ai valori degli alpini e al rispetto dell’altro. “So che il popolo degli alpini – ha detto il vescovo – è molto unito, che ha un grande senso della famiglia, che c’è un grande spirito di Corpo sia negli alpini in servizio che in quelli in congedo”.

    Ha ricordato che nelle marce, quando il compagno è stanco lo si allevia dello zaino e lo si aiuta ad arrivare alla vetta. Che gli alpini sono a fianco dei popoli oppressi dalla guerra per portare sicurezza e solidarietà, che sono pronti ad intervenire nelle calamità, dal terremoto in Friuli al Vajont, all’Abruzzo, alla tragedia della diga di Stava. Che gli alpini in congedo rispondono alle richieste di aiuto che vengono loro avanzate dalla comunità, che aiutano i missionari con la costruzione di case e pozzi, e intervengono in caso di bisogno “come è avvenuto con la casa per Luca”, ha ricordato il presule. “Vi auguro, per il bene della nostra società, che rimaniate nella tradizione della fede cristiana che ha al centro l’uomo, l’assistenza, l’aiuto, la solidarietà”.

    Perché “ogni forma di chiusura, di nazionalismo, di mancanza di rispetto verso culture, lingue, tradizioni dell’altro ferisce il comandamento del Signore”. E infine “auguro che voi alpini, venuti nel Sudtirolo per trovarvi e ritrovarvi e per fare festa, possiate scoprire la specificità e anche le bellezze della nostra terra, con la sua storia, la sua struttura, le sue tradizioni e le bellezze del paesaggio. Che possiate tornare alle vostre case con il ricordo di una terra accogliente, chiamata per vocazione all’incontro e alla stima dell’altro”. Un lungo applauso di condivisione ha sottolineato l’omelia del vescovo in questa Messa tanto attesa e tanto seguita, conclusa con la Preghiera dell’Alpino recitata nella versione integrale ed accompagnata dai canti del Coro della sezione di Milano. (ggb)