Il pericolo delle notizie false

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    Quelli “studiati” le chiamano Fake News. Quelli cresciuti sentendosi dire: parla come mangi, e nella maggior parte dei casi si mangiava con semplicità da poveri contadini, le chiamano frottole, o più volgarmente balle. Se proprio siamo in vena di finezze stilistiche, le chiameremo notizie false. La prima, in ordine cronologico, secondo Papa Francesco, andrebbe cercata nientemeno che in un certo giardino, detto paradiso terrestre. 

     

    Lo abitavano due inesperti principianti. Avevano detto loro di non mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male, perché, in caso contrario, le cose si sarebbero messe storte. Poi ci fu un serpentello, che non aveva ancora Facebook, e neppure Internet o Instagram, Twitter o Whatsapp, il quale disse loro che la verità era un’altra. Loro mangiarono, tutto. Perfino il torsolo della mela. E da allora sappiamo come sono andate le cose. Che nel mondo la storia non giri sempre per il verso giusto è anche perché i nuovi serpentelli, con i potenti strumenti digitali di cui dispongono, di frottole mirate ne mettono in circolazione da tappezzare i muri. Con il bel risultato che la gente tante volte ci crede, si indigna, le emozioni fanno montare la rabbia, crescono le sentenze sommarie che più che dall’intelligenza vengono fuori dai mal di pancia.

    Le balle messe in circolazione in maniera mirata stanno creando nella gente una nuova cultura. La notizia non è più il fatto ma l’emozione che suscita, la rabbia che fa scaturire dentro. L’ha capito molto bene la politica. Tra pochi giorni andremo a votare, con uno zaino pesante di Fake News. Ci hanno promesso che saremo tutti più ricchi. Non uno che parli della difficoltà che sta attraversando la famiglia, del fallimento educativo nei confronti delle nuove generazioni.

    Finito l’allevamento dell’homo sapiens, ci siamo buttati su quello consumens. Non uno che ci parli della violenza da parte di bande di ragazzini, confinate nel napoletano, come se il problema fosse solo del Sud. Niente di niente. Avrete tanti più soldi in tasca. Questa è la sostanza del voto di scambio che ci viene chiesto. Noi come alpini vorremmo dire due tre sommesse cose all’orecchio della coscienza politica. Prima di tutto che è solo con la verità dei fatti che si smentiscono le ambiguità dei proclami. Le balle le hanno sempre raccontate anche in passato, ma poi c’era la famiglia, la Chiesa, la scuola, il farmacista e il maresciallo dei carabinieri che facevano da argine al dilagare della stupidità. In secondo luogo vorremmo ricordare che senza una coscienza popolare che condivide lo stesso sentire finiremo per dare a tutte le cose lo stesso valore.

    Se uno vale uno, sempre e ovunque, anche una notizia falsa avrà lo stesso peso di una seria. È allora compito della politica dire cose serie capaci di mettere insieme il sentire della gente, senza il quale c’è posto solo per l’anarchia degli individui. E allora in questo sentire anche la spinta sincera, convinta da parte dei governi perché le nuove generazioni siano chiamate ad un periodo di servizio gratuito per il bene del Paese. Sarebbe la più bella notizia, che speriamo diventi vera, perché qualcosa di buono cominci presto a lievitare.

    Bruno Fasani