Il Labaro nazionale sotto l’Arco di Trionfo

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    PARIGI Storica presenza della delegazione A.N.A. alla celebrazione  dell’anniversario della fine del secondo conflitto mondiale.

     

     

    La foto ricordo con il Labaro nazionale sullo sfondo dell’Arco di Trionfo era d’obbligo.

     

    Parigi, Champs Elysées. Dall’obelisco di place de la Concorde all’Etoile si snodano
    i simboli e le memorie più significativi della storia di un Paese che, nel corso di cinque secoli, ha dato un contributo fondamentale alla costruzione di una civiltà dell’uomo, vanto del mondo occidentale. Ci sono i segni della Rivoluzione, i nomi delle battaglie, la presenza della cultura, dell’economia, della moda, dello spettacolo e sempre tanta gente che si muove alla ricerca di un’atmosfera unica, severa e composta, allegra e disincantata. La sera, poco dopo il crepuscolo, quando il cielo assume un colore blu d’una nitidezza cristallina, la suggestione tocca il suo apice all’Etoile, da dove si può spaziare sulla Città dalle Tuilleries alla Défense in un mare di luci ancora in equilibrio tra la giornata che si spegne e il mondo della notte che inizia.
    In questa cornice suggestiva, il Labaro nazionale dell’ANA, scortato dal presidente Giuseppe Parazzini, al rullo dei tamburi, tra due ali di folla, ha fatto il suo ingresso sotto l’Arco di Trionfo ed ha sostato davanti alla fiamma che arde perennemente in memoria dei Caduti ignoti. Gli inni nazionali, italiano e francese, interpretati da una banda dal ritmo marziale, deciso, e cantati da tutti, hanno riportato anche lo spettatore più distratto a riflettere sul significato che i simboli, bandiere e vessilli, assumevano in occasione della ricorrenza della fine della prima guerra mondiale.
    Due Paesi dalla storia bimillennaria, intrecciata in modo assolutamente unico, con identità culturali così marcate eppure così simili da rendere più difficile evidenziarne le differenze dalle somiglianze, si trovavano uniti per la prima volta nel segno dell’alpinità. I chasseurs con i loro ampi baschi e gli alpini con la loro penna dritta, sotto le volte del Tempio delle glorie militari francesi, erano testimoni di una fraternità non solo legata alla memoria dei loro morti, ma anche alla comunanza di sentimenti e di aspettative. Ed è infatti verso il futuro, specialmente quello legato all’Europa, che guardano con interesse, convinti che si può, si deve camminare insieme, contribuendo a rendere elementi arricchenti le diversità. Nel passato ci sono stati avvenimenti di grande solidarietà e ferite laceranti. Oggi c’è la volontà di una crescita comune. Non è utopia, ma necessità.
    La cerimonia, semplice e rigorosamente protocollare, ha avuto il suo momento più coinvolgente quando si sono diffuse le note del silenzio d’ordinanza. Il rumore della vita pulsante della metropoli fu appena sfiorato dal fruscio dell’enorme bandiera che pendeva dall’Arco. Tutto portava a riflettere sul prezzo della gloria . Ritti sull’attenti c’erano le rappresentanze militari, politiche, l’ambasciatore italiano, il console generale, gli addetti militari, le associazioni d’arma e tante persone che osservavano con simpatia un rito, forse non completamente compreso, ma sicuramente vissuto con grande intensità emotiva. Il silenzio si prolungò oltre l’ultima nota della tromba, perché nessuno osava interrompere quel momento solenne e toccante. Ci pensò il rullo dei tamburi a rimettere in moto gli schieramenti e a restituirci tutti alla quotidianità.

     

    Vittorio Brunello