Cosa fa di noi un popolo?Non la stessa lingua, né il territorio o il modello sociale o il sistema economico ma la storia comune, e una condivisa prospettiva del futuro.
La storia: dunque, la memoria. Noi la memoria abbiamo avuto bisogno di istituzionalizzarla proclamandola in un giorno ben preciso dell’anno: il 10 di febbraio. Segno che non ricordavamo abbastanza negli altri giorni?Ci dimenticavamo qualcosa?Ricordavamo male?
A sessant’anni dalla fine della guerra, dai suoi orrori, le sue stragi, i suoi genocidi sentiamo il bisogno di rivisitare ufficialmente quel tragico periodo. E, come se non si trattasse di vicende della metà del secolo scorso, scopriamo che continuano ad infuocare gli animi e le polemiche, e che ciascuno ha una sua verità da proclamare, migliore di quella altrui.
Invece la storia è una sola, ed è ciò che è successo, preceduto da ciò che l’ha provocato e seguito da quanto è avvenuto in conseguenza.
Il problema è dunque la ricostruzione nuda e cruda dei fatti. Finora è stata fatta più dai politici che dagli storici. I primi sono sempre di parte, i secondi se non hanno padroni né interessi considerano allo stesso modo vincitori e vinti, non pensano che ci siano buoni e cattivi, dalla parte giusta o da quella sbagliata, ma considerano soltanto i fatti.
Per tanti anni le celebrazioni hanno avuto il loro contrapposto e ad ogni commemorazione c’è chi ha commemorato altre vittime, chi ha ricordato a soggetto e chi ha dimenticato per opportunità. Chiediamoci se senza alcun sconto morale alle pesanti responsabilità per le atrocità non sia finalmente venuto il momento di celebrare qualcosa tutti insieme, e riscrivere la storia, quella vera. E parlare liberamente di adunate oceaniche, di strade asfaltate e bonifiche dell’Agro Pontino, e di impero coloniale e poi di scellerate alleanze e di voglia di un posto al sole e di un posto in prima linea, di soldati mandati a morire lontano, di collasso del regime, di guerra civile e voglia di riscatto.
E poi di stragi, persecuzioni, genocidi e foibe e martiri per considerare tutto alla luce della storia che deve spiegarci come eravamo e non può essere usata in chiave giudiziaria per assolvere o condannare. Forse i figli e i nipoti di chi ha combattuto dalla parte giusta sono migliori di quelli del padre che fu dalla parte sbagliata ? E come possono affrontare insieme il futuro se i nonni e i padri continuano a rinfacciarsi il passato?
Ben venga la Giornata della memoria se un popolo intero vi si riconosce. Pare invece, vorremmo tanto sbagliarci, che la giornata della memoria ancora una volta sia servita più a dividere che ad avvicinare, e che non sia stata tanto diversa dal già visto perché è stata celebrata ancora per schieramenti, con qualche dimenticanza. Non resta che sperare nell’anno prossimo, chissà
Intanto noi continuiamo ad onorare tutti i Caduti, per non dimenticare ma guardando ai giovani e al futuro.