Guerre e schermaglie

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    La frase sempre la stessa: I miei migliori auguri per un felice anno nuovo. Purtroppo ben difficilmente i fatti confermano le parole e gli anni scorrono
    quasi mai confortati da una pace generale o da tranquilli periodi di distensione. Il 2002 mi sembra iniziato addirittura sotto i peggiori auspici; d’accordo che ci siamo trascinati dietro tutti i problemi irrisolti dell’anno precedente, scoppiati, stranamente, nell’ultimo quadrimestre: in Afghanistan si continua a bombardare, talvolta anche con bombe non proprio intelligenti. Nel frattempo il super ricercato, per il quale stato scatenato il conflitto, tuttora uccel di bosco e, verosimilmente, si sta facendo beffe degli occidentali.
    In Argentina la crisi politica ed economica sta sbranando quella nazione senza che se ne possa vedere una via d’uscita: sintomatico che, in una settimana, si siano avvicendati alla presidenza ben cinque uomini politici. Intendiamoci: l’Argentina ci ha abituati a questo suo continuo oscillare tra rivoluzioni e periodi di democrazia; una sua caratteristica ma, considerata la sua potenzialit in fatto di risorse economiche, si rimane amareggiati nel constatare quel che potrebbe essere ma che non a causa di una cattiva, se non pessima, conduzione della cosa pubblica. Ci d’obbligo pensare ai tanti nostri connazionali
    costretti a convivere con quell’ambiente di instabilit politica e con una finanza sempre prossima al tracollo dopo che per generazioni, attraverso duri sacrifici e pesanti fatiche, hanno cercato un paradiso che non mai decollato; i nostri alpini, ai quali va tutto il nostro affetto, ne sono un lampante esempio. In Palestina il conflitto tra arabi ed israeliani non accenna a finire: duri gli uni, pi intransigenti gli altri. Le ripicche non si contano, addirittura al massimo vertice con Sharon che fa i dispetti ad Arafat: una cosa che sarebbe comica e puerile se non ne andassero di mezzo giornalmente esseri umani dell’una e dell’altra parte.
    India e Pakistan sono ai ferri corti per una questione territoriale: a chi spetta il Kashmir?A me o a te?Nell’attesa ci si diverte, in questa guerra non dichiarata, a sparacchiarsi vicendevolmente provocando ogni tanto qualche morto fra gli opposti eserciti; roba da poco, tranne che per gli interessati. Ferri corti dicevamo: ma attenzione, sono ferri s corti, ma potenzialmente nucleari.
    In mezzo a tanto trambusto una nota positiva: l’Unione Europea ha salutato l’avvento dell’euro con contenuto e signorile entusiasmo, ben espresso dai vari governanti; non tutte e quindici le Nazioni naturalmente, ma solo dodici: lo spirito di borgata e le diffidenze sono dure da sconfiggere. Ma anche fra i dodici occorre fare un distinguo: manco a dirlo, l’Italia ha assunto un atteggiamento, diciamo cos, distaccato.
    Nel discorso di fine anno il presidente Ciampi ha giustamente sottolineato l’importanza del momento storico: per la prima volta un gruppo di Nazioni liberamente rinunciava alla propria moneta, senza imposizioni, per darsi una moneta comune. Non sono mancate tuttavia voci di altro tenore, di quanti si
    interrogano sul ruolo dell’Italia nella Comunit, alla quale vengono delegate quote parti sempre maggiori della nostra sovranit. Cos come tanti si interrogano sul ruolo della nostra Forza Armata in un esercito europeo che fatalmente condizioner e liveller caratteristiche e tradizioni.
    L’euro una realt: potr piacere o no, potr essere fonte di problemi di pratico utilizzo al supermercato, potr mettere in crisi gli appartenenti alla mia generazione, ma occorre convincersi che esso rappresenta un passo epocale verso quegli Stati Uniti d’Europa che furono l’ideale dei Padri dell’Unione: De
    Gasperi, Adenauer, Schuman. Ma se usciamo dall’ambito monetario, non possiamo non considerare che l’unione europea l’unione di Stati ciascuno con precise
    tradizioni e storia. Gli Alpini rientrano in queste tradizioni e in questa storia. E sono una moneta alla quale l’Italia non pu e non deve rinunciare.

     

    Cesare Di Dato