Grazie alla naja

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    Giugno, luglio, agosto 1950: campo estivo fra i picchi di Sennes, di Fanes, del Bechei e del Varella, poi nell’Ampezzano e nel Cadore. Al comando di battaglione, dove opero, viene aggregata una postazione del Genio Alpino composta da un sottufficiale e due alpini con relativa radio-ricetrasmittente.

    La vicinanza delle rispettive tende ed i contatti giornalieri fanno si che nasca una amichevole convivenza. Uno di loro, di nome Renato, è di Valdagno, e con lui lego in maniera del tutto particolare. Finite le incombenze giornaliere prettamente militari, sovente lo sorprendo a scrivere lunghe lettere. Poiché la corrispondenza in partenza ed in arrivo passava attraverso l’apposito servizio istituito presso tal comando, ebbi modo di notare che la corrispondenza da e per, era rivolta ad una donna e, fedelmente, sempre la stessa. Qualche anno la naia dopo lo andai a trovare in quel di Valdagno, ospite suo e della sua famiglia che mi accolse con simpatia e un’ospitalità che mai riuscirò a dimenticare. Ebbi finalmente modo di conoscere anche la destinataria di così tanta ed assidua corrispondenza: una bella e sorridente fanciulla che ben meritava tanta attenzione. L’amicizia continuò nel tempo mentre i due, uniti nel matrimonio, misero al mondo un maschietto al quale, con mia grande sorpresa e gioia, venne dato il mio nome: commosso premio di una fraterna amicizia. Trascorsi altri anni, quel bimbo, divenuto adulto, ha compiuto anche lui il suo dovere portando la penna nera e, nel ciclo della vita, a sua volta formato una famiglia. Da quel primo incontro fra le montagne dolomitiche, parecchia acqua è passata sotto i ponti e, nella bellezza di tre famiglie tra figli, nipoti e nipotini, in una allegra brigata, anche noi due ormai “veci”, spesso nel ritrovarci, ci sentivamo più giovani, forgiati da quella antica “naja” che non conosceva tramonto. Ma ecco all’improvviso giungere un tristissimo annuncio che ha paralizzato cuore e mente: quel caro compagno ed amico, a causa di un incidente, ci ha lasciati in un disperato dolore, ma quei sentimenti e quei ricordi sono ancora qui, vivi, nel segno di quella fraterna amicizia nata fra le montagne. Quando Iddio vorrà, ci si ritroverà in quel Paradiso dove tutti gli alpini riposano, e sarà di nuovo un abbraccio.

    Franco Pedroletti – Induno Olona (VA)

    Questa lettera ci giunge a seguito del nostro servizio sulla bellezza di ritrovarsi tra alpini dopo tanti anni. Ed è una lettera che ci racconta la storia bella di un’amicizia. È vero che non ogni amicizia si equivale, ma quando essa è vera e profonda è come una specie di amore liberato dalla sessualità. E la fine imprevista e prematura che mette a tacere questo dialogo umano è una lacerazione che prova solo chi sa cosa vuol dire essere autenticamente amici.