Mi vado chiedendo se ho davvero motivo di compiacermi per il successo di questa nostra grande famiglia alpina che un gruppo di amici reduci dalle trincee hanno creato: sarebbe il legittimo compiacimento dei genitori che riconoscono la buona riuscita della loro creatura. Eppure allora tutto ci è sembrato tanto facile. Eravamo ritornati dal fronte da poche settimane appena, non avevamo ancora rivestito gli abiti borghesi, ma ci sentivamo orgogliosi del dovere compiuto e del contributo prestato al duro conseguimento della Vittoria, e provavamo la fierezza di rappresentare anche lo spirito dei nostri compagni che avevamo lasciati per sempre lassù .
Ci siamo messi all’opera senza esitazioni. E, fin da principio, abbiamo saputo imporci per la nostra serietà, mentre nella piazza già si scatenavano schiamazzando le fazioni politiche: abbiamo attraversato, indenni, tempi burrascosi, abbiamo saputo farci rispettare e, fors’anche, invidiare. È un luogo comune sentirci dire: Per voi, Alpini, questo vostro intimo sodalizio di spirito che costituisce ‘la famiglia’ è cosa naturale .
È vero: nondimeno anche per noi anziani è cosa stupefacente constatare il successo grandioso conseguito dall’A.N.A. nei suoi primi cinquant’anni. Il merito, o piuttosto la novità, è stato di aver introdotto nella nuova organizzazione il concetto della sua continuità, così che gli anziani lascino ai giovani un’eredita che non deve estinguersi. Vecchi e giovani di questa nostra famiglia derivano da un unico ceppo: la loro origine si ritrova fra le montagne. Le valli, i paesini, le tradizioni, i dialetti, le cante: e l’orizzonte della Patria è quello stesso del loro villaggio, chiuso fra picchi rocciosi e distese di ghiacci, fasciati giù giù dalle abetaie e dai pascoli cosparsi di fienili.
Questo spirito i giovani alpini hanno dimostrato di aver saputo conservare intatto, pur rinnovandosi secondo i tempi: è questo un grande conforto per noi anziani. Essi hanno seguito la via da noi tracciata ed hanno anche dimostrato di sapere fare di più e di voler fare di meglio. Sia data loro lode. Ve lo dice semplicemente ma sentitamente questo vecchio alpino che sente di rappresentare ancora i suoi pochi compagni di allora. Avanti dunque, per la nostra cara Italia.
Arturo Andreoletti
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Pubblicato sul numero di luglio agosto 2009 de L’Alpino.