Due alpini neo congedati

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    Queste che pubblichiamo sono due storie che scorrono parallele lungo l’asse della più genuina alpinità. Ci fa anche piacere che i protagonisti siano tre giovani, due alpini neocongedati, il terzo aspirante alpino, nonostante abbia già svolto il servizio militare come VFA in un reggimento non alpino. Ci fa piacere, perché in momenti in cui si sente troppo spesso chiedere quale sarà il futuro dell’Associazione questi giovani, senza tanto chiasso, dimostrano a tanti quanto sia forte lo spirito alpino, tanto da non temere affatto per il futuro nonostante la sospensione della leva. Del resto, il futuro sarà proprio dei giovani, di Fabiano, Mauro e Marco, i protagonisti delle storie che vi raccontiamo. La prima l’ha scritta lo stesso Fabiano, fresco di congedo ma ben deciso col suo amico Mauro a tornare a casa ancora con la divisa addosso. Tornare da alpini: a piedi, cappello in testa e zaino sulle spalle. Il suo racconto è una boccata d’aria fresca. Ve lo proponiamo senza toccargli una virgola.

    DI FABIANO FOLCIO (GRUPPO DI GIUSSANO)

    Il mio servizio militare svolto come VFA nella 63ª compagnia alpieri a Dobbiaco è terminato. Ci consegnano il congedo, strette di mano, foto di rito sotto la bandiera. Si torna per l’ultima volta nelle camerate a prendere le borse; anche lì le ultime foto con gli amici e qualche schiamazzo. Ci si saluta con quella gioia mista a tristezza che tutti abbiamo provato il giorno del congedo.

    Qualcuno si mette in civile , molti altri preferiscono tenersi addosso l’uniforme ancora per qualche ora, per tornare a casa fieri di aver servito la Patria negli alpini e orgogliosi di farlo vedere alla gente del proprio paese. Io e Mauro ci affrettiamo, consegnamo le nostre borse ad un amico di Busto Arsizio e ci mettiamo qualcosa di più comodo, la nostra naja non è ancora finita. Abbiamo deciso di tornare a casa all’alpina, zaino in spalla e cappello in testa. Attraverso la Val Pusteria, Bolzano, il Passo della Mendola, giù per la Val di Non e poi ancora per la Val di Sole e il Passo del Tonale.

    Emozionante rivedere la caserma del Tonale dove a luglio dello stesso anno ero stato per partecipare al pellegrinaggio in Adamello. Scendiamo fino a Edolo e poi di nuovo la salita fino al Passo dell’Aprica, giù di corsa in mezzo ai boschi per tagliare il tornantone che scende fino alla provinciale che attraversa la Valtellina, per poi arrivare a Colico e percorrere il sentiero del viandante fino a Bellano. Vediamo il monte San Primo, le Grigne e i Corni di Canzo, le nostre piccole montagne di casa, e pensiamo alle più maestose Dolomiti della naja, le Tre Cime, la Croda Rossa e Cima Nove, che tutte le mattine si stagliava maestosa dietro la bandiera appena issata. Ormai siamo a casa, arrivare a Giussano in macchina ci vorrebbe meno di mezzora, a piedi e sotto l’acqua battente di fine ottobre è esattamente un giorno di cammino, ma l’ultimo passa velocemente. In baita a Giussano già qualcuno ci aspetta con degli striscioni e il Tricolore alto sul pennone, ma per ora dobbiamo proseguire.

    Mauro è di Cesano Maderno, un’altra ora di cammino; ci mettiamo gli zaini e via si riparte. Ormai camminiamo tranquilli, nonostante i dolori il passo è sicuro, le strade sono conosciute e non abbiamo più bisogno di cartine e stradari. Ripensiamo al nostro viaggio ormai giunto alla fine, alle persone incontrate, ai colpi di clacson degli automobilisti attratti dal cappello e alla genuina generosità di chi ci ha offerto una mela o un grappino volante , al caldo delle stufe di chi ci ha ospitato in casa per un caffè mentre fuori nevicava, agli amici che abitano lungo il percorso e a quelli incontrati per caso, come il nostro capitano, assente dalla compagnia da due mesi per motivi militari , che abbiamo incrociato fuori Bolzano mentre tornava dall’ultima prova delle selezioni.

    Si è fermato su uno spartitraffico e ci è venuto incontro. Invece del solito saluto militare, ci siamo abbracciati. Grazie capitano, grazie a tutti coloro che hanno reso speciale la mia naja, i miei superiori, gli sten., i cosiddetti nonni, ma soprattutto i commilitoni con cui ho vissuto per un anno spalla a spalla. La sera, nella baita di Giussano, c’è tutto il gruppo che ci saluta, ora la nostra naja, è davvero finita, purtroppo mi verrebbe da dire, ma la vita dell’alpino non finisce con il congedo. Abbiamo un’Associazione aperta a 360º dallo sport, alla beneficenza, dalle bivaccate davanti al camino, alle serate culturali, dalla castagnata in piazza, alla Protezione civile. Crediamoci, anche se la leva è andata in congedo, crediamoci!