Da Bari un richiamo alla Memoria e all'Unità

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    Il Sacrario di Bari dei Caduti d’Oltremare è situato in una posizione suggestiva, a fronte del mare Adriatico, rivolto verso i Balcani da dove sono rientrate tante delle 76.000 salme che lì riposano dal 1967, anno dell’inaugurazione. Di queste, 192 sono medaglie d’oro, 334 d’argento, 629 e 624 rispettivamente di bronzo e croci al V.M.. La moderna costruzione si presenta abbellita da una grande scalinata che evidenzia un sontuoso pronao, sormontato da un’alta stele dominata da una croce. Linee sobrie, essenziali, per niente trionfalistiche come accade talvolta in analoghi cimiteri di guerra, dove i progettisti hanno voluto esaltare il significato eroico della morte per la Patria.

    Qui i grandi saloni sono stati disegnati per dare una dignitosa dimora ai resti mortali di tanti giovani che in nome del dovere hanno speso la loro giovinezza per l’Italia, in terre lontane. L’identità di circa trentamila Caduti noti, più di quaranta mila ignoti e quasi seimila noti ma non identificati, è facilmente individuabile nelle ampie pareti dei colombari , brutto termine per indicare le celle funerarie e nelle grandi lastre di porfido che racchiudono quelli che hanno solo un nome.

    I moduli ripetono gli schemi di tutti i sacrari, ma qui si ha una sintesi inquietante dei tanti teatri di guerra nei quali è stato impegnato il soldato italiano nei primi ottant’anni del Regno: Jugoslavia, Albania, Grecia, Egeo, Africa Settentrionale (Libia, Egitto), Orientale (Eritrea, Etiopia, Somalia), Marocco, Tunisia, Algeria. Mancano ovviamente quelli d’Europa. Per questo il CDN ha deciso di partecipare in forma solenne, come avviene ogni cinque anni, presente il Labaro, alla cerimonia della prima domenica di ottobre, organizzata dalla sezione di Bari in memoria anche dei ventimila alpini che lì riposano.

    Nel pomeriggio di sabato 6, il presidente nazionale Corrado Perona, accompagnato dai vice presidenti Gentili e Rossi, dai consiglieri Casini, Botter, Nebiolo, Lavizzari, Gazzola, Capannolo, Bertino, Balleri, e dai revisori Cadore, Sosello, Baiesi, ha scortato il Labaro nel suo ingresso sull’ampio cortile del Sacrario per l’alzabandiera e la deposizione di una corona. A rendere gli onori c’erano il sindaco di Bari Michele Emiliano, il gen. Carmine Del Sorbo del Comando Militare Esercito Puglia , il presidente della sezione A.N.A., gen. Antonino Cassotta, la fanfara Valchiese di Gavardo (sez. di Salò), una trentina di vessilli provenienti da tutta Italia, Sicilia e Sardegna comprese.

    Alpini e cittadini hanno assistito con commozione alla breve cerimonia e alla messa celebrata dal cappellano militare della 3a regione aerea mons. Sabino Scarcelli. Nella sua omelia il presule ha interpretato, alla luce delle parole del vangelo, il significato della presenza in quel luogo di tante persone nel segno della pietà cristiana e del ricordo. Sono seguiti gli interventi del sindaco, che ha ricordato come il sacrario sia per la sua città una testimonianza importante sotto il profilo storico e morale. Ha concluso riaffermando con forza che è necessario salvaguardare il culto dei Caduti quale esempio per le future generazioni.

    Il presidente Perona ha ribadito ancora una volta che la nostra associazione ha nella sua tradizione, fin dal primo raduno sull’Ortigara nel 1920, il culto della memoria, perché è su quella che poggia la storia del nostro Paese. A seguire, breve incontro in municipio con il vice sindaco Martinelli, scambio di doni e stupita ammirazione da parte della delegazione presente per la magnificenza della sede municipale, testimonianza architettonica importante del primo Ottocento, con un bel ritratto dell’imperioso Gioacchino Murat che domina quasi un’intera parete del fastoso ufficio del sindaco.

    La sera, nella splendida cattedrale dalle ampie navate segnate dall’influenza del dominio bizantino, i cori Stella Alpina di Bari e Monte Suello, Salò, si sono alternati con un programma che ha entusiasmato il folto pubblico. Con una marcata preferenza per De Marzi, il programma ha fatto rivivere emozioni e commozioni, proponendo le cante più popolari del repertorio alpino, scaturite dalla semplicità e dalla genuinità di sentimenti che restano radicati nel fondo dell’animo umano a dispetto del cambiamento dei tempi. In località Pane e Pomodoro, sul lungomare, la sezione Abruzzi, presente con il suo presidente gen. Antonio Purificati e una massiccia componente dei suoi alpini, ha allestito tendone e cucina, fornendo, per la durata della manifestazione, pasti a centinaia di convenuti e autorità.

    Domenica 7, alle 9,45, sull’incantevole Rotonda situata a metà strada del lungomare a sud della città, abbellita da dodici getti d’acqua e da una vegetazione ancora piena di vigore, l’alzabandiera. Non è stata una cerimonia di routine, scontata. Presente un picchetto armato con plotoni dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica, dei Carabinieri, della Finanza e anche un gruppetto di alpini con un sottotenente, tutti originari della Puglia e in forza all’8º reggimento di Cividale, con la banda militare che intonava l’Inno di Mameli, in contemporanea con le città di Trieste, Venezia, come accade da tanti anni, la prima domenica di ottobre, quel rito simbolico ricordava i sacrifici di tutti quelli che hanno contribuito a realizzare l’unità d’Italia.

    Subito dopo c’è stato un simpatico duello tra la banda ufficiale e quella di Gavardo, anch’essa perfettamente schierata, a suon di marce e brani popolari, conclusosi senza vincitori. Poco prima delle 11, gonfaloni e Labaro in testa, partenza della sfilata. Il percorso, attraverso la parte più bella della città, ha portato gli alpini lungo lo spettacolare viale del quartiere muratiano, affiancato da begli edifici ottocenteschi, imponenti filari di palme, accolti da un pubblico che s’infittiva all’approssimarsi della tribuna.

    I vessilli sezionali, tra questi anche Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Svizzera, gagliardetti, reduci, sono stati salutati con calore dalle numerose autorità e dalla simpatia dei baresi, che chiedevano ripetutamente se si trattava di una nuova edizione dell’adunata del’93. Il presidente Perona, da tempo impegnato in un’azione costante di stimolo nei confronti dei giovani del Sud, considerati una risorsa importante da inserire convenientemente nella nostra Associazione, era visibilmente soddisfatto e trasmetteva una carica di entusiasmo ai suoi alpini, sempre uguali e sempre diversi, dal Brennero all’estremità dello Stivale. (v.b.)