“Cuneense, andouma prou!”, avanti!

    0
    139

    Venerdì 13 gennaio ore 14: dalla stazione di Ceva inizia il viaggio lungo la linea ferroviaria Ceva-Ormea, sulle tracce della tradotta che se andò con tanti giovani dell’Alta Val Tanaro per la tragica Campagna di Russia. L’iniziativa ha aperto il fine settimana dedicato, in collaborazione con il Comune, al 69° anniversario della battaglia di Nowo Postojalowka del gennaio 1943, che segnò il calvario della Divisione Martire.

     

    Il viaggio di andata e ritorno in treno sulle tracce di quella tradotta è ritornato nelle lettere, lette durante il viaggio, inviate dal fronte da alcuni di quegli alpini. Ogni anno le quattro Sezioni della provincia, Cuneo, Saluzzo, Mondovì e Ceva, ricordano l’anniversario del tragico ripiegamento dalla Russia e gli oltre 15.000 Caduti della Cuneense e quelli delle altre Divisioni tra cui il battaglione Ceva, annientato in Russia.

    Un anniversario particolarmente vivo nel cuore della gente, perché non c’è famiglia che non abbia ancor oggi il ricordo di Nowo Postojalowka, una ferita rimasta sempre aperta. Alle 21, nella biblioteca di Ceva, proiezione del video “Sulle rive del Don” e presentazione dei libri di Romano Nicolino “Russia, inverno 43 testimonianze di 6 reduci sulla loro odissea” e di Angelo Bagnasco “Anno 1942 dalla Russia con…”; alla fine dibattito.

    Sabato sera, presso il teatro Marenco, serata con la corale Penne Nere della Valle Bormida e fanfara sezionale, premiazione dei disegni degli alunni delle scuole medie di Ceva, consegna degli attestati ai volontari che hanno partecipato alle operazioni in soccorso dei terremotati in Abruzzo nel 2009, consegna al museo della città di Ceva della valigia dell’alpino Luigi Odasso, tornato a casa, nella valle di Valcasotto, dopo due anni di prigionia in Russia: le sue condizioni erano tali che la madre non l’aveva riconosciuto, tanto era debilitato.

    Domenica mattina alle 9 inizia l’ammassamento di migliaia di alpini, giunti anche dalla Liguria e dalla Lombardia. C’è il presidente nazionale Perona con il vice presidente nazionale Bertino e i consiglieri nazionali Duretto, Gatti, Greco, Lavizzari e Superina. E poi tanti gonfaloni con i sindaci delle città della provincia e non solo, decine di vessilli con i rispettivi presidenti e un mare di gagliardetti. Fra le rappresentanze militari il comandante del 1° reggimento artiglieria da montagna di Fossano, col. Aldo Costigliolo e il comandante del btg. Saluzzo, ten. col. Andrea Menta. C’è un drappello di alpini in vecchie uniformi che segue il passo con gli scarponi chiodati, come allora, marciano le crocerossine, segue il pullmino della Protezione civile che trasporta gli ultimi reduci, il cui passaggio viene sottolineato dagli applausi. È un momento di commozione, che si ripete quando scendono davanti al Duomo per salire la scalinata e partecipare alla Messa celebrata dal cappellano del 2° Alpini, don Cesare.

    Perchè loro il fronte russo, il gelo e la terribile battaglia li hanno vissuti davvero, sulla loro pelle. E ricordano le migliaia di compagni che non sono tornati: il loro simbolo è quel cappello del tenente Giuseppe Navone, portato adagiato su un cuscino a ricordo di tutti quei ragazzi che riposano in terra di Russia. Nei discorsi commemorativi, il sindaco di Ceva Alfredo Vizio, ha rievocato in particolare il sacrificio degli alpini del battaglione Ceva, praticamente annientato durante l’inarrestabile offensiva sovietica. La ricostruzione della tragica Campagna culminata con la battaglia di Nowo Postojalowka è stata fatta dal consigliere nazionale Giovanni Greco, che ha parlato del tentativo di rompere l’accerchiamento da parte dei battaglioni del 2° Alpini (btg. Saluzzo, Borgo San Dalmazzo e Dronero, con il 4° artiglieria da montagna) e del 1° reggimento Alpini (btg. Ceva, Pieve di Teco e Mondovì).

    Fra i personaggi ricordati, il cappellano del Ceva, don Trappo, che accompagnò a Rossosch 1.200 giovani rincalzi dei quali soltanto 46 fecero ritorno a casa; e poi il caporal maggiore Giorgio Corbia, sardo e sanguigno, caposquadra del plotone assaltatori: erano gli alpini che andavano sotto i carri sovietici con le mine magnetiche per farli saltare. Catturato e internato in uno dei terribili campi russi, riuscì a sopravvivere e a tornare in Patria.

    Gianpaolo Daprea