Commemorato il martirio della Cuneense

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    Nel 61° anniversario del sacrificio della Divisione alpina sono convenute a Ceva anche dalla Liguria e dalla Garfagnana 2.500 penne nere.

    DI ADRIANO ROCCI

    Freddo intenso, vento teso e sole hanno caratterizzato climaticamente la celebrazione del 61º anniversario del sacrificio della Divisione Alpina Cuneense a Nowo Postojalowka.
    Fortemente voluta, richiesta e organizzata in ogni dettaglio dalle quattro sezioni dell’Associazione Nazionale Alpini di Cuneo, Ceva, Mondovì e Saluzzo con il patrocinio della Provincia di Cuneo, quest’anno ha avuto luogo il 10 e l’11 gennaio a Ceva, città che dette il nome ad un battaglione del 1º Reggimento Alpini distintosi sul Fronte Russo.
    Gelo e vento, con molta neve a terra, hanno creato il clima giusto per ricordare.
    Già, perché il ricordo dei 12.575 alpini della Divisione martire che non sono tornati (di essi, 5.804 erano cuneesi), la memoria di coloro che caddero, come ha scritto un periodico locale, obbedendo ad un ordine, anche se non condiviso non può, non deve finire.
    Questo era l’assunto di base della celebrazione di quest’anno, come lo era stato l’anno precedente, nella memorabile prima edizione a Cuneo, e costituirà il leitmotiv degli appuntamenti che seguiranno: l’anno venturo a Mondovì e, nel 2006, a Saluzzo.
    I reduci quei pochi che sopravvissero ai durissimi combattimenti contro le preponderanti forze dell’Armata Rossa, tra le anse del Don e le balke ghiacciate della steppa, o che riuscirono a sfuggire alla prigionia in Siberia ed in Asia Centrale sono infatti sempre meno.
    Quei ragazzi di sessant’anni fa come li ha chiamati nel corso di un’intervista televisiva il vice presidente dell’ANA Mauro Romagnoli che ressero all’urto delle agguerrite truppe russe e delle formazioni irregolari che le fiancheggiavano, permettendo ad altre Grandi Unità di defluire verso l’Ovest e la salvezza, che sopportarono con eroica fermezza i bombardamenti continui dell’aviazione delle katiusce e dell’artiglieria, che riuscirono persino a sopravvivere all’inferno per vivi dei campi di concentramento come Oranki o Tambow, ora flettono sotto il peso degli anni e, sempre più numerosi, sempre più rapidamente scompaiono, portando con sé preziose memorie dell’eroismo e dell’umanità delle penne nere cuneesi, ma anche liguri e toscane, in terra russa .
    Come ha affermato il presidente della Provincia di Cuneo Giovanni Quaglia, durante il suo intervento ufficiale in Piazza Vittorio Emanuele: è quindi indispensabile imprimere nella mente delle giovani generazioni le reali dimensioni di quel dramma, umano prima ancora che militare, che sessantuno anni fa si è consumato in Russia, un dramma che ha coinvolto tutta la nostra Patria .
    Lo stesso concetto che il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha espresso nel suo lungo, affettuoso telegramma di adesione.
    E di giovani, di ragazzi, di bambini delle scuole di Ceva (fondamentale, anche su questo punto, si è rivelata l’interazione fra il sindaco della città, l’alpino Alfredo Vizio, ed il presidente della sezione ANA, Massimo Gula) ne sono stati condotti molti ad assistere ai momenti più importanti di quello che si è rivelato un rito collettivo intenso e partecipato, la riaffermazione dell’attaccamento della comunità cebana alle proprie memorie più dolorose e più sacre.
    Davanti al monumento che ricorda i Caduti d’ogni guerra, nel primo pomeriggio del sabato, durante l’alzabandiera e la deposizione della corona d’alloro, era tutto un fiorire di piccole bandiere tricolori sventolate da ragazzi e ragazze, compostissimi e consapevoli. E così pure, poco più tardi, lungo il Tanaro, dove la pietà dei superstiti ha dedicato un monumento agli alpini che non sono tornati più a baita.
    Adolescenti, ragazzi e fanciulli, di ogni età. Gli stessi che abbiamo ancora incontrato numerosi ed attenti, la sera, nella bomboniera ottocentesca e deliziosamente retró del Teatro Marengo, dove La Corte dei Folli, compagnia teatrale di Fossano, ha presentato con grande passione e con altrettanto impatto emotivo sul pubblico la pièce Talianski Karasciò , dedicata proprio alla memoria e per la memoria degli alpini della Cuneense.
    Gli stessi giovanissimi che, con molto intensità, la mattina seguente, avrebbero fatto ala, insieme con i loro genitori ed i loro insegnanti, alla sfilata per le vie cittadine delle oltre 2.500 penne nere in congedo, convenute anche dalla Liguria e dalla Garfagnana nella piccola capitale della Val Tanaro.
    Con loro, hanno sfilato i gonfaloni della Provincia e di 30 Comuni della Granda , molti dei quali decorati al Valore Militare, 50 sindaci (anche tra loro, numerosi gli alpini in congedo), i rappresentanti delle Forze Armate e delle altre associazioni d’Arma, il Labaro dell’ANA scortato dal vice presidente Romagnoli e dai consiglieri Canova, Bionaz, Nichele, Rocci, Sonzogni, 24 vessilli sezionali, 122 gagliardetti di gruppo. Nel Duomo, il vescovo mons. Pacomio, ha concelebrato la solenne messa di suffragio con il cappellano militare degli alpini e reduce della Cuneense don Rinaldo Trappo, brillantissimo e pronto nonostante i suoi 87 anni, con mons. Salvatico, cappellano dell’Aeronautica Militare e con il parroco di Ceva, don Tarò.
    Nei primi banchi, accanto alla rappresentanza dell’ANA (molti anche i presidenti di sezione) e ad autorità politiche come il sottosegretario Delfino e l’europarlamentare Raffaele Costa, c’era anche il comandante della Taurinense, brig. gen. Giuseppino Vaccino, che, nel saluto ufficiale, aveva evidenziato il senso di continuità, nel nome dell’arduo dovere per la Patria, che lega gli alpini d’ogni tempo e rende le penne nere in armi, in missione di pace, schierate all’estero eredi spirituali dei combattenti del Fronte Russo.