Ci sei o ci fai?

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    Non ho ancora capito se ci sei o se ci fai. Rispondendo a quell’ingenuotto di Gian Paolo Cazzago che dice cose scontate, politicamente corrette (usando, come si dice ora, il linguaggio populista!). Non ti è passato per la testa che magari si senta in dovere di farlo con il cappello alpino perché con il nostro dire lo abbiamo educato male? A incominciare da te stesso quando, sulla stessa pagina, rispondi a Renato Dorna e, con il punto interrogativo, chiedi se fu tradimento.

     

    Lo sai bene, perché hai studiato, che se non tradimento fu slealtà. Vogliamo far finta di niente, omettendo che avevamo firmato ben tre trattati di non aggressione con il “nemico”? Vogliamo spiegare le ragioni per le quali siamo entrati in guerra un anno dopo gli altri? Continuando nella serie: lo dico a te che sei prete, perché scrivi e lasci scrivere che i nostri “martiri” di Russia, Grecia o Africa, sono morti per rendere libera l’Italia? Lo sai bene che tutte le guerre che abbiamo fatto sono state guerre d’aggressione. Lo sai bene che non solo bisogna ricordare i nostri Caduti e onorarli, ma bisogna chieder loro perdono in ginocchio. Per gli errori commessi nel corso della storia, Santa Romana Chiesa lo ha fatto con ben tre Pontefici. Allora ti ripeto: Ci sei? Fai il “naione”? O ci fai? Reciti anche tu il “politicamente militarmente corretto”? Fermo restante: right or wrong, it’s my country (giusto o sbagliato è il mio Paese). Viva gli Alpini.

    Renato Sartor

    Caro Renato, che spasso leggerti. Grazie. Passo subito a chiarire il tuo dubbio amletico, quando mi chiedi: ci sei o ci fai? Ci sono, ci sono, amico mio. Avresti dovuto capirlo da cinque anni, tanti sono da quando ho preso la direzione de L’Alpino. Recitare la parte del tontolone, senza esserlo, domanda di avere certezze e ragionare diversamente da esse, per ragioni di opportunismo vario. Ma è una parte che non mi riesce, perché io non ho certezze, quelle che hai tu. E non sono neppure un opportunista, che parla in un certo modo per salvare le terga. Per cui ne deduco che tontolone lo sono di natura. Non ho certezze prima di tutto. A Gian Paolo Cazzago che si lamentava di come è governato male il nostro Paese, manifestando col cappello alpino in testa, io mi limitavo a metterlo in guardia dal non lasciarsi strumentalizzare da qualche partito a caccia di voti. Tu dici invece che fa così perché lo abbiamo educato male. Ma in che cosa lo abbiamo educato male? Nel desiderare un’Italia pulita ed efficiente? Nell’avere degli ideali? E chi lo ha educato male? L’Ana? E allora che ci fai ancora dentro? Sull’entrata in guerra dell’Italia, anche qui io non ho le tue certezze. Mi sono documentato peraltro e ho scoperto che nel patto che legava l’Italia all’impero austroungarico c’era una clausola precisa che imponeva di concordare con l’alleato ogni eventuale dichiarazione di guerra. Non fu così e la guerra in Serbia fu una scelta unilaterale, che lasciava fuori il nostro Paese, sia da un ruolo da protagonista, sia dalle mire espansionistiche dei nostri alleati di allora. E comunque mi risulta che i motivi che portarono ad entrare in guerra contro l’Austria vadano ricercati più a fondo di una semplice questione morale di presunta slealtà. Infine, caro amico, la storia ci insegna a distinguere tra chi della guerra è un ideatore e promotore da chi ne è un esecutore, mandato a combattere in nome della legge. Altrimenti, sarebbe come prendersela coi vigili perché applicano le norme del codice. È per questo motivo che continuo a credere che i nostri militari siano stati dei martiri, che non avevano voglia di fare la guerra e tantomeno di morire. Si trovarono dentro una vicenda più grande di loro, dei loro sogni di buona e povera gente. Ma lo fecero, raggiungendo in non poche circostanze, le vette dell’eroismo. Io la penso così. Ti penso, caro Renato, chino su queste righe, col ghigno beffardo, mentre mi chiedi: ci sei o ci fai? Ci sono, ci sono, caro amico.

    Non ho ancora capito se ci sei o se ci fai. Rispondendo aquell’ingenuotto di Gian Paolo Cazzago che dice cosescontate, politicamente corrette (usando, come si dice ora,il linguaggio populista!). Non ti è passato per la testa chemagari si senta in dovere di farlo con il cappello alpino perchécon il nostro dire lo abbiamo educato male? A incominciareda te stesso quando, sulla stessa pagina, rispondia Renato Dorna e, con il punto interrogativo, chiedi se futradimento. Lo sai bene, perché hai studiato, che se non tradimentofu slealtà. Vogliamo far finta di niente, omettendoche avevamo firmato ben tre trattati di non aggressione conil “nemico”? Vogliamo spiegare le ragioni per le quali siamoentrati in guerra un anno dopo gli altri? Continuando nellaserie: lo dico a te che sei prete, perché scrivi e lasci scrivereche i nostri “martiri” di Russia, Grecia o Africa, sono mortiper rendere libera l’Italia? Lo sai bene che tutte le guerre cheabbiamo fatto sono state guerre d’aggressione. Lo sai beneche non solo bisogna ricordare i nostri Caduti e onorarli,ma bisogna chieder loro perdono in ginocchio. Per gli erroricommessi nel corso della storia, Santa Romana Chiesa loha fatto con ben tre Pontefici. Allora ti ripeto: Ci sei? Faiil “naione”? O ci fai? Reciti anche tu il “politicamente militarmentecorretto”? Fermo restante: right or wrong, it’s mycountry (giusto o sbagliato è il mio Paese). Viva gli Alpini.Renato SartorCaro Renato, che spasso leggerti. Grazie. Passo subito a chiarireil tuo dubbio amletico, quando mi chiedi: ci sei o ci fai? Ci sono,ci sono, amico mio. Avresti dovuto capirlo da cinque anni, tantisono da quando ho preso la direzione de L’Alpino. Recitare laparte del tontolone, senza esserlo, domanda di avere certezze eragionare diversamente da esse, per ragioni di opportunismo vario.Ma è una parte che non mi riesce, perché io non ho certezze,quelle che hai tu. E non sono neppure un opportunista, che parlain un certo modo per salvare le terga. Per cui ne deduco chetontolone lo sono di natura. Non ho certezze prima di tutto. AGian Paolo Cazzago che si lamentava di come è governato maleil nostro Paese, manifestando col cappello alpino in testa, io mi limitavoa metterlo in guardia dal non lasciarsi strumentalizzare daqualche partito a caccia di voti. Tu dici invece che fa così perché loabbiamo educato male. Ma in che cosa lo abbiamo educato male?Nel desiderare un’Italia pulita ed efficiente? Nell’avere degli ideali?E chi lo ha educato male? L’Ana? E allora che ci fai ancoradentro? Sull’entrata in guerra dell’Italia, anche qui io non ho letue certezze. Mi sono documentato peraltro e ho scoperto che nelpatto che legava l’Italia all’impero austroungarico c’era una clausolaprecisa che imponeva di concordare con l’alleato ogni eventualedichiarazione di guerra. Non fu così e la guerra in Serbia fuuna scelta unilaterale, che lasciava fuori il nostro Paese, sia daun ruolo da protagonista, sia dalle mire espansionistiche dei nostrialleati di allora. E comunque mi risulta che i motivi che portaronoad entrare in guerra contro l’Austria vadano ricercati più a fondodi una semplice questione morale di presunta slealtà. Infine, caroamico, la storia ci insegna a distinguere tra chi della guerra è unideatore e promotore da chi ne è un esecutore, mandato a combatterein nome della legge. Altrimenti, sarebbe come prendersela coivigili perché applicano le norme del codice. È per questo motivoche continuo a credere che i nostri militari siano stati dei martiri,che non avevano voglia di fare la guerra e tantomeno di morire.Si trovarono dentro una vicenda più grande di loro, dei loro sognidi buona e povera gente. Ma lo fecero, raggiungendo in non pochecircostanze, le vette dell’eroismo. Io la penso così. Ti penso,caro Renato, chino su queste righe, col ghigno beffardo, mentremi chiedi: ci sei o ci fai? Ci sono, ci sono, caro amico.