C'era una volta, un coro

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    Seguo il venerdì sera una trasmissione di Telelombardia che presenta musica popolare. In un’occasione si è esibita una corale che ho riconosciuto dell’ANA, pur priva del cappello; cantavano benissimo: gorgheggi, voci bianche, variegate modulazioni. Applausi. Ma i canti sono sempre più lontani dai canti della naja: quelli della Grande Guerra, della campagna di Russia, delle vette di Monte Marrone dove vigilavano gli alpini del btg. Piemonte nel 1944. Le corali di oggi stanno travisando quelle struggenti melodie con arrangiamenti elaborati che ne snaturano bellezza e poesia.

    Sergio Pivetta Milano

    Il canto genuino, quello sortito dalle trincee, si è trasformato da virile cantata in leziosa armonia. Mi ricordi Monelli e Novello nel loro magistrale libro, La guerra è bella ma scomoda dove, a pagina 83, dicono le tue stesse cose. La vita scorre implacabile e così mutano i costumi, i modi di vivere e di dire, si rimodella la storia e si perdono le tradizioni. Ricorderai il Silenzio di Ninì Rosso suonato in modo stupendo ma corrotto da parole che non c’entravano per nulla. Perciò ai nostalgici del canto vecchio stile non resta che cantare quasi di nascosto: carbonari del canto alpino.