Bologna e il dramma dei deportati

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    Non vi nascondo che essere presente a Bosovizza, lo scorso 10 febbraio, e rappresentare Bologna, per quella commemorazione che vuole tenere vivo il ricordo delle vittime delle Foibe, per permetterci di non incappare e non più perpetrare future nefandezze atroci, non è stato semplice. Ho un’età nella cui infanzia è sempre stata censurata la storia riguardante le luttuose vicende legate alle Foibe. Per fortuna le verità, anche se pagate a caro prezzo, prima o poi vengono a galla, come la triste realtà di quel treno merci, carico di esseri umani strappati dalle loro terre transitato alla stazione di Bologna il 18 febbraio 1947.

     

    Allora fu offensivamente ed ingiustamente definito, da parte dei ferrovieri che non ne consentirono la fermata per rifocillare ed idratare i deportati compresi di donne e bambini, “treno dei fascisti”, oggi è stato definito “treno della vergogna”. Grazie alla gelida mattinata del febbraio 2018 e quella calorosa stretta di mano, del Presidente degli alpini di Trieste e relativo ringraziamento, ci ha fatto comprendere come quella ferita oltraggiosa inflitta dai bolognesi si sia trasformata in un costruttivo segno di riconciliazione, reciproco rispetto e suggella la consapevolezza di guardare i mezzi che trasportano anime sfortunate con il cuore aperto e non chiuso da pregiudizi, forse dettati sì da umane paure, ma poi stemperate, oltrepassate, da altruistiche e ragionate riflessioni umanitarie.

    Renzo Ronchetti

    Caro amico, c’è stata tanta ipocrisia e opportunismo a fare da coperta al dramma delle Foibe. Oggi ci siamo incamminati verso un percorso di maggiore libertà intellettuale, che ci consente di vedere i fatti nei loro contorni reali. Resta ancora molto da fare, perché c’è sempre qualcuno un po’ manicheo (o strabico?), che vede il bene e il male da una parte sola, ma ormai i muri sono caduti.