Albino Porro: dalla Francia alla Russia, e poi con i partigiani nell’Astigiano

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    Albino Porro ha 93 anni. È nato il 1° marzo 1918 ad Asti e ha trascorso gli anni più belli della sua gioventù sotto le armi. Fu chiamato al servizio militare nel marzo 1939, nel 3° Alpini, battaglione “Fenestrelle”, con sede a Pinerolo.

     

    Quando il 10 giugno 1940 l’Italia dichiarò guerra alla Francia, il battaglione di cui faceva parte ricevette l’ordine di varcare il confine e occupare Abries. Fu in Francia che Albino ebbe il battesimo del fuoco: le raffiche di mitragliatrice, lo scoppio delle granate e i primi compagni morti o feriti. Qualche mese dopo, a fine ottobre 1940, Mussolini volle invadere la Grecia, e gli alpini della Divisione “Taurinense” furono inviati in Albania in sostegno alla “Julia”: erano un migliaio di penne nere e tra questi c’era anche Albino.

    Gli alpini stettero sulle montagne un inverno intero senza alcuna difesa o riparo, sotto un continuo bombardamento dei greci e ogni giorno morti e feriti. Albino venne ferito alla gamba sinistra da una scheggia di mortaio, per fortuna in modo non grave. Tanta fatica e privazioni quando, a metà aprile 1941, bastò l’intervento di una sola divisione corazzata tedesca proveniente dalla Bulgaria per occupare Salonicco, poi Atene; in pochi giorni la Grecia chiese la resa.

    Quella notizia fece felici gli alpini, ma ci fu anche tanta umiliazione e rabbia. Per la “Julia” un’altra avventura doveva incominciare: la Russia. Rimpatriata dalla Grecia, nei primi giorni di marzo 1942 la Divisione proseguì per una località del Friuli e nei giorni che seguirono arrivarono i giovani della classe del ’22 per ricostituire i quadri dei battaglioni. In Russia Albino trascorse mesi dentro rifugi sotto la neve, con un freddo che superava i 35 gradi sottozero, e poi i giorni tragici della ritirata.

    Descrivere gli atti di eroismo, di abnegazione di altruismo da parte degli alpini verso i compagni feriti o congelati è impossibile. Bisogna svelare un significato nuovo sospeso tra l’umano e l’irreale. Sì, perché Albino partì dal Don convinto che bisognava lottare e combattere non per la vittoria, ma per la sopravvivenza. Con determinazione, invocando la “Madonna delle Grazie” cui prima della partenza per la guerra chiese di dargli forza e con fede affrontò pericoli, freddo, fame, sonno, pur di fare ritorno a casa.

    Poi arrivò l’8 settembre 1943. Il fuggi-fuggi dei soldati e il ritorno a casa. Ma per Albino non finì lì. Nel febbraio 1944 ricevette la cartolina precetto con l’ordine di presentarsi al reggimento per far parte della Repubblica di Salò. Albino non si presentò, si unì invece alla brigata partigiana “Giustizia e Libertà” che operava nell’astigiano. Per il suo comportamento e amor patrio la Confederazione Europea dei Combattenti, gli ha conferito l’onorificenza “La Croce di Combattente per la Libertà”.