Afghanistan, uccisi due alpini della Taurinense

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    Ancora bandiere listate a lutto nelle missioni di pace dei nostri militari. Due alpini del 32º reggimento Genio guastatori della brigata Taurinense sono stati uccisi in Afghanistan dallo scoppio di una bomba azionata a distanza la mattina del 17 maggio (alle 6,45 in Italia). Le vittime sono il sergente maggiore Massimiliano Ramadù, 33 anni, di Cisterna di Latina e il caporal maggiore scelto Luigi Pascazio, 25 anni, della provincia di Bari.

    Altri due alpini, il caporal maggiore Gianfranco Scirè, 28 anni, di Casteldaccia (Palermo) e il caporale Cristina Buonacucina, 27enne di Foligno, hanno riportato ferite agli arti inferiori. I quattro genieri alpini erano a bordo di un veicolo blindato Lince che occupava la quarta posizione di un convoglio composto da decine di automezzi di diverse nazionalità, partito da Herat e diretto verso nord, a Bala Murghab.

    Dopo l’attentato i nostri militari sono stati evacuati con gli elicotteri e trasportati all’ospedale da campo di Herat e il giorno successivo i due alpini feriti sono stati trasportati in Europa: il caporale Scirè, che ha riportato la frattura di una tibia, in Italia, mentre il caporale Buonacucina è stata trasferita all’ospedale militare di Ramstein (Germania) dove le è stata ricomposta una frattura vertebrale.

    I feretri dei due alpini della Taurinense, avvolti nel Tricolore, sono stati accolti all’aeroporto militare di Ciampino dal presidente della Repubblica Napolitano. I funerali si sono svolti il 20 maggio nella basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma, alla presenza delle massime cariche dello Stato, dei commilitoni delle vittime e in un’atmosfera di grande tensione emotiva.

    Alla funzione, in rappresentanza dell’Associazione, c’era il Labaro dell’ANA con il presidente nazionale Corrado Perona, il vice presidente Cesare Lavizzari, il delegato dell’ANA a Roma Federico di Marzo e il consigliere nazionale Ornello Capannolo. L’Associazione partecipa al dolore delle famiglie e a quanti volevano bene agli alpini Caduti in Afghanistan. Il sacrificio dei nostri militari non è vano, non solo per l’Afghanistan ma anche per l’Italia e il mondo intero , ha detto all’omelia l’ordinario militare, mons. Vincenzo Pelvi. La missione dei nostri soldati in Afghanistan è una missione di amore .

    A conferma dello spirito di questa missione in Afghanistan va citata una significativa coincidenza: nel momento in cui avveniva l’attentato, una parte del contingente alpino era impegnato nel villaggio di Karokh, a una quarantina di chilometri da Herat, alla posa della prima pietra di un asilo. Porterà il nome dei due alpini caduti.

    Pubblicato sul numero di giugno 2010 de L’Alpino.