Afghanistan: prime operazioni degli alpini

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       Sono ricorsi all’uso delle armi per respingere alcuni terroristi che si avvicinavano al  campo dopo aver lanciato un razzo. (foto ANSA)

     

    Gli alpini della missione Nibbio in Afghanistan hanno impiegato per la prima volta le armi per respingere un attacco alla loro base di Kost. Un evento prevedibile, si potrebbe dire atteso dal momento che i soldati americani, ai quali gli alpini hanno dato il cambio, erano periodicamente oggetto di colpi di artiglieria e raffiche di armi automatiche da parte di commando di terroristi appostati a soli cinque chilometri dal campo, sulle montagne che segnano il confine con il Pakistan.
    Mentre scriviamo, poco prima di andare in stampa con questo numero, l’attenzione del mondo è rivolta a un altro scacchiere, l’Iraq, dove è appena iniziata l’offensiva anglo americana. Una guerra dall’esito incerto e dalle conseguenze ancora indefinite ma certamente destinate a ridisegnare nuovi scenari geopolitici. La missione dei nostri alpini, e degli altri militari italiani che completano il contingente italiano, si fa ancora più difficile per le comprensibili ricadute.
    Il nostro contingente è dislocato in due basi: a Bagram dove è situato il comando della coalizione multinazionale e a Khost, alla base Salerno , così chiamata dagli americani del 505º ai quali gli alpini hanno dato il cambio, appartenenti allo stesso reggimento che il 14 settembre 1943 sbarcò proprio a Salerno, sul litorale della Campania, per liberare l’Italia dalle truppe naziste.
    Dopo alcune settimane di ambientamento, il contingente Nibbio è divenuto ufficialmente operativo sabato 15 marzo scorso, con il passaggio di responsabilità del comando al capo della missione Enduring Freedom, il generale americano Daniel Mc Neil. Comandante del 9º reggimento della Taurinense è il colonnello Claudio Berto, mentre il comandante del contingente italiano è il brigadier generale Giorgio Battisti, che ha ormai una lunga esperienza in Afghanistan e Pakistan.
    A lui spetta il compito di collegamento con il comando della missione a Bagram e vagliare l’aderenza alle regole d’ingaggio degli ordini che giungono dal quartier generale di Enduring Freedom. I compiti assegnati, secondo accordi con il governo italiano, sono quelli di presidio del territorio, interdizione dal Pakistan di guerriglieri talebani e materiale bellico.
    Ricordiamo che nel contingente italiano, oltre agli alpini del 9º reggimento di stanza a L’Aquila, ci sono un plotone di carabinieri della 2ª brigata mobile, una compagnia di trasmettitori dell’11º reggimento di Civitavecchia, una compagnia NBC del 7º reggimento (specialisti nella guerra nucleare,biologica e chimica), tre
    distaccamenti operativi dei paracadutisti d’assalto di Livorno, unità tattiche di supporto di servizi, sanità e commissariato. Fanno parte del contingente anche quattro donne alpino e una paracadutista: il loro compito è di tenere i contatti con le donne afghane e procedere ad eventuali loro perquisizioni.
    Contro la base Salerno vengono periodicamente lanciati razzi da 105 millimetri, di fabbricazione cinese, da terroristi che probabilmente entrano dal Pakistan, percorrono quanto più terreno possibile sulla spianata di cinque chilometri che divide i primi contrafforti dalla base, montano il lanciarazzi, sparano e si allontanano subito. Generalmente il razzo esplode a qualche centinaia di metri dal campo, sembra più un segnale che un vero attacco. Non si sa se i guerriglieri siano talebani o uomini delle irriducibili tribù locali: del locale signore della guerra Gulbuddin Hekmatyar, nemico del presidente afghano Karzai, oppure uomini di Pasha Khan, il capo dei ribelli della tribù Zadran, la più numerosa del territorio.
    Anche contro il campo degli alpini è partito un razzo. Poco dopo, la sentinella della torre ha notato attraverso il suo visore all’infrarosso tre sagome che si stavano avvicinando al campo. Ha sparato dei colpi in aria, poi, visto che gli intrusi continuavano ad avanzare, ha aperto il fuoco. Uno degli assalitori è stato probabilmente ferito, perché è stato trascinato via dai due compagni.
    Non si è trattato di un attacco a sorpresa. Sapevamo ha dichiarato il generale Battisti che sulle montagne si nascondono elementi ostili: gli americani ci avevano avvertito . Quanto alla popolazione locale, ha accolto molto bene gli alpini. A Khost sono stati distribuiti anche generi di prima necessità, inviati dall’Italia attraverso la nostra ambasciata a Kabul.
    Gli alpini e quelli delle altre forze speciali sono veterani di delicate missioni multinazionali: Somalia, Kosovo, Bosnia e Timor Est. Dovunque si sono distinti, si sono fatti apprezzare dalla popolazione. Non è speranza infondata pensare che possa essere così anche in questa difficile e tormentata terra afgana.

     

     

    Alpini a Khost scaricano materiale da campo. (foto ANSA)