ABRUZZI Nell'anima degli Abruzzesi il mito degli Alpini

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    Il gruppo alpini di Paganica, sezione dell’Aquila, si è assunto quest’anno l’onere di organizzare l’adunata sezionale e, a conclusione di tre giornate intense di manifestazioni, bisogna riconoscere che lo ha fatto alla grande. Per essere precisi, tutto è iniziato martedì 29 maggio con l’inaugurazione di una mostra Giovanni Paolo II, il Gran Sasso e gli Alpini ed è proseguito mercoledì 23 con la conferenza stampa per la presentazione del programma delle manifestazioni.

    Con un fitto succedersi di incontri, cerimonie, spettacoli musicali, si è arrivati domenica 3 giugno, con l’adunata e nel tardo pomeriggio lo spegnimento del tripode che per tre giorni ha ravvivato il ricordo dei caduti. Inutile dire che tutte le autorità comunali, provinciali, regionali, fino al presidente del Senato, sono state precettate e non poteva mancare la presenza della sede nazionale, con il vice presidente vicario Ivano Gentili e il consigliere nazionale, nonché delegato alle sezioni all’estero Ornello Capannolo, neanche a dire, abruzzese doc.

    Tutte le relazioni possibili sono state attivate, sia con le autorità costituite che con le sezioni del Centro Sud, senza trascurare Pinzolo, sezione di Trento, il reparto salmerie, il gruppo di Tarzo, sezione di Vittorio Veneto e tanti gruppi provenienti da altre regioni d’Italia. In una parola, una mini adunata nazionale, sotto l’attenta regia dell’onnipresente Mario Ferella, che si è conclusa con una lunga e imponente sfilata attraverso le principali vie della città. Giovedì 31 maggio, la fiamma del tripode dava il via ai momenti della memoria con un fitto succedersi di cerimonie celebrative, tra le quali, venerdì, l’arrivo del vessillo sezionale, la deposizione di corone a Paganica e a Camarda, le conferenze e i concerti del Gruppo Discanto .

    Si è proseguito nella mattinata di sabato ad Assergi, piccolo borgo murato che mostra con sorprendente sobrietà la sua antica storia, con la deposizione di una corona al monumento ai Caduti e il perfezionamento ufficiale del gemellaggio tra i Parchi Adamello Brenta e Gran Sasso Monti della Laga. Presso la prestigiosa sede del più importante dei tre parchi d’Abruzzo, presenti le massime autorità, è stato sottolineato il ruolo importante degli alpini nella tutela della montagna, definita lo scrigno di due tesori irrinunciabili da custodire in modo determinato e intelligente: l’acqua e l’aria. A mezzogiorno, nella piazza di Paganica, spettacolare dimostrazione di un salvataggio in alta montagna da parte della protezione civile.

    Nel Pomeriggio, presso la sala civica del Palazzo Ducale, rinnovo di un originale gemellaggio, patrocinato dal comandante dei vigili urbani di Pinzolo, Leone Loreto, abruzzese, tra due gruppi A.N.A., lontani geograficamente, ma affini in quello spirito alpino che tutto accomuna. In una sala affollatissima, il capogruppo di Pinzolo, Enzo Maffei, il vice presidente vicario della sezione di Trento, Carlo Covi, il capogruppo di Paganica Corradino Palmerini e il presidente della sezione Abruzzi gen. Antonio Purificati, alla presenza del sindaco di Pinzolo, William Bonomi e del presidente della 10ª circoscrizione di Paganica, Giustino Pacifico, hanno solennemente sancito un vincolo di amicizia che da anni lega le due comunità.

    Negli interventi delle autorità presenti è stata condivisa da tutti la necessità di considerare la montagna una risorsa importante da tutelate e da affidare agli alpini che sono, da sempre, una garanzia per la sua salvaguardia e la sua valorizzazione. In serata, presso la chiesa di Santa Maria Assunta, concerto di cori. La Presanella (Trento) con una magistrale interpretazione di un repertorio alpino, l’Associazione Corale del Gran Sasso, in splendidi costumi d’epoca, con una struggente lettura del canto popolare abruzzese e il magnifico gruppo della Portella, che ha acceso un entusiasmo da stadio, infatti giocava in casa, hanno offerto momenti di grande coinvolgimento emotivo. A seguire fino a tarda notte, in Piazza Umberto 1º, il concerto de Gli Amici e altri cori atipici, come da tradizione.

    La sfilata di domenica 3 giugno, pur con un tempo che non prometteva nulla di buono, è stata il degno coronamento di una manifestazione pienamente riuscita. Centoquaranta gagliardetti, per oltre quaranta minuti di blocchi serrati di alpini, al passo scandito da quattro fanfare, che passavano davanti alle tribune, hanno consentito alle autorità il presidente del Senato Franco Marini, col suo cappello di ufficiale della Tridentina, il neo sindaco dell’Aquila Massimo Cialente, la presidente della Provincia Stefania Pezzopane, il rappresentante della Regione con gonfalone, sindaci, ufficiali e militari di toccare con mano quanto forte sia il legame della terra abruzzese con le penne nere.

    Nel suo intervento, dopo la messa celebrata nel parco retrostante il Palazzo Ducale, il celebrante ha esaltato l’umanità che scaturisce dalle sofferenze del soldato e soprattutto del combattente, cui ha fatto eco il presidente Marini, sottolineando la necessità che nell’azione delle associazioni, delle collettività, come dei responsabili delle istituzionali sia sempre posta, come valore assoluto, la centralità dell’uomo.

    Ha concluso Ivano Gentili riaffermando che è indispensabile conservare e perpetuare la tradizione alpina, attingendo dalla montagna, dalla sua gente, dalle tradizioni la linfa vitale per operare sulla scia dei nostri predecessori. Nel prendere commiato dagli amici alpini abruzzesi, tornava insistente una domanda alla quale nessuno finora ha dato una risposta convincente: perché tante persone ogni tanto sentono il bisogno di calcare un vecchio cappello e stiparsi in una qualsiasi piazza d’Italia, dove ci sia un richiamo alpino, per ripetere dei riti sempre eguali, eppure sempre gratificanti, pieni di calore e di entusiasmo?

    I motivi dell’adunata di Paganica erano ben chiari nella testa degli organizzatori: 50º di fondazione del gruppo, intitolato alla medaglia d’argento Mario Rossi, 25º del Coro della Portella, 90º della morte sull’Isonzo del colonnello Francesco Rossi, comandante del Piemonte Reale Cavalleria, Medaglia d’Oro, cui è intitolata la caserma del 9º Alpini, Brigata Taurinense. Tutto questo però non è sufficiente a giustificare l’atmosfera alpina che si respirava a Paganica e in un’area molto estesa dell’Abruzzo. Bandiere, chioschi, striscioni (uno enorme, che ricopriva una superficie di una cinquantina di metri lineari, di marca estera , recitava fin ca go fià W i alpini ), penne nere ovunque.

    È nell’anima degli Abruzzesi che bisogna cercare la spiegazione di un attaccamento così radicato al mito degli alpini. Passa indubbiamente attraverso le vicende di quasi tutte le famiglie che hanno avuto figli col cappello alpino e alcune hanno vissuto nell’angoscia le vicende sconvolgenti dei giovani protagonisti delle inenarrabili vicende del battaglione L’Aquila a Selenj Yar. Ma anche questo non basta.

    È la montagna, la mole gigantesca del Gran Sasso, l’imponente dolcezza della Majella, gli altipiani in parte ancora coltivati secondo le antiche usanze, dure a morire anche in chi da tanti anni ormai li ha abbandonati, che possono offrirci una chiave di lettura più convincente. L’Abruzzese è alpino perché vive ancora la montagna, ne conserva gelosamente le tradizioni, i cibi, il senso di ospitalità e se li tiene dentro con l’intensità dei sentimenti più profondi, come quello della madre o dei momenti lirici della giovinezza.

    Gli restano appiccicati addosso i profili dei monti, i colori dei
    boschi e dei prati, i profumi della terra, a prescindere che viva da sempre nel suo paesello o che sia emigrato in una qualsiasi altra parte del mondo. Scrive il presidente Davide Innamorati della sezione A.N.A. di Adelaide, Australia, in una specie di testamento poetico: Ti ricordo ancora luna abruzzese/ eri solo tu la compagnia delle mie tarde sere/ Ti guardavo, e felice cantavo/Ora qui seduto all’ombra della mia casa lontana/ti ricordo sempre come allora .

    Vittorio Brunello