A Bassano per dire: dove eravamo rimasti?

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    Sono tornati , queste le parole pronunciate, tra l’ammirazione ed il compiacimento, da un gruppetto di signore al passaggio di due giganteschi alpini, nelle vie centrali di Bassano. Certamente sarà loro tornata in mente l’Adunata nazionale del 2008, ancora fresca nei ricordi, con le sue immagini di luce, di festa, di colore. Ed a Bassano gli alpini si sono rivisti, a distanza di due anni, per il raduno del Triveneto. In effetti, già nei giorni precedenti il 18 e 19 settembre si era notato un numero sempre crescente di alpini, che si godevano le vie e le piazze della città, addobbate, come in tutti i paesi limitrofi, con bandiere tricolori.

    In molti casi si trattava di artiglieri da montagna (ma non solo) che, accompagnati spesso da moglie e figli, venivano a rivedere la loro caserma, le loro scuderie, il loro Monte Grappa. Purtroppo, dobbiamo dire, con grande rimpianto, che oggi la situazione è molto diversa da quella che, in particolare, i Gruppi Pieve di Cadore e Lanzo del 6º Artiglieria avevano conosciuto. La caserma è desolatamente chiusa, in attesa di conoscere il suo destino, oggetto delle (dis)attenzioni di burocrati e politici che ne ignorano il glorioso passato. I muli non ci sono più e manca, ad esempio, la famosa (almeno per molti artiglieri) mula Fiacca, il cui conducente si beccò dal capitano Napoli un biglietto di punizione a 4 giorni di cps (alias Hotel Bristol ) per aver battuto la Fiacca .

    Qui, inoltre, dal 1934 al 1943, aveva trovato la sua sede la S.A.U.C.A., scuola allievi ufficiali di complemento alpini. Ricordi: per un attimo, un attimo solo, un senso di vuoto e di sgomento coglie chi a Bassano ha fatto il servizio militare e rivive, mentalmente, quell’esperienza significativa e formativa di vita. Ma Bassano è viva, Bassano è presente, con la sua gente, il suo calore, la sua alpinità che ce la fa sentire vicinissima. Qui si può tranquillamente dire che ogni angolo, ogni monumento, ogni pietra respira aria alpina. Il trinomio Bassano = alpini = Monte Grappa è forte ed inscindibile. Nell’ultimo anno della Grande Guerra il primattore dei fatti bellici, almeno in relazione a Bassano, fu proprio il Monte Grappa. Ed ecco perché la città ed il Sacro Monte sono legati anche nel nome. Pertanto era doveroso salire all’Ossario di Cima Grappa, per rendere omaggio alle salme di 12.615 Caduti italiani e 10.295 austroungarici, che qui riposano.

    Qui combatterono alpini, artiglieri, bersaglieri, fanti di tutte le specialità e di tutte le provenienze. Ed ecco, anche, perché il Grappa vuol essere ed è simbolo dell’unità d’Italia e non può essere spacciato soltanto per patrimonio veneto, come qualcuno vorrebbe far tendenziosamente credere. Armato soltanto di disperato coraggio, dal novembre del 1917 al novembre del 1918, chi combatté sul massiccio espresse innumerevoli atti di valore e sacrificio anche estremo. Lo testimoniano ben 37 medaglie d’Oro conferite, senza contare tutte le altre onorificenze. A dispetto di un sabato di pioggia e freddo tagliente, con un Grappa imbronciato, moltissimi alpini hanno voluto comunque essere presenti alla cerimonia rievocativa.

    Il presidente Perona, nel suo breve intervento, dopo aver menzionato gli incontri del Pasubio, dell’Adamello e dell’Ortigara, svoltisi in giornate di bel tempo, ha tenuto a precisare che questi incontri gli alpini li fanno anche quando sereno non è, non solo in senso meteorologico, perché nessuno deve sottrarsi alla potenza dei ricordi che al Grappa doverosamente conducono . Sulla stessa lunghezza d’onda sono state, all’omelia, le parole pronunciate dal celebrante mons. Paolo Doni, vicario generale della diocesi di Padova.

    Nel corso della Messa sono stati benedetti i resti di un combattente ignoto, recentemente venuti alla luce sulle balze del vicino monte Fontanasecca, dove si combattè per un anno intero, ed una riproduzione della statua della Madonnina del Grappa, che verrà presto portata in Abruzzo dai volontari alpini che stanno completando i lavori della chiesa di Fossa. Il raduno del Triveneto è giunto alla sfilata di domenica 19 settembre dopo una fitta rete di eventi, svoltisi anche nei giorni precedenti: dalla presentazione del libro sui 90 anni della storia della sezione ANA di Bassano (la seconda, per anzianità, fra tutte le Sezioni d’Italia) all’inaugurazione di una stupenda statua all’Alpino (donata da un anonimo) e significativamente collocata nelle immediate vicinanze del palladiano Ponte degli Alpini (il Ponte Vecio, per i bassanesi).

    Non va nemmeno dimenticato il riuscito concerto per il 50º del coro sezionale e la mostra fotografica, a Palazzo Bonaguro, dedicata a tutti coloro che intervennero in soccorso delle popolazioni colpite da due terribili sciagure, quali il Vajont nel 1963 (1910 vittime) ed il terremoto in Friuli nel 1976 (altre 982). Il tempo, tanto inclemente il sabato è stato, invece, altrettanto propizio la domenica. Un bel sole ed una giornata limpidissima hanno voluto dare a Bassano i colori della festa. Il percorso della sfilata comprendeva il passaggio per il mitico Ponte, per piazza Libertà, per viale delle Fosse e lo scioglimento alla caserma Montegrappa, tutti luoghi di fatti significativi nella vita e nella storia di Bassano.

    Tra due ali di folla, ammirata ed entusiasta, sono sfilati migliaia di alpini passando di fronte al Labaro, al presidente Perona, al gen Abrate, al comandante della brigata Julia gen. Bellacicco, a numerose altre autorità militari e civili. C’era un alpino reduce dalla Campagna di Abissinia (anno 1935) e altri dalla Campagna di Russia. C’erano addirittura quattro ultracentenari, c’era chi ha voluto sfilare, pur carico di anni, contando sulle proprie gambe e chi, non potendo, ha dovuto, forzatamente, ricorrere all’ausilio degli automezzi, predisposti per l’occasione. Ma in tutti si notava il medesimo orgoglio, la medesima fierezza. Non sono mancate nemmeno le rappresentanze venute dall’estero.

    Tre ore è durato il passaggio ed al termine, guardandosi in faccia, i bassanesi quasi avrebbero gradito rimanere lì fino a sera, ad ammirare ed applaudire altri ancora.

    Gianni Idrio

    Pubblicato sul numero di ottobre 2010 de L’Alpino.