In riferimento all’impiego di militari nelle città a rischio per l’ordine pubblico, un mio amico, ufficiale in congedo, ha espresso alcuni dubbi che riassumo: con la leva, la quasi totalità dei soldati vedevano il servizio militare come una parentesi nella vita civile e l’esercito manteneva un rapporto molto forte con la parte civile della nazione; con un esercito di soli professionisti si avrà una componente di ufficiali e sottufficiali che hanno scelto la carriera militare per passione, uomini con un senso dello stato e del dovere, e una, in costante aumento, che ha fatto una scelta principalmente per soldi e vedrà il servizio semplicemente come un lavoro; se piazzi i militari per le strade, c’è il pericolo che, alla lunga, alcuni si convincano che la soluzione migliore a dei problemi civili sia dare una risposta militare pericolosa illusione, in combinazione con eventuali governi deboli, o pesanti tagli di bilancio. Secondo me, la storia ci dimostra che siamo usciti indenni da Borghese e dagli anni di piombo e nutro fiducia nei nostri comandanti che sono caratterizzati da forte senso dello Stato e del Dovere.
Alberto Valcareggi Omegna (VB)
Se l’equazione fosse: governo debole = colpo di stato militare, saremmo alla mercé di generali o colonnelli da sessant’anni. Ma il problema che hai posto non può essere liquidato con una battuta. È serio, non tanto per i pericoli che può correre in futuro la nostra fragile democrazia, quanto per la mancanza di un ruolo definito da assegnare all’esercito e l’endemica carenza delle necessarie risorse per metterlo in condizione di essere all’altezza dei compiti che gli si richiedono. Sul nostro mensile si è ripetutamente sottolineato come sia riduttivo pensare alle FF.AA solo in funzione della politica estera. I nostri soldati, in un contesto internazionale complesso e una società mutevole, devono sapere con chiarezza qual è il loro compito. I fatti di Napoli, il bisogno di sicurezza, eventuali emergenze di varia natura dovrebbero indurre a trovare una definizione organica sull’impiego dell’esercito. Tremila militari in tuta mimetica, mandati sulle piazze delle principali città in appoggio di 230.000 professionisti delle forze dell’ordine, non possono improvvisamente farci dormire tranquilli. Ci fa piacere sentire attestati di apprezzamento e di stima nei confronti dei ragazzi in armi da parte della gente, non avevamo dubbi, e ancor più apprezziamo il fatto che chi ci governa senta il bisogno di ricorrere a loro per concorrere alla soluzione di gravi problemi interni. Alla fine però contano i risultati. E questi si ottengono solo con direttive precise, programmi a lungo termine e soprattutto mezzi adeguati. Di golpe, sinceramente, ho difficoltà a vedere rischi.
Pubblicato sul numero di ottobre 2008 de L’Alpino.