Zona franca

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    Rubrica aperta ai lettori.

    IL 67º ANNIVERSARIO DI NIKOLAJEWKA

    Il 24 gennaio è stato celebrato presso il Tempio di Cargnacco un evento che ha rappresentato il tragico epilogo della Campagna di Russia degli alpini della Julia. Una ricorrenza che si ripete in modo semplice e puro fuori dalla retorica di circostanza. La sobria e austera cerimonia, iniziata con l’omaggio floreale alle dodici unità combattenti dell’Armir, proseguita con i discorsi ufficiali delle autorità e consegna di sei piastrini ai famigliari dei Caduti, ha spinto molti tra i più vecchi a rivolgere il pensiero a un parente o un amico di quella lontana tragedia, che si è abbattuta non solo su chi è partito e non è tornato, ma anche sulle famiglie che sono state gettate nello sconforto. Un giovane tenente alpino del sud d’Italia, il primo tra dieci figli, unico avviato al diploma, non ha fatto ritorno e il padre per la disperazione dopo alcuni anni si è tolto la vita. Anche mons. Pietro Brollo, che ha celebrato la Messa, ha ricordato il suo giovane zio disperso, che portava il suo stesso nome. In questo clima di profonda commozione, sullo sfondo il messaggio scritto dai giovani alpini Noi dopo di voi . la gente trova un sentimento di pace e di solidarietà e si conforta nel pensiero che ancora i fatti evocati di Nikolajewka continuano ad essere un esempio per tutti e la ragione per identificarsi nella parte migliore del nostro Paese. Il presidente Corrado Perona nel visitare i luoghi della ritirata ha conosciuto una donna russa la cui madre le diceva di piangere sulle tombe dei Caduti italiani, che non avevano avuto il conforto delle lacrime dei propri cari.

    Valerio Tommaso Giurleo

    QUEL GIORNO A CARGNACCO C’ERO ANCH’IO

    Sono Matteo, uno dei 133 partecipanti al progetto Pianeta difesa 2009. Domenica 24 gennaio ho voluto partecipare alla manifestazione tenutasi a Cargnacco per il 67º anniversario della battaglia di Nikolajewka, in ricordo di quanti hanno dovuto vivere la tragedia della guerra, provare la sofferenza e conoscere le morte. Mio nonno Giovanni Battista è stato uno di quelli. Rientrato in Italia dalla Campagna di Grecia Albania, venne poi dirottato sul fronte russo ove visse le pagine di storia che tutti possiamo oggi leggere comodamente seduti al caldo, nelle nostre case. Ho voluto anche io essere presente a Cargnacco per dirgli: Tu da lassù, vedi che ci sono anch’io con in testa il tuo stesso cappello, simbolo del sacrificio, del dolore e del valore di quanti lo hanno indossato prima di me?Guarda che non dimentico ne te ne i tuoi sacrifici sai? . Degli alpini ho sempre ammirato la volontà e il coraggio spesi per la salvezza della nostra storia da tutti coloro che volevano stravolgerla e annientarla per un proprio tornaconto. Attraverso tali atti ho voluto credere che venisse reso onore a quanti sono passati su questa terra prima di noi, vivendo le vicende che oggi ricordiamo e i valori che oggi difendiamo. E credendo in ciò sono cresciuto; sognando di portare anche io, un giorno, in testa quel cappello che fu di mio nonno e, prima ancora, di suo padre. Oggi, in qualche forma, quel sogno si è realizzato grazie alla determinazione della mia famiglia e all’opportunità offertami dal progetto Pianeta difesa 2009, o mininaja come qualcuno preferisce. Ultimamente però sono rimasto amareggiato proprio dall’atteggiamento di molti alpini che, pur rendendosi conto dell’inesorabile tramonto a cui è destinato il proprio mondo, soprattutto dopo la soppressione della leva obbligatoria, non hanno apprezzato l’opportunità donata di portare avanti tali valori e tali compiti, che così rischiano di finire nel baratro dell’indifferenza all’implacabile avanzata del tempo, che non fa distinzione tra bene e male. Si è alpini dentro. Non importa quanti anni mesi o giorni hai fatto: conta quello che senti nel cuore. I tempi sono cambiati forse in meglio o forse in peggio, a seconda delle personali esperienze quotidiane. Si parla spesso male delle giovani generazioni, attribuendo loro sempre degli aggettivi negativi. Ma se quando queste sono portatrici di valori positivi e sono disposte ad imparare dall’esperienza vissuta dei veci , ma questi le combattono, per ridurle al silenzio, la colpa di certe situazioni spiacevoli di chi è?

    Matteo Lanaro

    PERCHÉ MI SENTO DI NUOVO ALPINO

    Ho cercato negli ultimi anni tue notizie ma solo dopo il raduno di Belluno con la magia di internet sono riuscito a trovare un tuo recapito. Telefonata di risposta. Che emozione! Un rispolveramento di ricordi comuni, la promessa di incontrarci. Perché questa ricerca?Dopo trentacinque anni dal congedo, mi ritrovo da qualche anno a rimettere un cappello. Perché ho cominciato a risentirmi alpino?Perché vado a raduni e Adunate?Perché non mi sento i sessant’anni che invece ho?Perché, queste sensazioni, si sono rincorse nelle ore di dormiveglia che ormai contraddistinguono buona parte delle mie notti e questo fino a quando, forse, hanno avuto quella che potrebbe essere una risposta. Sì, il periodo del servizio militare è stata per quasi tutti noi il nostro periodo eroico . Abbiamo superato lontananze dal nostro mondo, difficoltà di adattamento e apprendimento, molti di noi fatiche incredibili, i disagi delle camerate fredde e dei campi, spesso angherie, a volte inutili umiliazioni, il cibo non sempre adeguato, ordini a volte assurdi o quanto meno incompresi e chi più ne ha più ne metta. Non è stato un periodo né facile né divertente, ma partiti ragazzi siamo tornati uomini. Da uomini abbiamo poi combattuto la battaglia della vita: il lavoro, la famiglia i doveri e gli impegni anche sociali ci hanno preso e fatto in un primo momento accantonare (almeno per me, alpino di quasi pianura) il ricordo di quelli che eravamo stati. Poi il riaffiorare di ricordi che si credevano persi. Ecco allora la frenesia dei contatti da riallacciare, delle persone da cercare, dell’entusiasmo da riscoprire, dei raduni, delle Adunate. Io sono qui, sto bene e tu, chi sei? . Si, c’è anche lui, anche loro! . Siamo in tanti, ci siamo quasi tutti e siamo pronti e ora che ti ho sentito ci sei anche tu, che per me sei ancora il mio capitano! E allora eccomi a rapporto. Agli ordini mio capitano! Il plotone c’è, la compagnia c’è, la brigata c’è non molleremo, Cadore! .

    Flavio Tresoldi Vimercate (MB)