Giovanni, tenace sentinella della montagna e della sua storia

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    Il presidente nazionale Corrado Perona e i componenti della Commissione Premio Fedeltà alla Montagna arrivano in Canal del Ferro, Friuli, venerdì 10 settembre accolti dal presidente della sezione di Udine Dante Soravito. In serata il capogruppo di Arta Terme, Stefano Boemo, un giovane e simpatico maresciallo d’artiglieria da montagna, in servizio attivo nella Julia e quindi in partenza per l’Afghanistan, invita tutti al Ristorante Salon, rinomato per la raffinata cucina curata da un’anziana signora, sua suocera, conosciuta come lady chef del Friuli . La brava cuoca coltiva in un magnifico orto giardino una quantità incredibile di erbe aromatiche che sapientemente utilizza nella confezione dei piatti tipici della vallata. La mattina di sabato vessilli, gagliardetti, alpini ed autorità sono schierati nella piazzetta antistante il monumento ai Caduti di Dogna per l’alzabandiera e la deposizione di una corona.

    Il Labaro fa il suo ingresso sulle note del Trentatré eseguito dalla fanfara della sezione di Udine. Pochi ordini scanditi dal maggiore Rovaris, gran cerimoniere di tutta la manifestazione, e inno nazionale cantato da tutti mentre il Tricolore sale sul pennone. Un impeccabile silenzio ricorda tanti ragazzi che nel fiore della giovinezza su quelle aspre montagne hanno lasciato la vita nel nome dell’Italia. Una strada ripida ma ben tenuta ci porta in meno di mezz’ora al Plan Dei Spadovai per la visita all’attività del premiato. Si passa attraverso un bosco incontaminato di faggi, abeti, larici fino ad un ameno anfiteatro naturale dove Giovanni Compassi, per gli amici Giova, ha realizzato il sogno della sua vita: uno chalet ristorante. Alpino dell’11º raggruppamento di Pontebba, 14º battaglione Val Natisone, emigra per sedici anni in Svizzera. Il lavoro da camionista gli fa alla lunga capire che quella non è la sua vita. Torna a Dogna e mette su una segheria ma viene spazzata via in poche ore da un’alluvione. Sposato con tre figli, un maschio, alpino, e due belle ragazze ricomincia con tenacia ad inseguire un sogno: costruire sui ruderi di una casermetta in alta quota una baita ristoro per gli appassionati della montagna.

    Lassù, in prossimità dell’antico confine con l’Austria, oltre alla bellezza dei boschi, pascoli, picchi rocciosi ci sono importanti testimonianze della prima guerra mondiale. Lì, fino a Caporetto, si sono affrontati reparti italiani, in particolare i battaglioni Gemona e Val Fella, ed austriaci. Trincee di prima e soprattutto seconda linea, alcune recuperate con grande impegno e rigore storico, teleferiche, manufatti e strade militari segnano il territorio un po’ dovunque. Con l’impegno e la caparbietà che caratterizzano l’alpin fat de crest costruisce un edificio ben inserito nel contesto montano e in grado di offrire ospitalità per tutto l’anno. Come da programma segue un breve momento dedicato a Giovanni Compassi con un’interessante illustrazione del contesto ambientale fatta da Claudio Ortolan e un intervento di Luigi Marcon, sindaco di Chiusaforte, che sottolinea come sia possibile anche in zone montane trovare risorse per vivere.

    Renato Taurian, sindaco di Dogna, si compiace invece che per l’assegnazione del premio sia stata individuata un’autentica sentinella di un territorio impervio ma ricco di fascino. Dante Soravito riconosce che la montagna è severa e rude ma non ostile nei confronti di chi la vive con passione, mentre Riccardo Riccardi, assessore regionale afferma che il premiato ci ha dato una lezione di vita. Conclude il presidente Perona manifestando il suo compiacimento per un premio dato ad un alpino che gli ha consentito di tornare sui monti che gli sono cari per averli percorsi durante sei lunghi mesi del suo servizio militare. Si rammarica che la caserma del battaglione Cividale a Chiusaforte sia ormai deserta. Rivolto a Giovanni, esprime la sua ammirazione per la tenacia dimostrata quando l’alluvione in pochi istanti gli ha portato via la sua falegnameria e con la grinta di chi non molla mai non ha aspettato gli aiuti girandosi i pollici ma è tornato con determinazione a vivere in montagna.

    Nel pomeriggio, presso i locali delle scuole di Chiusaforte, si apre un’interessante mostra fotografica sui momenti più significativi della storia militare dell’Italia e del Friuli. Di notevole interesse la documentazione sulla presenza di un forte contingente di soldati cosacchi e più genericamente russi fino a 60.000 su una popolazione di 80.000 a supporto dell’esercito germanico nella lotta contro i partigiani dall’agosto ’44 al maggio ’45, e la storia di Pasqualino Tolmezzo, un neonato salvato dai nostri soldati il giorno di Pasqua del 1913 nel corso di una battaglia in Libia, da cui il nome, e iscritto all’anagrafe col cognome del reparto che lo ha trovato. Quel bambino diventato ufficiale non ha mai potuto avere il comando di un reparto a causa del colore della pelle. Morirà di crepacuore.

    Nella Sala Convegni il presidente Perona, le autorità locali e il sindaco di Chialamberto (Torino) s’incontrano unitamente ai membri della Commissione e del CDN, ai premiati degli anni scorsi, agli alpini convenuti da diverse regioni e ad un folto pubblico per festeggiare Giovanni Compassi. È un momento di fraterna condivisione di sentimenti e di auspici affinchè la montagna sia tutelata e vissuta. Scambio di doni e a seguire una bella esecuzione della fanfara sezionale seguita dalla proiezione di un filmato di eccezionale interesse. La domenica mattina, dopo l’alzabandiera nel cortile della caserma Zucchi, una lunga fila di gonfaloni, vessilli, gagliardetti e tanti alpini accompagnano il Labaro fino alla parrocchiale di Chiusaforte per la Messa. Celebra l’arcivescovo emerito mons. Pietro Brollo. Nel corso dell’omelia ricorda come solidarietà e fraternità, fradis, siano elementi fondanti della vita degli alpini e dei cristiani.

    Con una piacevole sfilata attraverso le vie del paese si torna nel cortile della caserma per la cerimonia della premiazione. Prende la parola il presidente della Commissione, il vice presidente vicario Marco Valditara, per ringraziare i presenti e per invitare tutti a lavorare con la mente e con il cuore allo scopo di favorire chi resta in montagna e ne garantisce il futuro. Eraldo Battistutti, capogruppo di Chiusaforte, evidenzia l’amore e l’attaccamento del premiato alla sua terra, mentre Dante Soravito elogia l’umiltà di Compassi che da buon montanaro è rimasto fedele alle tradizioni e alla montagna.

    Il generale Bellacicco, comandante della brigata Julia, parla dei suoi soldati in partenza per l’Afghanistan ed è convinto che lo spirito di fratellanza che li compatta sarà la loro forza per mantenere alte le tradizioni alpine. Il presidente Perona ricorda come Bertagnolli abbia dato trent’anni fa un impulso decisivo a questo premio affidando ai consiglieri nazionali Innocente, Chies, Morani, Merlini e a lui il compito di istituzionalizzare con un regolamento la selezione dei candidati allo scopo di dare un’anima ad un riconoscimento che deve premiare chi si dedica alla tutela delle montagne.

    Purtroppo le fabbriche hanno spopolato le contrade e ora sono le fabbriche a spopolarsi. Con questa manifestazione vogliamo premiare la comunità, ma soprattutto l’uomo e la sua famiglia per i sacrifici che sopportano per una scelta non priva di sacrifici . Perona ringrazia quindi il capogruppo e ribadisce che la forza dell’ANA viene dai suoi oltre quattromila e trecento gruppi che presidiano il territorio di diverse regioni italiane. Rivolge infine un saluto alla sua Julia’ e augura buona fortuna per la prossima missione in terra afgana. Conclude: Sappiamo a cosa andate incontro . Con la consegna del premio e il passaggio del trofeo dal gruppo di Chialamberto a quello di Chius
    aforte si chiude una giornata di autentica alpinità.

    Vittorio Brunello

    GLI ALTRI CANDIDATI AL PREMIO

    Questi i nomi degli altri candidati al Premio esaminati dalla Commissione nazionale:

    • Nicola Dal Forno, gruppo Pieve di Cadore, sez. Cadore: allevatore e produttore caseario;
    • Mauro Lavagna, gruppo di San Pellegrino, sez. Bergamo: allevatore di bovini da carne;
    • Italo Pedrazzani, gruppo di Cusino, sez. Como: gestore di un rifugio alpino;
    • Renato Costa, gruppo di Spert, sez. Belluno: allevatore e produttore di latte biologico.

    Essi sono stati comunque ritenuti meritevoli di considerazione per le loro attività, di fatto coerenti con lo spirito alpino.

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    I tanti perché del Premio
    La filosofia del Premio: perché l’ANA ha deciso di dare un riconoscimento all’alpino, cioè premiare se stessa?

    Aldo Innocente: Il premio era una cosa terribilmente burocratica: si riempivano delle schede che la commissione leggeva senza neanche guardare in faccia i candidati e il premio veniva consegnato in occasione dell’Assemblea dei delegati, quindi con poco risalto. Quando, con il presidente Bertagnolli, si decise di fare un’altra commissione, vennero scelti 5 componenti (Lino Chies, Aldo Innocente, Sandro Merlini, Gino Morani e Corrado Perona, subentrato a Gianfranco Borsarelli che aveva lavorato in commissione fino alla fine del suo mandato). Si decise che la motivazione del Premio dovesse essere quella di aiutare la montagna nel mantenere gli insediamenti in alta quota, impedendone lo spopolamento (e infatti questo precetto è stato inserito nel primo articolo del nuovo regolamento). Per far ciò l’idea era quella che bisognasse innanzitutto andare a vedere sul posto i soggetti da premiare, cosa facessero e dove lavorassero e che questi dovessero essere un esempio da imitare. È per questo che, oltre al premio in denaro, doveva essere una festa per tutto il paese, in modo da dare risonanza all’evento. Altra caratteristica è che il Premio dovesse avere carattere itinerante tra i Gruppi ANA in modo che potesse toccare Alpi e Appennini, in ogni dove. In quest’ottica si inserisce l’idea che il Gruppo che detiene il premio (la scultura con la radice, n.d.r.) lo portasse via e lo consegnasse l’anno successivo, nel corso di una cerimonia, al nuovo Gruppo cui apparteneva il premiato. Insieme al Premio c’era lo scambio dei prodotti del luogo tra i Gruppi, in modo che ogni premiato portasse i propri prodotti e li facesse conoscere in altre zone del Paese .

    L’obiettivo che vi eravate posti nel corso di questi trent’anni è stato raggiunto ed è andato in crescendo, oppure ha incontrato qualche difficoltà?

    Corrado Perona: È andato in crescendo, perché la partenza è stata subito chiara. Da un’esperienza all’altra ricordo che c’è sempre stata una gran festa. Visti questi risultati, anche la commissione ne traeva maggiore forza e determinazione. Sono stati due i protagonisti in assoluto della riforma: Aldo Innocente e Lino Chies. Merlini e il sottoscritto, sono stati gli ultimi due che hanno chiuso il quintetto e sono stati presi per mano. Il Morani, non lo scopriamo certo oggi, un uomo di grande sostanza e intelletto. Un esempio del lavoro è stato il bozzetto della scultura del Premio: una scelta migliore non poteva esserci: quella radice significava attaccamento. E poi aveva le radici scoperte a significare che essa esiste e che aspira la linfa vitale. Negli anni gli uomini sono cambiati ma Aldo e Lino non hanno mai fatto mancare il loro apporto. Lino ha fatto anche qualcosa di più: ha coinvolto tutti i premiati delle passate edizioni e per anni ha organizzato i pullman per farli incontrare con i nuovi vincitori . La manifestazione ha un impatto con il territorio.

    C’è un ritorno per l’ANA?

    Lino Chies: Direi di sì, tra l’altro la segnalazione arriva dal capogruppo del futuro premiato e non dalla Sezione. Ciò significa che il territorio è già d’accordo e preparato al fatto che ci possa essere una premiazione. Durante il periodo di gestazione dalla segnalazione alla notizia della premiazione decorre un anno e mezzo nel Gruppo si parla spesso del Premio ed è una lunga attesa per tutto il paese. Poi l’importanza del passaparola: chi ha partecipato ad una premiazione lo dice ad altri e questo meccanismo ha funzionato perfettamente. Pensate che nelle prime uscite c’erano 2, 3 vessilli di Sezioni limitrofe al luogo della premiazione. Oggi trovi Sezioni anche lontane con 10, 15 vessilli presenti: significa che il premio è seguito da molti alpini che prima o poi vogliono venire a vedere di cosa si tratti .

    Cosa cambiereste del Premio?

    Aldo Innocente: Presentando i lavori della commissione in Consiglio Direttivo Nazionale, erano stati redatti dall’avvocato Morani uno statuto e un regolamento del Premio. Ma il Consiglio fu inflessibile chiedendo un solo documento. A distanza di 30 anni e a riprova del buon lavoro fatto possiamo dire che il regolamento funziona egregiamente, tanto che non è mai stato modificato. Altra battaglia è stata quella con i presidenti di Sezione: non erano d’accordo che fosse il Gruppo insieme al premiato il protagonista del Premio, anche perché, sostenevano, fosse un modo per diminuire il controllo delle Sezioni sui Gruppi, sancito dallo Statuto. In commissione eravamo invece convinti che il Gruppo fosse una delle parti fondamentali dell’Associazione e quindi dovesse avere il suo peso: il capogruppo, in fondo, è quello che conosce i suoi soci quasi sempre di persona. Tornati in CDN, grazie ad un opera di mediazione, si decise la formula: il capogruppo segnala e la Sezione ratifica. Cosa cambierei? Avevo l’idea che il premiato non dovesse essere necessariamente un socio dell’ANA. Questo perché l’ANA assolveva comunque il suo compito statutario, cercando di mantenere gli insediamenti umani in montagna. Quell’idea non fu accolta e si arrivò ad un compromesso: invece di socio ANA fu scritto alpino , quindi in teoria potrebbe essere premiato un alpino che non è necessariamente socio ANA. E ce ne sono stati .

    Lino Chies: Non sono d’accordo oggi come non lo ero allora: il Premio dovrebbe essere riservato solo agli iscritti all’ANA. Vero che i tempi cambieranno, quando sarà il momento ci adegueremo. Un miglioramento che avrei in mente è quello di far partecipare maggiormente i premiati degli anni precedenti dando più risalto alla cerimonia (oggi su 30 ne abbiamo solo 16/17) .

    Corrado Perona: Concordo con Chies, con una aggiunta: dobbiamo incominciare a sensibilizzare maggiormente anche i consiglieri nazionali perché ho l’impressione che da parte loro ci sia scarso interessamento: alcuni non li abbiamo mai visti al Premio, nonostante sia una manifestazione molto importante per l’Associazione! Poi la presenza di 15 o 20 vessilli sezionali è riduttiva perché dovrebbe essere maggiormente sentita anche da quelle Sezioni che, nell’arco degli anni, lo hanno ricevuto. Occorre infine pensare ad aumentare il premio in denaro, perché sappiamo che ci sono impegni sempre maggiori da affrontare .

    Pubblicato sul numero di ottobre 2010 de L’Alpino.