Rubrica aperta ai lettori.
I PERCHÉ DEI NOSTRI INCONTRI
Quella sera del 28 dicembre 1969 dalle finestre delle camerate, noi congedanti, abbiamo ascoltato commossi il silenzio fuori ordinanza. Poi un urlo: È finita! . Passata l’euforia, seduto sulla branda guardavo gli amici che mi stavano vicino e pensavo a quanto mi aveva detto, con quel suo accento romano che tanto lo rendeva simpatico il comandante del Reparto Comando cap. Paolo Rossi, nel pomeriggio, salutandomi e stringendomi la mano: Auguri per la tua vita borghese, ricordati sempre dei tuoi commilitoni e della caserma Huber, siete stati dei bravi ragazzi anche se delle gran teste di… . La vita civile con i tanti problemi e preoccupazioni ha annebbiato la mente ma è bastato uno squillo di telefono e sentire una voce, mai dimenticata, perché ritornasse vivo il ricordo di quel periodo passato assieme e di sentire il bisogno di ritrovarci tutti per stare ancora uniti come una volta. Certo, il tempo aveva lasciato il segno: qualcuno aveva i capelli bianchi, per altri erano un ricordo, quasi tutti la pancetta ma gli occhi erano quelli di un tempo e non abbiamo fatto nessuna fatica per riconoscerci. Un forte abbraccio, tanta emozione, qualche occhio lucido. Da quel giorno ci sentiamo spesso al telefono e ci incontriamo quasi ogni anno ed è sempre con infinita gioia che ricordiamo l’incidente con la pompa della benzina, quello al lavaggio, l’arrivo di chi lavorava nelle cucine che si preannunciava da lontano con un odore non proprio appetitoso, il brontolio del serg. magg. Calabrese, l’eleganza del maresciallo magg. Montuoro, le imprecazioni degli autisti sempre in servizio, i campi estivi e invernali aggregati alle Batterie, la scuola di tiro al Pederù Ad ogni incontro ci tornano alla mente fatti che sembravano dimenticati ma che riaffiorano come d’incanto. Purtroppo non sono solo cose belle, qualcuno ha dei problemi di salute, altri sono colpiti da lutti in famiglia ed è in questi momenti che si manifesta ancora di più la nostra amicizia e l’affetto che ci unisce.
Renato Bergamini Colà di Lazise, sezione Verona
GRAZIE, BERGAMASCHI
Pioggia e freddo. Ecco quello che dalle ore 18 il cielo orobico ha deciso di dare ai suoi alpini ed alla loro tanto amata e attesa Adunata! Non il sole ed il tepore di maggio, ma un clima decisamente autunnale. Qual è il problema?Siamo alpini, per giunta bergamaschi e davanti alla nostra gente! Tutti bagnati, chi più chi meno, tutti che si scaldavano con una battuta, un sorriso, una vigorosa pacca sulla spalla, un canto intonato lì, per strada in attesa di marciare attraverso quel meraviglioso bagno di folla che di li a poco ci avrebbe aspettato. Chi in quell’attesa, sotto la pioggia, non ha per un momento ricordato un turno di guardia o una marcia sotto l’acqua quando quel cappello che indossavamo sovrastava la testa di un giovane alpino in armi? Che emozione quando abbiamo iniziato a metterci in fila per nove e a fare i primi passi verso la nostra amata gente che bagnata ed infreddolita come noi era lì ad aspettare i suoi amati alpini bergamaschi, figli, mariti, nonni, papà… L’ingresso in via Maj ci ha fatto dimenticare il freddo, l’attesa e la pioggia che bagnava le nostre penne. Il cuore e gli occhi di tutti noi si sono improvvisamente riempiti: il primo di gioia ed i secondi di lacrime, accolti dal boato della nostra gente orobica. Accolti dal grido ‘Bergamo, Bergamo!!’. Il passaggio in viale Papa Giovanni è stato indescrivibile. Noi alpini bergamaschi nel cuore della nostra città. Non trovo le parole per descrivere le emozioni che abbiamo provato. Grazie a tutti gli alpini, a coloro che hanno sfilato, a coloro che non hanno sfilato, ai bergamaschi che hanno riempito e onorato le strade della città: ‘Berghem de sass’!
C.R.
IL PRESIDENTE, UN ALPINO
Quando in occasione della cerimonia di apertura del XV Congresso degli Alpini del Nord America, Corrado Perona ha preso in mano il microfono, sarebbe stato facile aspettarsi il solito discorso di circostanza a cui troppo spesso le autorità ci hanno abituati. E invece non è stato così. Il passo tranquillo, lo sguardo gentile, nessun bigliettino di appunti, il presidente nazionale degli alpini chiaramente non è persona da discorsi scontati. Saluta, ringrazia e fa complimenti, ma poi va dritto al sodo: la storia della Sezioni alpine è a un punto di svolta in Italia ed ancora di più all’estero. La fine del servizio di leva obbligatorio e l’arresto del flusso migratorio hanno privato le Sezioni all’estero del ricambio generazionale che sta alla base di qualunque organizzazione associativa. Del resto basta guardarsi intorno. La sala dove si svolge il Congresso è gremita di quegli stessi alpini che con passione stanno insieme da ormai diversi decenni. Il destino sembra segnato. Ma il presidente non ci sta. Non ci vuole stare. Nel suo discorso Corrado Perona paragona le Sezioni a delle luci e dice chiaramente che gli alpini del Nord America hanno il dovere di fare di tutto per tenere quelle luci accese perchè una volta che si saranno spente resterà solo il buio. Un buio in cui si sarà perso l’enorme patrimonio che la cultura alpina rappresenta da ormai più di novant’anni in Italia e nel mondo. Lo spirito di sacrificio, la capacità di adeguarsi alle situazioni difficili, la disponibilità ad aiutare chi ha bisogno sono alcuni dei valori che costituiscono le fondamenta delle tradizioni alpine. Questi valori vanno tramandati perchè non vengano dimenticati. Il discorso di Perona è appassionato, privo di ogni forma di retorica. La commozione che a tratti gli strozza la voce è cosa vera. Non si può rimanere indifferenti di fronte alle sue parole. Il presidente degli alpini durante il XV Congresso degli Alpini del Nord America ha fatto ben di più che semplicemente interpretare il suo ruolo istituzionale. Ha saputo comunicare in perfetto stile alpino: pratico, diretto e senza fronzoli. E se il popolo alpino lo ha ascoltato con ammirazione, non è perchè Perona è un’autorità, nè perchè è il presidente nazionale o perchè è venuto in visita dall’Italia. Lo ha ascoltato perchè Corrado Perona è prima di tutto uno di loro: un alpino.
Ivan Blunno da Alpini in trasferta
Pubblicato sul numero di settembre 2010 de L’Alpino.