Proseguendo nell’opera di smantellamento dei reparti alpini, lo Stato Maggiore ha deciso che un solo reggimento, l’8º, di Cividale del Friuli, potrà arruolare i volontari a ferma annuale (VFA) così preziosi, del resto, per poter adempiere ai compiti sempre più gravosi assegnati alla nostra forza armata. Il termine ultimo per la presentazione delle domande del secondo scaglione 2004 è scaduto (lo diamo al passato, tenendo conto delle festività e dei tempi di consegna del nostro mensile) il 9 gennaio. Il prossimo scaglione di VFA per l’8º reggimento alpini sarà incorporato il 15 maggio: il periodo utile per la presentazione delle domande (che possono essere fatte direttamente allo stesso comando di reggimento) va dal 15 marzo al 2 aprile prossimi.
Come si vede, visto il ritardo con il quale date e scadenze sono state comunicate alla stampa, lo SME lesina perfino i tempi, come se si trattasse dell’orario di partenza del pullman per una gita scolastica.
Anche questo è indicativo nel migliore dei casi dell’organizzazione di chi ha in mano le sorti d’un esercito che dovrebbe essere professionale.
C’è comunque di più. Poiché l’8º è composto da VFA, va da sé che se non ci fossero sufficienti arruolamenti per mantenerne l’organico, la sua esistenza sarebbe precaria. È consolante sapere che la maggior parte dei volontari a ferma annuale provengono dal Triveneto e che l’80 per cento degli attuali VFA provengono dalle regioni alpine: è la dimostrazione che con una adeguata e precisa informazione e con un adeguato proselitismo, i VFA non solo possono continuare ad esserci ma addirittura possono aumentare. E chissà che, oltre a coadiuvare ad alimentare l’8º, non ci sia anche la possibilità di formare un altro reggimento, magari nel nord ovest, come auspica la nostra Associazione.
È ben vero che con i tempi che corrono, i VFA hanno minori possibilità di essere impiegati in missioni di pace all’estero, per esempio in Bosnia o in Kosovo, ma è anche vero che, per la prima volta dal dopoguerra, i nostri giovani sono chiamati a difendere il suolo nazionale con operazioni di antiterrorismo: ci sono obiettivi che vanno protetti, migliaia di cittadini che devono essere tutelati. Un compito che non è inferiore alle missioni umanitarie all’estero e che non può certo essere delegato ad altri. Per questo deve continuare la preziosa opera dei presidenti di sezione e soprattutto dei capigruppo per indurre i giovani a far parte delle truppe alpine, come volontari a ferma annuale.
Sarà poi compito di altri provvedere a che questi giovani sentano di essere utili alla Patria e abbiano un trattamento adeguato. Trattamento che include un addestramento specifico, in armonia con la tradizionale specializzazione del Corpo, anche per evitare che il giovane sia congedato senza che abbia potuto vedere da vicino una montagna. Per quanto riguarda noi, continueremo ad essere disposti a dare una mano per mantenere in vita i nostri amati reparti alpini, nella speranza troppe volte disattesa che i giovani arruolati non finiscano in altre specialità dell’Esercito o addirittura in altre Armi. Non è certo piacevole per chi si è adoperato nell’opera di proselitismo constatare che il giovane promesso alpino è diventato aviere, cavaliere, bersagliere e via dirottando.
Se è necessario l’impegno, dev’essere reciproco e chiaro. Abbiamo il diritto di saperlo prima.
Come si vede, visto il ritardo con il quale date e scadenze sono state comunicate alla stampa, lo SME lesina perfino i tempi, come se si trattasse dell’orario di partenza del pullman per una gita scolastica.
Anche questo è indicativo nel migliore dei casi dell’organizzazione di chi ha in mano le sorti d’un esercito che dovrebbe essere professionale.
C’è comunque di più. Poiché l’8º è composto da VFA, va da sé che se non ci fossero sufficienti arruolamenti per mantenerne l’organico, la sua esistenza sarebbe precaria. È consolante sapere che la maggior parte dei volontari a ferma annuale provengono dal Triveneto e che l’80 per cento degli attuali VFA provengono dalle regioni alpine: è la dimostrazione che con una adeguata e precisa informazione e con un adeguato proselitismo, i VFA non solo possono continuare ad esserci ma addirittura possono aumentare. E chissà che, oltre a coadiuvare ad alimentare l’8º, non ci sia anche la possibilità di formare un altro reggimento, magari nel nord ovest, come auspica la nostra Associazione.
È ben vero che con i tempi che corrono, i VFA hanno minori possibilità di essere impiegati in missioni di pace all’estero, per esempio in Bosnia o in Kosovo, ma è anche vero che, per la prima volta dal dopoguerra, i nostri giovani sono chiamati a difendere il suolo nazionale con operazioni di antiterrorismo: ci sono obiettivi che vanno protetti, migliaia di cittadini che devono essere tutelati. Un compito che non è inferiore alle missioni umanitarie all’estero e che non può certo essere delegato ad altri. Per questo deve continuare la preziosa opera dei presidenti di sezione e soprattutto dei capigruppo per indurre i giovani a far parte delle truppe alpine, come volontari a ferma annuale.
Sarà poi compito di altri provvedere a che questi giovani sentano di essere utili alla Patria e abbiano un trattamento adeguato. Trattamento che include un addestramento specifico, in armonia con la tradizionale specializzazione del Corpo, anche per evitare che il giovane sia congedato senza che abbia potuto vedere da vicino una montagna. Per quanto riguarda noi, continueremo ad essere disposti a dare una mano per mantenere in vita i nostri amati reparti alpini, nella speranza troppe volte disattesa che i giovani arruolati non finiscano in altre specialità dell’Esercito o addirittura in altre Armi. Non è certo piacevole per chi si è adoperato nell’opera di proselitismo constatare che il giovane promesso alpino è diventato aviere, cavaliere, bersagliere e via dirottando.
Se è necessario l’impegno, dev’essere reciproco e chiaro. Abbiamo il diritto di saperlo prima.