Alpini dormienti: “Guardo al futuro con serenità”

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    Presidente, dieci anni fa l’ANA contava 26mila alpini in più e 23mila aggregati in meno. Come vede la vitalità dell’Associazione pensando a questo invertirsi dei fattori?

    La vitalità c’è nel senso che nell’arco dei dieci anni il numero degli associati ha subito una modesta diminuzione. Fa riflettere avere 26mila alpini in meno, ma questo è dovuto in parte ad un fatto fisiologico, tanti che hanno fatto naja o la guerra sono andati avanti. La leva non c’è più e quindi l’unica possibilità è quella di at tingere dai dormienti. Gli aggregati sono una risorsa – penso ad esempio al loro grande impegno nella Protezione Civile – e lo sono nella misura in cui tanti giovani che non hanno potuto fare il servizio di leva aderiscono ai nostri valori, alle nostre idee, si impegnano e sono con noi.

     

    Corrado Perona, suo predecessore, ha visitato tutte le Sezioni per parlare di futuro associativo. Quale potrebbe essere la strada giusta da seguire?

    Non ho e non voglio avere idee preconcette sul futuro associativo. Credo che prima di tutto, ed è una cosa di cui ho già dato mandato al Centro Studi, vada valutato attentamente il grande lavoro fatto da Corrado Perona. Occorre dunque farne una sintesi e vedere quali sono gli orientamenti in seno all’Associazione. La mia idea è quella di presentare questa sintesi in un apposito incontro ai presidenti di Sezione e ingenerare un dibattito in modo da avere una visione che sia la più ampia e condivisa possibile. Per quanto mi riguarda il futuro associativo è quello indicato dallo Statuto. È vero che esso nel passato è già stato più volte modificato, ma occorre prima fare un’attenta verifica e poi valutare bene le proposte.

    A quanto potrebbe ammontare la percentuale degli alpini dormienti e come è possibile invogliarli a partecipare alla vita associativa?

    La percentuale dei dormienti secondo i dati che abbiamo è notevole, se pensiamo che i soci ordinari iscritti sono poco più di un quarto di quelli che hanno svolto il servizio militare nelle Truppe alpine. Il numero è considerevole, anche se l’età media dei dormienti è sbilanciata verso l’anagrafe più alta. Le formule sono diverse per farli partecipare alla vita associativa: laddove ci sono Sezioni e Gruppi il loro ruolo è fondamentale. Il problema delle iscrizioni è legato anche alle realtà dimensionali: è più facile contattare un alpino non iscritto se siamo in un paese di piccole o medie dimensioni, mentre diventa più difficile quando questi superano i 20mila abitanti, perché purtroppo in questo caso, anche per come si è configurata la nostra società, i rapporti personali si affievoliscono notevolmente. Quindi se c’è un’azione da fare è quella di cercare di intervenire nelle realtà più grandi. Purtroppo in questa ricerca la legge sulla privacy non ci aiuta. Molte volte sono quindi essenziali il contatto personale, la conoscenza e il passaparola. Utilizzare per questo scopo strumenti come giornali o internet non darebbe grandi frutti perché a mio parere sono ancora poco utilizzati.

    Nell’ottica del futuro associativo considera i giovani di oggi molto diversi da quelli di quarant’anni fa? Hanno la forza di dare quanto avete dato voi?

    I giovani di oggi hanno un modo di approcciarsi all’Associazione che è diverso da quello dei giovani di allora. Però i giovani che sono con noi, sia quelli che hanno fatto la naja, sia gli associati, li vedo molto motivati. Una volta che hanno fatto la scelta di partecipare all’Associazione la condividono ed essa è molto più meditata che non nei tempi passati. I frutti ci possono essere: lo vedo dalla partecipazione alla commissione ‘Giovani’ e nel grande impegno che noto nelle manifestazioni; ad esempio il capogruppo di Temù, un ragazzo giovane, che si è preso il fardello e la responsabilità di organizzare una manifestazione importante come il 50° pellegrinaggio in Adamello. Quindi laddove ci sono e li abbiamo, sono ragazzi che hanno profonde motivazioni. Da questo punto di vista guardo al futuro con serenità.

    I dati parlano di pochi giovani alpini iscritti. Quali strategie vede come ideali per coinvolgere maggiormente i giovani nella vita associativa in modo che si mantengano non solo iscritti ma anche attivi nell’Associazione?

    Sui giovani alpini non iscritti occorre fare un lavoro di sensibilizzazione. Diventa importante utilizzare i giovani iscritti perché è più facile essere coinvolti dai coetanei. Molti non sono iscritti perché hanno altre preoccupazioni, alcune giustamente più importanti, come la famiglia o il posto di lavoro che in questo momento scarseggia. Quindi sappiamo che fino ai 45 anni, o fino a quando non c’è un minimo di assestamento, pensare di aderire ad una Associazione come la nostra potrebbe essere, per tanti impegnati in altre preoccupazioni, un argomento non del tutto attuale. Occorre dire a questi giovani che hanno altri impegni che per l’Associazione è fondamentale che aderiscano per entrare nello spirito associativo. È importante averli senza pretendere da loro un impegno totalizzante. Un domani potrebbero però essere una presenza più attiva e una forza per l’Associazione. Il lavoro importante però è quello sui giovani che abbiamo. Le attività sulle quali i giovani credono e partecipano sono quelle legate alla protezione civile, allo sport e, pare strano, alla memoria. In quest’ultimo caso il centenario della Grande Guerra dovrebbe essere un’occasione da sfruttare fino in fondo. Sto vedendo un rifiorire anche nelle nostre attività sportive, ad esempio nell’ultimo campionato di marcia di regolarità in montagna abbiamo avuto oltre 400 partecipanti. E credo che in questo contesto l’idea delle Alpiniadi, quella invernale che abbiamo già svolto e quella estiva che stiamo preparando per l’anno prossimo a Cuneo, saranno vincenti perché possono attirare i giovani in maniera più consistente. Lo sport diventa un momento ancora più importante rispetto al passato perché oggi le attività lavorative sono più intellettuali mentre una volta il lavoro manuale era già, se così si può dire,‘attività sportiva’.

    La ricerca degli alpini dormienti è fatta sul territorio. La Sede nazionale fornisce alle Sezioni e ai Gruppi delle linee direttive per facilitarla? In caso negativo sono allo studio?

    L’analisi sulle evidenze in ordine al futuro associativo raccolte da Corrado Perona aiuterà a stabilire quali sono le linee più corrette e incisive da seguire. Il documento- proposta sul quale si è discusso nelle Sezioni comprendeva anche questo argomento. Occorre considerare che siamo quasi 295.000 soci ordinari ma ce ne saranno altri 900.000 potenziali che possono aderire.

    La sospensione della leva ha interrotto il flusso di iscrizioni, da qualche anno ci sono i professionisti. Come vede gli alpini in servizio nel rapporto con l’Associazione? Ci sono dei progetti per coinvolgerli?

    I progetti sono stati avviati già dal mio predecessore: sono legati alla presenza soprattutto delle Sezioni ANA. In questo senso il lavoro ha dato qualche risultato. Ma per quanto riguarda l’arruolamento la configurazione è quasi kafkiana. Le domande di giovani che chiedono di entrare nelle Truppe alpine è elevata, più alta rispetto ad altre Armi. Ma nella prima selezione, con procedure ardue da essere intese, in molti vengono scartati e ci troviamo ad avere delle adesioni più basse non solo di quelle di altre Armi, ma anche della necessità dei Comandi alpini. Questo è inaccettabile, anche perché storicamente il bacino di reclutamento alpino attinge da determinate zone, al Sud come al Nord. Quelle sono le realtà da prendere maggiormente in considerazione e dove incentivare il reclutamento, ad esempio con un punteggio preferenziale nei concorsi.

    E sul ripristino della naja?

    Credo sia una strada non solo possibile ma utile al Paese. Ho lanciato il messaggio in occasione dell’ultimo pellegrinaggio in Adamello perché i dati dicono che se riattivassimo la leva, seppur più breve, della durata dai quattro ai sei mesi, e riportassimo all’interno tutti i servizi che oggi sono demandati all’esterno, molto probabilmente i costi sarebbero se non più bassi, uguali a quelli che si sostengono oggi. Parliamo dell’Esercito. Considerati i VFP1 e i VFP4, quelli che vanno nei teatri operativi sono solo una minoranza. Gli altri non fanno nemmeno i servizi necessari al sostentamento delle attività. Se riaprissimo alla leva, i ragazzi potrebbero sopperire al costo dei servizi dati all’esterno e qualora dimostrassero motivazione e propensione potrebbero essere inquadrati nei reparti operativi. Inoltre i giovani farebbero anche attività legate al mondo alpino che potrebbero essere poi utilizzate nell’ambito della Protezione Civile.

    Un’associazione forte nei numeri ha più margini per lasciare un segno della presenza alpina nella società? Oppure è preferibile essere in pochi ma buoni?

    È sempre meglio essere tanti e buoni… (m.m.)


    Come una miniera tutta da scoprire, c’è un serbatoio alpino tutto da valorizzare: una grande famiglia rimasta estranea all’Associazione che potrebbe portare un grande contributo di energie e di idee. È il serbatoio degli alpini “dormienti”, degli alpini che per i motivi più diversi sono rimasti nell’ombra. Sono tantissimi, e non soltanto nelle cosiddette regioni a “vocazione alpina” ma sparsi in tutta Italia. Con l’avvento del servizio professionale, poi, gli alpini VFP1, a ferma triennale o quadriennale hanno sostituito – sia pur in misura molto minore – quelli a ferma obbligatoria. Certo, i numeri sono diversi, ma proprio per questo è in corso da parte delle Sezioni e soprattutto dei Gruppi il reclutamento degli alpini “dormienti”. È un’operazione necessaria se vogliamo che rimanga tale la consistenza numerica dell’ANA, tenendo conto dell’età media dei soci e dell’inesorabile trascorrere del tempo. Conforta l’impegno dei giovani, che affiancano l’opera dei presidenti di Sezione e che in varie realtà si adoperano, con iniziative diverse, a raggiungere i non iscritti, coinvolgendoli nelle loro attività, come raccontiamo in queste pagine.

    ALESSANDRIA – Un gazebo per paese

    È davvero in linea con le moderne tecniche di comunicazione la sezione di Alessandria! “Abbiamo avviato la campagna reclutamento – spiega con orgoglio il presidente Bruno Pavese – allestendo dei gazebo che saranno messi a disposizione dei 34 Gruppi, con un tavolo e manifesti, per essere esposti durante le feste per il periodo estivo, fino a metà settembre. “Ho già dato disposizioni ai capigruppo – annuncia Pavese – Il passaparola farà il resto, unitamente ad attività ludiche”. Pavese conta molto sui capigruppo, figura insostituibile di grande importanza associativa, motore di ogni attività, a contatto diretto con un’altra figura di primo piano: il sindaco, con il quale viene istituito un reciproco punto di riferimento. “A Serravalle Scrivia – dice il presidente – c’è un nuovo capogruppo che ha già recuperato una decina di soci. Ma – aggiunge fiducioso riferendosi in generale alla ‘campagna acquisti’ sezionale – ne porteremo a casa ancora!”.

    CASALE MONFERRATO – Li cerchiamo …all’anagrafe

    “Lavoriamo sul territorio, li cerchiamo anche all’anagrafe…”, racconta Gian Luigi Ravera, presidente della sezione di Casale Monferrato, e lamenta che non sempre, nei paesi, trova funzionari collaborativi. “Per via della privacy – aggiunge – come se aver fatto l’alpino fosse una cosa da nascondere anziché andarne fieri. Per fortuna c’è il passaparola che funziona, tanto che negli ultimi 3 o 4 anni abbiamo recuperato le perdite dovute agli alpini andati avanti”. Purtroppo anche a Casale e nel suo territorio c’è il fenomeno della nuova emigrazione, “quella dei giovani al di sotto dei quarant’anni che per svariati motivi se ne vanno a lavorare all’estero”. Sono ancora le feste e le attività dei Gruppi, che Ravera segue con grande passione, a salvare la situazione. “Avviciniamo alpini che da tempo non trovavano l’occasione di farsi avanti, oppure che aspettavano che qualcuno gli parlasse, li invitasse alle nostre manifestazioni o alle feste. A Coniolo, due alpini che non erano mai stati iscritti sono arrivati alla festa del Gruppo con tanto di cappello in testa…”. E continua: “Poi c’è quello che ti dice, verrò io a trovarvi, che vuole rendersi conto di quello che facciamo; certo, quello della festa del Gruppo è uno dei momenti migliori per coinvolgere chi sta fuori…”. Per quanto riguarda la comunicazione, la Sezione organizza incontri con gli studenti degli istituti superiori della città, un po’ per far conoscere gli alpini ai ragazzi e un po’ perché, con la crisi delle aziende che non allenta la morsa, la figura del servizio militare nell’Esercito, come alpino, conserva sempre la sua attrazione e i suoi vantaggi.

    PINEROLO – Sveglia, papà!

    Da ormai sei anni la Commissione Giovani della sezione di Pinerolo organizza la manifestazione “un giorno da alpino”, trasformando per due giorni 60 bambini delle scuole in piccoli alpini e facendo vivere loro la vita degli alpini: vestizione, adunata, alzabandiera, mascheramento, percorso di guerra, arrampicata e discesa in corda doppia, branda e contrappello, marcia in montagna, canti intorno al fuoco e riuscendo a trasmettere loro un po’ dei valori e dello spirito della nostra Associazione. Proprio in questa occasione – dice Mauro Buttigliero, coordinatore dei Giovani del 1° Raggruppamento – alla fine dei due giorni, durante la distribuzione degli attestati di partecipazione e riconsegna dei bambini ai genitori, qualcuno dei piccoli ha confidato che “anche il mio papà (o anche mio nonno) ha il cappello degli alpini. La prossima volta mi piacerebbe che ci fosse anche lui, io questa sera quando gli racconto cosa ho fatto glielo dico, poi però se vi do il numero di telefono, glielo chiedete anche voi?”. L’esperimento funziona, dice il presidente della attivissima sezione di Pinerolo Francesco Busso. “Si tratta di un’iniziativa che ha carattere itinerante: finora sono stati coinvolti i gruppi di Pragelato, Fenestrelle, Bobbio Pellice e, quest’anno, Prali. I ragazzi sono ospitati in strutture idonee, fanno vita da campeggio, praticano diverse attività e quando li riconsegnamo ai genitori sono tutti felici dell’esperienza vissuta. E una volta a casa, raccontano e raccontano degli alpini. Qualche papà smette di essere “dormiente…”. È un’azione capillare con la quale intendiamo raggiungere tutti i 48 gruppi della Sezione. Un altro modo per reclutare quanti hanno fatto l’alpino ma non si sono mai avvicinati all’Associazione è non tanto quello di cercare iscrizioni ma collaborazione nelle attività degli alpini: la partecipazione è la molla che porta, in seguito, a chiedere l’iscrizione. Nè vanno trascurati gli alpini in armi. La sezione ha trovato un validissimo aggancio con il 3° reggimento Alpini di Pinerolo nel 1° maresciallo Josè Del Rizzo, friulano. “L’idea – dice – me l’ha suggerita l’allora presidente nazionale Corrado Perona quando è venuto a trovarci a Pinerolo per parlare del futuro associativo. Del Rizzo collabora con la Sezione facendone conoscere le attività agli alpini del reggimento. Poiché sono tutti volontari a lunga ferma, diversi con la famiglia, la vicinanza di una associazione che diventa un punto di riferimento anche sociale è quanto mai preziosa. L’augurio è che, conclusa la licenza, al rientro dalla lunga missione in Afghanistan, se son rose… fioriranno.

    PORDENONE – Aspettando l’Adunata

    “Mi aspetto che dopo l’Adunata nazionale dell’anno prossimo ci sia un recupero di soci”, dice il presidente della Sezione Giovanni Gasparet. Non c’è dubbio, infatti, che la maggiore – numericamente – manifestazione associativa attiri tanti alpini e che induca il “dormiente” a riprendersi il cappello riposto sull’armadio per metterselo in testa e uscire per unirsi alla compagnia, magari cercando i propri compagni di naja. I quali non gli chiederanno certo la tessera ma lo accoglieranno come il figliol prodigo con il quale far festa. Gasparet ammette che in città è più difficile individuare chi ha fatto il servizio militare nelle penne nere, il che è invece possibile nei Gruppi dei paesi, dove si conoscono un po’ tutti. Ed è qui che vengono recuperate alcune decine di alpini ogni anno, un dato confortante che tuttavia non ristabilisce l’equilibrio con quanti sono andati avanti. Non resta, quindi, che far affidamento soprattutto al contatto personale “sul quale si lavora molto” assicura il presidente. Pordenone è una città di alpini di razza, raccolti in 73 Gruppi e in fiduciosa attesa: chi c’è, batta un colpo!

    TRENTO – Di gruppo in gruppo

    La sezione di Trento ha 19.507 soci ordinari e 4.680 soci aggregati in 269 Gruppi, ed è proprio attraverso i gruppi che passa l’operazione reclutamento. “Ne abbiamo recuperati diversi negli ultimi tempi”, spiega il presidente Maurizio Pinamonti che lamenta tuttavia un calo delle iscrizioni per comprensibili motivi anagrafici anche se il consuntivo finale è più confortante che altrove. La città è svantaggiata rispetto al paese, soprattutto al paese di montagna dove si conoscono tutti e dunque è dai paesi che parte …l’offensiva. È ancora il gruppo che detiene il serbatoio di quanti non i sono ancora avvicinati all’Associazione. La carta vincente è ancora una volta le manifestazioni a carattere locale, le feste, le attività svolte dagli alpini e dai volontari della protezione civile. E i giovani, cioè gli alpini sugli “enta” piuttosto che sugli “anta”, che sono quelli che garantiranno il futuro associativo. Vengono chiamati in causa i giovani: “Alla prossima riunione del Triveneto – promette il presidente – riuniremo i capigruppo, soprattutto i capigruppo giovani e li coinvolgeremo nella ricerca dei cosiddetti dormienti anche attraverso attività di richiamo: ce ne sono ancora tanti che possiamo raggiungere…”. Pinamonti fa affidamento sulla preziosa collaborazione del consigliere nazionale di riferimento per Trento e Bolzano Roberto Bertuol, che è anche presidente della Commissione nazionale Giovani. Da una ricerca, sono proprio i giovani che danno dimostrazione di tanta buona volontà ed entusiasmo che fanno ben sperare per il futuro associativo.