A Corrado Perona tutto possiamo dire, ma non che non sia di parola. Se aggiungiamo che è incapace di pronunciare un no , abbiamo già fatto il ritratto di un uomo che si trova tutte le feste comandate impegolato con impegni in agenda, magari due nello stesso giorno in posti diversi lontani centinaia di chilometri. E poiché i giorni da dedicare al Signore non superano la sessantina e i sì sono molti di più, lo si vede spesso con la valigia in mano anche nel corso della settimana. È una grande qualità, ma forse gli rende la vita un po’ difficile.
È fatto così, e così va bene agli alpini che, sotto sotto, lo vorrebbero scapolo e senza fissa dimora. Tutto questo per dire che mercoledì 3 settembre, dopo essersi sciroppato sei sette ore di via Marsala, il presidente nazionale era lì ad arrampicarsi per i ripidi pendii della Val Pellice ad onorare la parola data a Franco Durand Canton, premio Fedeltà alla Montagna 2002, agli amici alpini del gruppo di Bobbio e della sezione di Pinerolo, per una visita alla malga sperduta su un costone impervio, a oltre 2.200 metri di altitudine.
Con un sorprendente slancio di sensibilità gli organizzatori dell’incontro hanno pensato bene di spezzare la salita con una sosta ad un agriturismo che si trova a 1.600 metri, in una conca di una bellezza straordinaria. Tra pascoli, cascate, campanacci di mucche, voli di aquile, apparizioni di caprioli, stambecchi e qualche muflone, il gestore, Giovanni Bertone, capogruppo di Campiglione, un patito della montagna, ha restaurato, poco lontano da una malga, degli edifici diroccati, nel più rigoroso rispetto della tipologia della vallata e attivato un rifugio che, oltre ad una camerata con una ventina di posti letto, offre una cucina con le raffinatezze della tradizione montanara, dove carne, erbe e confetture uniche ti fanno sentire ospite di riguardo.
Come non bastasse, la notte, con un buio incontaminato, mostra le bellezze di un cielo dimenticato da chi si arrampica nelle fasce alte degli anni anta e sconosciuto a tutti gli altri. Il giovedì mattina, zaino in spalla e su per un costone da sfiancare un contrabbandiere. Presidente e gruppo al seguito sono incalzati da una mandria di oltre cinquanta bestie che, allenate da mesi di monticazione, non danno respiro.
Finalmente si profila una cresta tagliente dominata da una casamatta con feritoia rivolta verso la Francia. Sull’altro versante a poche centinaia di metri una casermetta ancora intatta con cucina, camerate, deposito armi è addossata ad un’impennata rocciosa protetta dalle valanghe. Una bella mulattiera dai tornanti in muro a faccia vista, in perfetto stato di conservazione nonostante le pendenze, la neve, gli smottamenti, testimonia che il genio alpino ci sapeva fare. Un pensiero va a quei ragazzi che lassù hanno passato mesi, se non stagioni, in condizioni precarie, in balia degli umori della natura e di chi li comandava.
La malga dei Durand Canton, sempre in piena attività con mucche, pecore, capre sparse su pascoli che toccano i 2.400 metri sul livello del mare, è un esempio unico dell’attaccamento e della passione per la montagna. In un groviglio di basse costruzioni in pietra, rigorosamente ricoperte di lose e tetto a due falde, ci sono cucina, camera da letto, sala di lavorazione del latte, di stagionatura del formaggio, della ricotta e dell’introvabile bruss . L’accoglienza dei simpatici coniugi Franco e Daniela e Durand Canton padre, alpino, classe 1931, è toccante nella semplicità disarmante di chi vede con simpatia chiunque arrivi lassù e si spende in modo totale se si tratta del presidente nazionale.
Con parole appropriate alla circostanza Perona si compiace di come ha trovato la malga, ordinata, accogliente, con una bella partita di formaggio allineato sulle spalliere e nel consegnare il crest del consiglio direttivo nazionale commenta: Il premio nel 2001 è stato assegnato alle persone giuste . La decina di alpini presenti assieme al presidente sezionale Francesco Busso, al capogruppo di Bobbio Pellice Aldo Pontet e ad alcuni amici, tutti cacciatori incalliti ma che risparmiano il capriolo sorpreso a bere in un ruscello, ascoltano commossi e felici. Non so se a creare quel clima di fraterna amicizia abbia contribuito anche il fatto che lì si parlava solo occitano e piemontese.
Pubblicato sul numero di ottobre 2008 de L’Alpino.