Amici degli alpini e possibilità di portare il cappello alpino. Ormai sono molti anni che al raduno nazionale, del gruppo a cui appartengo, va il sottoscritto e altri tre amici degli alpini e nessun altro effettivo. Ci sentiamo così coinvolti che tutti e quattro abbiamo il cappello dove attacchiamo le medaglie ufficiali delle città che ci hanno ospitato anche se non ne abbiamo diritto. Credo che l’ANA debba rendersi conto che con l’abolizione della leva nel giro di qualche decennio gli alpini saranno sempre meno e sempre più anziani; vedo che quasi tutti i gruppi hanno saturi i posti per gli aggregati, nel corso del rinnovo del direttivo del mio gruppo si è andati vicino allo scioglimento perché quelli indicati come dirigenti non potevano farlo perché solo amici. Un problema da affrontare a breve.
Alessandro Ballauri Gruppo di Varisella (TO)
Avevo cominciato a correggere la tua lettera sostituendo la parola raduno’ con adunata’ e via dicendo, poi ho ritenuto di lasciare le imprecisioni per arrivare alla sostanza. I problemi dei ricambi e dell’invecchiamento ci sono e gravi. In Sede Nazionale se ne discute da tempo e si sta lavorando, per quanto possibile, a trovare una formula in grado di conservare e trasmettere, senza stravolgimenti, i valori dell’alpinità. Ma quello che scrivi è emblematico di un modo di pensare, purtroppo diffuso, che resta alla superficie e non entra nel cuore del nostro dilemma. Se bastasse un cappello acquistato in una bancarella e quattro medaglie, ricordo di adunate, per fare continuare una tradizione quasi secolare di servizio alla Patria, gravoso e non raramente drammatico, avresti mille ragioni per domandarti: dov’è il problema? Purtroppo le cose stanno diversamente e tu, nella tua disarmante semplicità, lo dimostri. Fruga, con letture e approfondimenti, nel pesante zaino di novant’anni di storia dell’ANA e quasi centoquaranta dalla costituzione delle Truppe Alpine e troverai le ragioni di un dibattito appassionato sul nostro presente e sul nostro futuro. Che fortunatamente sono meno catastrofici di quanto li consideri tu.
Pubblicato sul numero di febbraio 2010 de L’Alpino.