Le racconto una mia storia vissuta negli anni Quaranta nella Jugoslavia del maresciallo Tito combattente alla macchia con i suoi partigiani slavi del “IX Korpus” contro italiani e soldati tedeschi. Scrivo in riferimento a quanto pubblicato nell’articolo dal titolo “Onore ai Caduti” che in parte si riferiva alla triste storia degli infoibati in Jugoslavia solamente perché italiani.
Facevo parte del reggimento Tagliamento costituito dopo l’8 settembre 1943 in Friuli in comune accordo con le truppe tedesche, il mio reparto fu destinato a Robis nelle vicinanze di Caporetto, un paese con poche case semidistrutto dai combattenti tedeschi. Era giorno festivo quel 13 marzo 1944 quando entrai in un bar del paese mentre all’interno del locale civili e militari tedeschi mano nella mano si divertivano con il ballo tondo al suono della fisarmonica, un soldato tedesco si staccò dal cerchio invitandomi ad entrare con lui nel ballo tondo, pochi secondi e la fisarmonica smise di suonare, il soldato mi chiese scusa dicendomi “italiano non buono”. Uscii dal bar e la fisarmonica riprese a suonare. Più tardi un amico del luogo mi confidò che nei nostri paesi “redenti del regime fascista” la gente non aveva mai accettato l’imposizione che nelle scuole gli scolari dovessero scrivere e parlare la lingua italiana.
Mario Coianiz – Sassari
La cultura di un popolo non cresce per imposizione, ma fiorisce pian piano attraverso l’adesione della coscienza. Questo spiega il rifiuto dell’“italiano non buono”, ma non giustifica né il razzismo sociale e tanto meno le foibe.