UDINE – Il naufragio del ‘Galilea’, mai dimenticato

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    La scialuppa dell’incrociatore ausiliario “Zara” vagò per un’ora tra i numerosi corpi che galleggiavano, finché un flebile lamento attirò i soccorritori. Apparve un uomo riverso su un canotto, seminudo, con il salvagente e, cosa incredibile, con il cappello alpino ben calcato in testa. Si trattava di Ugo Pittin, classe 1921, della 69ª cp. del btg. “Gemona”, l’ultimo superstite della tragedia del “Galilea”, che qualche anno più tardi sarà annoverato tra i dispersi nell’immensa steppa russa. Dal 1947 i pochi superstiti del Galilea si ritrovano sul monte di Muris di Ragogna, presso l’antica chiesetta di San Giovanni per ricordare i 1.050 fratelli che non fecero ritorno a casa.

     

    Alla cerimonia di quest’anno c’erano i reduci Onorino Pierobon, Ottavio Pes e Antonio Garzoni di Adorgnano (nella foto). Solo Onorino Pierobon però si trovava sul Galilea, tra la scarsa decina di superstiti oggi rimasta. Segno del tempo che passa, inesorabile. Assieme a loro tante persone e numerose autorità civili e militari: i sindaci della zona con i gonfaloni di Ragogna, Chions e Sesto al Reghena, i rappresentanti della Provincia e della Regione, il prefetto di Udine, il comandante della Julia gen. Ignazio Gamba con i comandanti dell’8° e del 3° da montagna, il colonnello Spreafico e il colonnello Mauri. Numerose le penne bianche in congedo, su tutti i generali Job e Boriero e immancabile la Medaglia d’Oro al V.M. Paola Del Din.

    L’Associazione Nazionale Alpini era rappresentata dal vice presidente nazionale Nino Geronazzo, dai consiglieri nazionali Gianni Cedermaz e Renato Cisilin. Per la sezione di Udine, il presidente Dante Soravito de Franceschi, con il vice Rosso e numerosi consiglieri sezionali. La Messa, accompagnata dal coro Amici della montagna di Ragogna, è stata celebrata dal cappellano militare don Gangiu che, nell’omelia, ha ricordato come “alcuni valori fondanti si stiano ultimamente offuscando nella frenesia quotidiana, ciò impedisce di ricordare quello che i nostri padri ci hanno lasciato, anche a prezzo della loro vita”.

    Al termine, il presidente Soravito de Franceschi ha letto la Preghiera dei naufraghi del Galilea, seguito dal coro che ha intonato la struggente Signore delle cime. La cerimonia è terminata con i rintocchi della campana che sovrasta l’altare e la deposizione di corone ai rispettivi monumenti, eretti dalle varie associazioni d’Arma a ricordo dei loro morti: ai 760 alpini (su 965), ai 33 bersaglieri (su 46), ai 73 carabinieri (su 80) e agli 89 marinai civili e militari, su 128 imbarcati, senza scordare i prigionieri e i militari di altri Corpi: circa un centinaio di uomini dei quali solo una decina si salvarono.

    Paolo Montina