La vita sospesa e la voglia di ricominciare

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    La vita al tempo del terremoto è sospesa tra la paura di una nuova scossa e l’incertezza del futuro. Ogni piccolo tremore riacutizza la sensazione di smarrimento e di provvisorietà. Il senso di precarietà regna negli oltre cinquanta borghi dell’Emilia colpiti dal sisma. Alcuni sono paesi svuotati e silenziosi, come Finale Emilia dove, sul vialone di accesso, gli abitanti fanno la fila alla postazione dei Vigili del Fuoco e prendono il numero, come dal salumiere, per prenotare l’ingresso nella zona rossa. Varcano le barriere con il caschetto protettivo e tornano con valigie e sacchi colmi di vestiti e di generi di prima necessità, sottratti alle proprie abitazioni pericolanti.

     

    Le persone parlano della casa che non c’è più ma la paura più grande è per il negozio o l’attività bloccata. E in una delle zone d’eccellenza e più produttive d’Italia ogni giorno che passa senza lavorare è un danno non solo per la vita dell’impresa locale, ma per quella di tutti gli italiani. Un piccolo imprenditore ha fatto un appello che non può rimanere inascoltato: “Aiutateci a tornare a lavorare, scommettete e investite su di noi, tra qualche anno vi ridaremo tutto e con grandi interessi, potete contarci!”. Gli emiliani sono così.

    La reattività della gente si vede proprio nel voler rimettere in moto, dove possibile, le produzioni. Durante il giorno nei campi di accoglienza, allestiti e gestiti dagli alpini, non si incontra la forza lavoro; rimangono le donne con i bambini piccoli e gli anziani che sono i più colpiti perché soffrono maggiormente per essere stati sradicati dalle loro abitudini e dalle loro comodità quotidiane. I volontari cercano di assecondare nel miglior modo possibile le necessità di tutti, partendo dal cibo che per i numerosi ospiti di fede musulmana deve rispettare i loro precetti. Bambini e ragazzi sciamano nelle aree gioco e in ogni campo un gruppo di volontari specializzati fornisce un aiuto anche psicologico ai più piccoli che, nei Comuni colpiti dal sisma, sono oltre 40mila.

    Nulla è lasciato al caso: nel campo “Robinson” di Finale Emilia c’è perfino una struttura veterinaria per gli animali domestici. Fido e micio, in fondo, fanno parte delle nostre famiglie ed è giusto che abbiano le migliori cure. Nell’attesa che la fine del terremoto decreti la fine dell’emergenza occorre evitare, come ben ha ricordato il governatore Vasco Errani, “rottura tra la fase di emergenza e quella della ricostruzione”. Nel far questo sarà compito delle istituzioni scongiurare un’inutile burocrazia, far rispettare le norme ma tenere anche ben presente che una regolamentazione eccessiva concorre sempre a frenare lo sviluppo.

    Agire tanto e parlar poco dovrebbe essere lo spirito giusto per aiutare, evitando anche la proliferazione di polemiche inutili, come quella apparsa subito dopo le prime scosse, di quanti auspicavano una calata di schiere di volontari in aiuto alle popolazioni, senza tener conto che ogni persona che opera sul territorio deve anch’essa usufruire dei servizi essenziali – cibo, un letto ecc. – e che un numero elevato e non coordinato di persone, seppur mosse dai migliori intenti, potrebbe provocare disagi maggiori alla popolazione che si vuole aiutare.

    Oppure lo sterile, tambureggiante sentimento, che ha contagiato soprattutto i social network, di coloro che volevano l’abolizione della parata per la festa del 2 Giugno, per devolvere i soldi (peraltro già spesi) ai terremotati, per dare un segnale in un momento difficile e, in genere, per l’inutilità della manifestazione. Posizioni che hanno utilizzato strumentalmente il terremoto ma che in realtà sottintendono la negazione del ruolo delle Forze Armate. Sono espressioni che, tra l’altro, non tengono conto del fatto che i militari sono stati prontamente impiegati nelle zone colpite dal sisma, come sempre accade in queste drammatiche occasioni.

    Il più bell’esempio è proprio quello delle tante forze dell’ordine e dei volontari accorsi in aiuto alle popolazioni che lavorano instancabilmente, senza chiedere nulla. Sono loro, nonostante il terremoto, che concorrono a rendere, poco per volta, la vita meno sospesa e a ricominciare con nuovo slancio.

    Matteo Martin