Fare insieme coscienza civile

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    “Fare opinione per diventare coscienza civile”. Era la traccia del convegno della stampa alpina che per la prima volta si svolgeva nello splendido Soggiorno alpino della nostra Associazione a Costalovara, immerso nell’incantevole altopiano del Renon, in provincia di Bolzano. Un tema complesso quanto delicato, una sede pur ristrutturata e accogliente ma nuova ad una simile esperienza: è stato un duplice quanto felice collaudo. Ancora una volta gli alpini hanno dimostrato di saper affrontare le novità.

    Il resto lo ha fatto l’onestà intellettuale dei responsabili delle testate alpine convenuti e l’ottima organizzazione logistica del Soggiorno gestito da uno speciale comitato, presieduto da Silvano Spiller, e dalla sezione di Bolzano. La novità non è stata solo nel tema quasi provocatorio del convegno ma anche nella modalità del programma; sabato pomeriggio la trattazione di tre argomenti: i valori sui quali puntare per diventare coscienza civile, come comunicare con i media nazionali e i rapporti con i media e gli uffici stampa del territorio.

    Argomenti svolti rispettivamente da Umberto Folena, caporedattore centrale del quotidiano Avvenire, Roberto Magurano, caposervizio della redazione del Corriere dell’Alto Adige e Luca Marchiori esperto di marketing e comunicazione. Nel resto del pomeriggio di sabato i congressisti, divisi in tre gruppi, hanno trattato ciascuno uno dei tre temi.

    Domenica mattina, relazione sui risultati delle tre commissioni e discussione generale. Con questo programma è stato possibile far intervenire nella discussione tutti i congressisti, il che è stato uno dei punti di forza del convegno della stampa alpina. Probabilmente bisognerà mettere a fuoco ancora qualche aspetto particolare, ma non c’è dubbio che fin d’ora il risultato è stato positivo e soprattutto utile a tutti coloro che scrivono sui nostri giornali associativi.

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    I lavori sono stati aperti dal vice presidente nazionale vicario Adriano Crugnola, che nella sua qualità di presidente del Comitato di direzione de L’Alpino ha dato il benvenuto a tutti e spiegato le modalità del convegno. “Un saluto carissimo a Vittorio Brunello – ha esordito don Bruno Fasani, nuovo direttore de L’Alpino – e un grazie al presidente Perona che mi ha dato fiducia mettendomi alla responsabilità del giornale”. È poi entrato nel tema del convegno, ricordando che questo momento impone agli alpini una responsabilità particolare. Basta pensare a quando è nata l’ANA, “nel contesto sociale difficilissimo del dopoguerra che rischiava di infrangere tutte le speranze, quelle per le quali si era combattuto e si era morti. In una società divisa politicamente e ideologicamente che rischiava di perdere la memoria, gli alpini fondano l’ANA, fanno i monumenti ai Caduti, quegli stessi monumenti ai quali adesso vanno i politici di tutti i colori a ricordare chi ha combattuto e fatto il bene della Patria.

    Vuol dire – ha soggiunto don Bruno – che siamo stati capaci di creare una coscienza. Si è messo in piedi in condizioni difficilissime un giornale, L’Alpino, perché si era convinti che potesse diventare un supplemento di coscienza nella società”. Gli scenari cambiano – ha continuato il direttore – ma credo che tutti percepiamo il disagio di un momento in cui vorremmo ridare un’anima non solo agli alpini, ma alla società”. E si è domandato, alludendo agli interventi a favore dei terremotati dell’Emilia, nei giorni in cui era richiesto “il bene del fare”, se non sia anche arrivato il momento del “bene del dire”. E dire in maniera aperta e coraggiosa dove vogliamo andare, con una meta, non come la nostra società che sembra un aereo che non trova la pista su cui atterrare.

    “L’importante è che insieme andiate a trovare le piste per le quali questa società possa trovare le coordinate, non solo al nostro interno. Rifuggendo dal voler fare discorsi moralistici o scomodare la politica – ha continuato – Credo che molti di voi in questi giorni e ormai da tempo sentano disagio per la situazione di fronte ai ripetuti e continui scandali e quanta voglia avremmo di dire insieme: vogliamo gente pulita, vogliamo politici che siano politici e non faccendieri che si vestono falsamente da politici. Quanta voglia avremmo di essere governati da cittadini, avendo mete chiare e obiettivi precisi.

    Dovremmo tornare ad avere una coscienza che noi possiamo davvero fare qualche cosa vivendo bene da alpini ma dicendo bene da alpini. Ecco perché la penna – che questa volta è la penna dei nostri computer e la penna della nostra intelligenza – è chiamata a confrontarsi sui grandi temi ed essere una coscienza che fiorisce”. Quanto ai nostri giornali associativi don Bruno ha affermato che “abbiamo un potenziale straordinario per comunicare”, perché i nostri giornali sono molto letti, seguiti. Non si domanda la professionalità dei grandi giornali, si domanda una laboriosità e chiarezza fondamentali. Gradite presenze al convegno, il generale di Divisione Fausto Macor, vice comandante delle Truppe alpine, il capo ufficio pubblica informazione del Comando, col. Enrico Mattina e della brigata Julia capitano Igor Piani: questi ultimi due hanno rapporti diretti e frequenti con i responsabili delle nostre testate ed in special modo con la redazione de L’Alpino, come anche il maggiore Mario Renna della Taurinense che ora si trova in missione in Afghanistan.

    Il gen. Macor ha annunciato per l’indomani mattina la partecipazione del generale Primicerj del quale ha portato i saluti e quello delle diecimila penne nere in armi. “Ringraziare è doveroso – ha soggiunto il gen. Macor – l’informazione nel nostro ambiente è una struttura molto stretta e gerarchica, e molto spesso non ci permette di essere così incisivi e veloci come avviene con i giornali e la televisione. Quello che vi si chiede è di essere ancora più vicini agli alpini in armi attraverso i nostri addetti stampa. Infine – ha concluso – auguro a te, don Bruno, un buon lavoro”.

    Un unico caldo applauso ha salutato le parole del gen. Macor e il presidente Perona che si stava avvicinando al leggìo per il suo intervento. “Un caro benvenuto a tutti voi – ha esordito – e all’amico fraterno generale Macor. E a tutti gli alpini in armi, perché non sarebbe possibile fare associazione senza di voi al nostro fianco. Siamo un tutt’uno, nel difendere anche i valori della vostra professione, del vostro impegno che è costante, faticoso, pericoloso ma che voi svolgete all’insegna di quella che è la storia e la tradizione degli alpini. E auguri per i vostri 140 anni portati benissimo, perché non avete ceduto di un passo nel servizio alla Patria e nel modo di essere alpini”. Ha quindi salutato sia il col. Mattina che il capitano Piani, i tre relatori e poi don Bruno Fasani quale nuovo direttore de L’Alpino.

    Infine ha avuto parole di gratitudine per Vittorio Brunello. “È quasi commovente vederti dall’altra parte di questo tavolo. Grazie per tutto”. E riferendosi ai politici davanti ai monumenti ai quali faceva riferimento don Bruno aprendo il convegno ha affermato “vorrei soltanto che quei politici imparassero una volta per tutte che coloro ai quali sono dedicati sono quelli che hanno fatto l’Italia che loro stanno invece disfando, e vorrei che impallidissero e provassero vergogna. Infine passando ai tre temi, in special modo a quello della formazione di una coscienza civile, ha continuato: “C’è qualcuno anche in questa Associazione, pochi, ai margini, che disturbano la parola coscienza non sapendo nemmeno cosa sia la coscienza.

    Perché la coscienza è anche comportamento, dirittura morale, valori che qualcuno anche in questa nostra famiglia dimentica. Sarebbe bene che queste persone prendessero un’altra strada, perché la nostra è quella della coscienza e del servizio, non delle menzogne puerili, della politica a basso livello. Quindi trattare questi temi serve anche a noi tutti”. Infine un invito, tratto da un vecchio slogan dialettale che suona pressappoco così: le coscienze più sincere sono quelle che portano gli scarponi”. Le coscienze alpine. Il primo dei tre relatori, Roberto Magurano, ha esordito parlando dell’Adunata svolta proprio a Bolzano. “Eravamo terrorizzati, invece è stato un evento bellissimo, organizzazione perfetta.

    È andata, comportamenti elogiati anche dalla stampa di lingua tedesca. Quindi grazie a tutti”. Ha raccontato una storia, quella di un cane e di “un soldato italiano a Bala Mourghab, in Afghanistan. Affamato, ferito e malato, è stato curato da questo militare che alla fine è riuscito a farlo trasferite in Italia per essere adottato. Una storia positiva, peccato che i giornali avessero omesso che questo “soldato” è un tenente della 74ª compagnia, 6° reggimento Alpini. È una piccola storia, positiva. È una storia che interessa tutti”. Spiega che ogni giorno arrivano ai giornali migliaia di notizie attraverso i canali della comunicazione. Per emergere occorre saper creare e consegnare ai mezzi di informazione messaggi “che siano particolarmente interessanti, in modo chiaro e, come nel vostro caso, positivi. Gli alpini hanno un patrimonio immenso, sono simpatici, generosi, aiutano nelle emergenze, sono popolari.

    Ci sono poche categorie sociali che possano assumere queste caratteristiche. Quindi sta a voi saper produrre un effetto e saper confezionare un messaggio appetibile e farlo conoscere ai giornali locali e a quelli nazionali che, localmente, hanno sempre un corrispondente”. Sui valori che sottendono la coscienza civile ha parlato Umberto Folena, caporedattore centrale del quotidiano Avvenire. La sua è stata una relazione di etica morale che ben si inseriva nel contesto del convegno incentrato sulla coscienza civile. Ha premesso di non essere un alpino, ciò nonostante ha svolto argomenti che ci sono famigliari. Ha individuato cinque valori sui quali puntare, premesso che la parola valori è una parola trappola, i valori vengono usati in tanti modi, come se fossero fiori da mettere sulle finestre di un edificio. Vanno alimentati altrimenti marciscono, mentre sono le fondamenta dell’edificio Comune, Provincia, Italia. E rifacendosi alla comunicazione e al bisogno di dire, oltre al fare, ha inserito il bisogno del pensare, “perché senza un buon pensiero non ci sono buone parole”.

    Il primo valore è nella bandiera e nel patriottismo, da non confondere con il nazionalismo, che esclude, è il trionfo della propria sulle altre Patrie. Ma Patria intesa come comunità che include, come convivenza che non vede gli altri come minaccia. Il secondo valore è quello della libertà. È la difesa della Patria e dei suoi confini, ma ci sono altri confini, trasversali alla Patria, è il confine tra stare bene e mantenere dignitosamente la propria famiglia e la miseria, l’estrema povertà. La libertà di poter lavorare tutti dignitosamente. Folena cita una canzone di Gaber: libertà è partecipazione. “Questo – dice – è un Paese molto partecipato”. E poi c’è il valore della sobrietà. Cita il sociologo Sigmund Baumann e parla della società dei consumi e degli egoismi.

    L’alpino fa una vita sobria e non si spaventa mentre molti intendono la libertà come possibilità di spendere e di consumare per vivere e non viceversa. Manca il senso di sobrietà della vita, ed è per questo che la società è in crisi, e non solo la nostra. Ed è molto simile alla gratuità, che sfugge alle tentazioni del possesso, al concetto egoistico del “mio”. E poi ancora la fratellanza, che ci fa considerare una risorsa la diversità. E infine la stabilità: gli alpini sono sempre gli stessi, sanno mantenere fede alla parola data alla comunità. Luca Marchiori è sceso sul terreno del lavoro quotidiano ed ha proposto come comunicare avvalendosi della sua esperienza quotidiana nelle pubbliche relazioni che hanno assunto rilevanza anche per la nostra Associazione. Siamo nell’era della comunicazione globale, della rete e dei social network che consentono di ampliare in modo esponenziale il bacino di utenza mediatico.

    “È finita l’epoca in cui bastava avere un buon nome, radicato nella tradizione – ha detto – Oggi è necessario rendere conto di quello che si fa se si vuole che il pubblico lo sappia”. Secondo un vecchio detto un fatto che non appare sui giornali non è mai accaduto. Per farci conoscere e per far conoscere quello che facciamo è necessario organizzare una struttura dedicata alle relazioni esterne che a livello di Sezione possa operare con le istituzioni, i giornali e le televisioni locali: sono le prime porte che bisogna aprire. È chiaro, ha aggiunto Marchiori, che le informazioni hanno diversi livelli di importanza: individuare i canali attraverso i quali divulgare informazioni è fondamentale.

    Se è abbastanza facile contattare i corrispondenti locali, potrà essere la sede nazionale a fornire informazioni a un livello superiore. Quanto alla rete, proprio per la sua velocità e capacità di raggiungere un pubblico vastissimo, non può essere usata se non in modo serio e professionale, evitandone un uso improprio. “L’esperienza ci insegna che l’immagine va sapientemente venduta – ha aggiunto Marchiori – che è necessario creare un rapporto di fiducia con l’interlocutore”. Ed ha portato l’esempio della propria Sezione, quella di Torino, che in tre anni, grazie anche all’Adunata nazionale, ha raggiunto un buon livello di notorietà. “Ma una volta spenti i riflettori dell’Adunata siamo riusciti a mantenere vivo l’interesse nei nostri confronti.

    A mio parere – ha concluso – la creazione di un ufficio P.R. all’interno delle nostre Sezioni non può che far bene alla nostra Associazione che necessita, oggi più che mai, di una grande visibilità per incentivare – con l’esempio – la formazione di una nuova coscienza civile”. Fin qui la prima parte del convegno. Il vice presidente vicario Crugnola, prima di congedare i congressisti che raggiungevano i tre gruppi di lavoro, ha ricordato che la sede nazionale dispone ancora di un buon numero di libri dedicati all’intervento in Abruzzo. È un volume molto curato e documentato che figura bene in ogni sede di Sezione e di Gruppo.

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    Domenica mattina, dopo la Messa celebrata da don Bruno e l’alzabandiera sono ripresi i lavori con la consegna del premio biennale Piotti, riservato ai nostri giornali. La commissione quest’anno ha ritenuto di assegnarlo a Fameja Alpina, come riferiamo nel box sopra. Sono poi stati resi noti i nominativi di cinque alpini vincitori del concorso “Quel giorno da alpino che non potrò mai dimenticare”, organizzato dall’Azienda di promozione turistica di Bolzano, alla cui direttrice Roberta Agosti ed al presidente Dado Duzzi va riconosciuta la grande collaborazione anche in occasione dell’Adunata a Bolzano. I vincitori potranno usufruire di un fine settimana gratuito in un grande albergo di Bolzano. Silvano Spiller ha parlato del Soggiorno Alpino: “È la casa di tutti gli alpini – ha detto – gestito da una cooperativa aperta a tutte le sezioni e i gruppi ANA.

    La struttura principale è stata rinnovata. Suggerimenti, consigli e aiuti saranno ben accetti, nel frattempo ricordiamoci che è un posto davvero incantevole in un altrettanto incantevole ambiente alpino ideale per trascorrere tanti, o pochi, giorni di vacanza ideale”. Il generale Cesare Di Dato, già direttore de L’Alpino, ha ricordato che il 6 ottobre all’Arena di Verona ci sarà il grande raduno delle fanfare dei congedati delle cinque brigate alpine. Vittorio Brunello, al quale ha dato il cambio don Bruno Fasani, ha ringraziato i direttori dei giornali per le espressioni usate nei suoi confronti.

    Ha ricordato che il Soggiorno non ha solo una valenza alpina. “Sventolano due bandiere, italiana ed europea”, ha detto ed ha ricordato che l’ANA ha fatto un importante investimento economico e morale che va valorizzato. Quanto al tema del convegno dedicato alla formazione di una coscienza civile “abbiamo un compito: dobbiamo tradurlo come obiettivo per la nostra associazione in una società in disgregazione”. Come comunicare sui media nazionali? Era il quesito che si è posto il gruppo che ha avuto come relatori Stefano Benazzo e Paolo Montina.

    “Gli alpini, come la gente di mare, non sono abituati a parlare – ha esordito Benazzo – riferendo della discussione del secondo gruppo. Per loro è quasi andare contro natura. Fanno e basta”. I media nazionali scrivono e parlano degli alpini particolarmente in tre occasioni: le Adunate, in caso di calamità o quando ci sono i funerali dei Caduti. Noi dobbiamo portare un valore aggiunto ai valori che altri hanno, essere catalizzatori e non diventare autoreferenziali. Quanto alla stampa nazionale, non ci cerca e non ci cercherà: dobbiamo essere noi a proporci, evidenziando ciò che facciamo, specialmente nelle emergenze di Protezione Civile, nelle quali il ruolo dei nostri comunicatori è essenziale per far conoscere ciò che facciamo. Un modello, a questo proposito, è il modus operandi delle Truppe alpine attraverso i responsabili di Pubblica Informazione. È importante comunicare notizie evitando banalità, notizie ben confezionate. “Infine – ha concluso Benazzo – apprezzamento da molti per la nuova formula del CISA.

    È stato suggerito che dati gli argomenti di fondo ci sia anche una preparazione preventiva di coloro che dovranno far parte dei vari gruppi”. Paolo Montina ha ricordato che occorre evitare un sovraccarico di notizie – sui giornali e soprattutto sulla rete – a livello nazionale, mentre a livello locale è necessario informare i media anche perché resti memoria di quanto abbiamo fatto: avremo con ciò maggior credito e sostegno nelle nostre iniziative. I giovani: bene i campi scuola, è necessario proseguire su questo esperimento che ha avuto risultati molto positivi, come anche l’attività nelle scuole. Conclusa la relazione Crugnola ha invitato i congressisti ad inviare alla redazione de L’Alpino riflessioni e spunti per il prossimo CISA.

    Il tema dei valori sui quali puntare per diventare coscienza civile richiama – come ha detto Ruggero Galler, relatore del secondo gruppo di lavoro – i comportamenti della società nel suo complesso e le relazioni con certa stampa. Di qui l’insidia di entrare nella politica. È quindi necessario non intraprendere iniziative personali non condivise dall’Associazione. Bene la nuova impostazione de L’Alpino, con qualche perplessità da parte di taluni. Infine Marchiori, per il gruppo che rappresentava ha consigliato di svegliare gli alpini “dormienti”.

    Quanto all’informazione, ogni Sezione ha le sue caratteristiche, di qui la necessità di avere un proprio P.R. e un coordinamento della Sede Nazionale. Parlando dei social network è stata evidenziata la necessità di dedicare un convegno solo sul futuro di questo settore, che richiede una formazione particolare e una guida da parte de L’Alpino e il CDN. Su questo argomento è intervenuto anche il direttore Bruno Fasani per il quale “l’uso dei social network può dare adito ad equivoci, quindi gli operatori devono avere certe caratteristiche”. Per Roberto Gerola (giornalista di Trento) noi siamo già coscienza civile nel momento in cui siamo inseriti nella comunità e i nostri interventi di solidarietà, a differenza di altre associazioni, sono gratuiti. Avverte il pericolo di affrontare temi strettamente politici. E, infine, non si pone problemi di fratellanza, solidarietà o nazionalismo per l’educazione civica ricevuta e “perché sono alpino”.

    Ha concluso con una frase pronunciata il giorno prima dal presidente Perona: “Noi siamo coscienza civile nel momento in cui il nostro compagno di banco è il sindaco che rappresenta l’Istituzione e gli dimostriamo con l’esempio che siamo la coscienza civile”. Carlo Birone (Genova) riferendosi a un editoriale sulla Preghiera dell’Alpino sostiene che è quella che è e se ci sono preti che non la sopportano il problema è loro e non nostro. Quanto ai “diversi”, non hanno mai costituito un problema per gli alpini. Fabio Ortolani (Trieste) ha ricordato la Giornata del Ricordo celebrata il 10 febbraio alla foiba di Basovizza, l’unica in territorio italiano, con grande partecipazione delle nostre Sezioni. Chiede di inviare adesioni per l’anno prossimo. Dario Burresi (stessa Sezione) ricorda che lo Statuto definisce l’ANA apartitica non apolitica e che non si deve avere timore a scrivere di problemi che riguardano la Res Publica.

    Per il consigliere nazionale Cesare Lavizzari “noi non abbiamo bisogno di diventare coscienza civile perché lo siamo già”, ed è ciò che è emerso dalla riunione del gruppo di lavoro cui ha partecipato. “Abbiamo, forse, bisogno di farlo sapere e declinarli in pratica, come la memoria e l’unità associativa. In questo siamo un esempio rivoluzionario perché ci comportiamo su schemi di valore un po’ antichi e un po’ moderni ma che ci fa stare sereni. Non dobbiamo fare niente di più, basta essere quello che siamo rifuggendo dal pericolo di introdurre nel nostro interno elementi che possono dividere”.

    Carlo Gobbi, giornalista della sezione di Como, ricorda che i giornali nazionali parlano degli alpini in caso di intervento, sono stimati. Ma, più ancora, sono amati dalla gente. Ma i giornali sono spesso… distratti e allora un ufficio stampa che coordini le informazioni a livello nazionale è necessario, anche perché ci sono argomenti locali che possono avere una valenza nazionale. Giorgio Chiosso, già presidente della sezione di Torino, loda la novità del CISA e invita l’Associazione a uscire allo scoperto senza timore di fare politica, perché “non tutto è marcio, le cose vanno male anche per colpa nostra perché quei signori li abbiamo votati noi. Ma dobbiamo dire che c’è anche gente onesta, che lavora e che rispetta le leggi”.

    Piero Biral, direttore di Fameja Alpina, ringrazia commosso per il premio Stampa alpina ricevuto, un riconoscimento che premia l’impegno di tutta la redazione. Il col. Enrico Mattina, capo ufficio P.I. del comando Truppe Alpine parla della sinergia fra Truppe Alpine e giornali associativi. Il rapporto è di stretta collaborazione. Del resto non potrebbe essere altrimenti: siamo due facce della stessa medaglia. Giancarlo Borsetto (Svizzera) vorrebbe che fossero indicati anche gli obiettivi che ci si prefigge.

    Il consigliere nazionale Roberto Bertuol, del comitato di redazione de L’Alpino e responsabile del coordinamento dei giovani iscritti, si chiede quali siano gli orientamenti dell’ANA aperti al futuro. E ritiene che la copertina del nostro mensile dedicata ad una giovane alpina sia innovativa e molto significativa, oltre che nel rispetto della nostra tradizione. Per quanto riguarda la carta stampata sarebbe bene pensare di utilizzare i moderni canali che passano anche attraverso i cellulari. E si dice grandemente soddisfatto nell’aver visto premiare un direttore giovane (di Fameja Alpina, n.d.r.). Gian Luigi Ravera (presidente della sezione di Casale Monferrato) è convinto che siano i giornali del territorio quelli con i quali avere stretti rapporti, oltre che le emittenti televisive locali, lasciando alla Sede Nazionale la gestione del media nazionali.

    Il giornalista Dino Bridda (terzo gruppo) sollecita un raccordo Sezioni-Sede Nazionale. Ricorda che al CISA di Conegliano ci fu un dibattito anche acceso sui temi politici ma che lo Statuto pone già dei paletti, per cui …dov’è il problema? I valori: è un discorso difficile, lo dimostra il fatto che ci sono state posizioni diverse sulla relazione svolta il giorno prima. “Noi abbiamo un patrimonio storico di valori che non sono reperti museali ma praticati nell’evolversi dei tempi”. Si dice orgoglioso di appartenere alla stessa Sezione della Medaglia d’Oro alle paralimpiadi Oscar De Pellegrini portabandiera degli Azzurri, un testimonial che fa onore agli alpini (il direttore anticipa che gli è stata dedicata la copertina di questo numero, n.d.r.).

    Paolo Mastracchio (Molise): interessanti gli argomenti delle commissioni: “Avrei voluto esserci in tutte e tre”. Luigi Zanini (Monza) “I nostri valori sono universali e provengono dall’amore per il prossimo. Come l’amore per la natura, l’amicizia e tanti altri valori. Ciò che dobbiamo fare è trasmettere questi valori sui nostri giornali per farli arrivare all’esterno, a tutti gli italiani e nel mondo”. Prima di lasciare la parola al generale Alberto Primicerj (giunto nella mattinata, accolto da un lungo applauso) e al presidente Perona, il direttore de L’Alpino ha riferito su alcune impressioni sullo svolgimento del CISA. Evidenzia che con questo metodo di lavoro è stata data la possibilità a tutti di esprimere la propria opinione.

    Ha risposto a Birone sull’editoriale dedicato alla Preghiera dandogli ragione. Ha spiegato che dovrebbe essere letto anche dai parroci ed ha informato l’assemblea che l’Ordinariato militare, per bocca del suo segretario generale, “approva in toto quello che è stato pubblicato su L’Alpino”. (applausi). “Credo che non basti – ha detto il direttore Bruno Fasani – però è un contributo che ha un valore politico nel senso nobile della parola perché vuol dire che non abbiamo complessi e se facciamo qualcosa lo facciamo perché abbiamo delle motivazioni. E vorremmo anche dire a chi non la pensa come noi che chi si serve del Vangelo per escludere dei gruppi, per escludere qualcuno, quella sì che è una strumentalizzazione del Vangelo” (applausi). “Perché quando si tira per la giacca il Vangelo per dire che alcuni sono fratelli o cristiani di serie B, questo è una lettura ideologica del Vangelo di cui qualcuno si dovrebbe vergognare.

    Quindi ho coscienza che l’articolo era per i preti. L’ho scritta perché sul tavolo del direttore arrivano in continuazione montagne di queste lettere. Ho creduto di mettere i puntini sulle i una volta per tutte”. E ha continuato: “A chi teme che L’Alpino diventi Famiglia Cristiana rispondo quello che ho risposto a un ufficiale a Bolzano quando mi ha detto del suo timore che il giornale sarebbe diventato Famiglia Cristiana: “Non se se considerarlo un’offesa alla mia intelligenza o alla tua”. E ha continuato: “Sfido chiunque a dire che dietro i miei scritti c’è un animo di parte perché credo che la professionalità raggiunta mi consenta di non essere di parte quando scrivo su L’Alpino. E poi alcune precisazioni.

    Sul giornale: sulle prime pagine argomenti a tema, perché aiutino a pensare; la copertina sulla giovane alpina è stata fatta perché è un atto di giustizia che non offende il maschilismo; la lettera che parla del diverso: sono stato felice di pubblicarla perché penso che dobbiamo rispetto a tutti quelli che ci scrivono ma anche all’originalità di chi ci scrive. Sul cappello ai ragazzi della mininaja… basta: direi che dobbiamo cominciare a scrivere anche su quello che c’è sotto il cappello. Penso comunque che non ci siano argomenti tabù, conta l’originalità e conta l’interesse sociale, non abbiamo preclusioni perché dietro ogni lettera c’è un uomo o una donna e tutti, tutti, abbiamo la stessa dignità”.

    Ha concluso rilanciando i valori, tema di fondo del convegno. “Ogni tanto bisogna ricordarceli, perché non possiamo vivere di rendita. Ci sono gruppi che anche per motivi partitici – non politici, partitici – si stanno spaccando. Rilanciare i valori non è perché non li abbiamo, ma per ricordarceli”. Un applauso ha poi accolto l’intervento del gen. Primicerj il quale ha ringraziato per l’interesse della nostra stampa per gli alpino in servizio. Dopo aver detto della Taurinense in Afghanistan ha chiesto di non trascurare l’attività in montagna dei nostri reparti e all’attività del Centro di Courmayeur che accoglie campioni di grande valenza sportiva, così come attenzione va posta anche all’operazione “Strade sicure”.

    Ha annunciato che si rifaranno sia i Ca.STA che l’esercitazione Falzarego, che il Comando Truppe Alpine perderà il 4° reggimento alpini paracadutisti ma che conserverà il cappello alpino e che la Julia incorporerà il reggimento Piemonte Cavalleria così come la Taurinense ha il Nizza. Quanto alle Truppe alpine formate da professionisti si manifesta il trascorrere del tempo e dell’invecchiamento dei volontari cui si fa fronte con un costante addestramento, ma il problema c’è. Quello che non invecchia è lo spirito che unisce gli alpini in armi con quelli in congedo, gli stessi valori. “Marciamo verso un unico obiettivo – ha detto il comandante – in difesa dei valori in una società che li perde”. “Noi siamo a posto con la nostra coscienza, dobbiamo solo fare attenzione a non perderla”, ha esordito il presidente Perona nel suo discorso di chiusura del convegno.

    “È lì il grande segreto. La nostra società sta perdendo i valori per strada, ma – ha soggiunto – qualche pezzetto lo stiamo perdendo anche noi. L’informazione è un’arma potentissima purché contenga verità e non scivoli nella cultura del pettegolezzo – com’è avvenuto – soprattutto su quel mezzo a grande diffusione che è la rete informatica. Perciò manteniamo la nostra coscienza alpina. Siamo stati governati male perché mancavano i valori”. E poi il ritorno alle origini ed un messaggio: “L’Ortigara è lassù, guardiamo a quella Colonna. Grazie a tutti e buon lavoro”.

    Giangaspare Basile

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