Al Tempio di Cargnacco, dove riposano i Caduti che non saranno mai dimenticati

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    Mancava solo la neve per rendere lo scenario della celebrazione del 67º anniversario della battaglia di Nikolajewka molto simile a quello che trovarono in terra di Russia i soldati dell’ARMIR. Infatti una temperatura di diversi gradi sottozero, resa ancora più incisiva dalla presenza del buran (la bora) che dalle lontane steppe sovietiche era arrivato quasi anch’esso volesse essere presente in questa giornata del ricordo a soffiare sul paese di Cargnacco.

     

    Qui sorge il Sacrario che il cappellano militare don Carlo Caneva, di ritorno dalla tragica odissea vissuta in quelle lande, volle che fosse eretto per ricordare il sacrificio di quanti, onorando il giuramento di fedeltà alla Patria, erano là caduti. Dei 230.000 soldati dell’VIII Armata italiana, solo 140.000 fecero ritorno in Italia. Un ulteriore capitolo doloroso toccò a coloro che caddero prigionieri dei sovietici: dei 70.000 tornarono a baita solo diecimila. Nel Tempio di Cargnacco hanno trovato dimora 9.000 salme.

    I resti di tanti altri Caduti sono stati tumulati nei rispettivi paesi di origine, ma molti riposano ancora in quelle terre lontane ed ogni anno che passa si affievolisce la speranza di poterli riportare in questo Sacrario. Proprio per questo c’era grande trepidazione tra i convenuti, perché si era saputo che nel corso della cerimonia sarebbero stati riconsegnati alle famiglie sei piastrini di nostri alpini. La cronaca della giornata si apre con la cerimonia, sul piazzale antistante il Tempio, degli onori resi dalla fanfara della brigata alpina Julia e da un picchetto dell’8º reggimento Alpini di Cividale al nostro Labaro, scortato dal presidente Corrado Perona, dal vice presidente vicario Valditara, dal vice presidente Spiller e dai consiglieri nazionali Chiofalo, Geronazzo, Munarini, dal revisore dei conti Baradello ed al Labaro dell’UNIRR, con il presidente della sezione friulana Luigi Venturini in rappresentanza del presidente nazionale Pietro Fabbris.

    Sono entrati quindi i gonfaloni della Provincia di Udine, del Comune di Pozzuolo del Friuli sul cui territorio si trova il Tempio e della Città di Udine insignito di Medaglia d’Oro al Valor Militare per la guerra di Resistenza. Poi l’alzabandiera e la deposizione, davanti a ciascuno dei dodici cippi che ricordano i reparti che presero parte alla campagna di Russia, di un mazzo di fiori da parte di giovani alpini e di reduci che portavano in mano un lume acceso, a significare la luce della speranza che li aveva sorretti durante la tragica ritirata. All’interno del Tempio i discorsi del sindaco di Pozzuolo Nicola Turello, che ha ribadito l’intenzione dell’amministrazione comunale di mettere a posto i locali che fanno da quinta al Tempio (museo e sala di ritrovo) per meglio accogliere gli ospiti che vengono a onorare i Caduti.

    Ha preso poi la parola il sindaco di Udine Furio Honsell, che ha sottolineato l’importanza di mantenere vivi i valori di chi si è sacrificato per farci vivere in un mondo libero. Il comandante la brigata alpina Julia gen. Gianfranco Rossi ha rievocato gli avvenimenti di Russia. L’on. Pietro Fontanini, presidente della Provincia di Udine ha auspicato che il Tempio sia oggetto di visita da parte delle scolaresche. Ha quindi preso la parola il nostro presidente Perona, che ha incentrato il suo intervento sull’importanza del ricordo e sul dovere che ogni cittadino ha di sentirsi grato a quanti hanno sacrificato gli anni della gioventù perché le generazioni future potessero avere un avvenire migliore.

    Rifacendosi ad una visita da lui fatta a Nikolajewka e dell’incontro casuale con una contadina che attraverso l’interprete gli aveva raccontato come da bambina sua madre la portasse a pregare sulle fosse comuni dei Caduti dicendole: Qui bisogna pregare per quanti sono morti senza il conforto né di una croce né di una lacrima , ha esortato tutti, rappresentanti delle istituzioni compresi, a mantenere vivo il ricordo dei Caduti e l’insegnamento scolpito sulla colonna dell’Ortigara. Perona ha concluso ringraziando i reduci per quanto hanno fatto, prima facendo il loro dovere in guerra e poi, tornati a casa, con l’esempio e l’impegno nella ricostruzione. Onore ai Caduti ed un abbraccio ai reduci .

    Oltre alle autorità citate erano presenti il prefetto di Udine Ivo Salemme, la Medaglia d’Oro Paola Del Din, i generali di C.A. Federici e Iob, il comandante la Legione Carabinieri, parlamentari, assessori e consiglieri provinciali e una dozzina di sindaci. Facevano cornice alla cerimonia una ventina di vessilli ANA ed un centinaio di gagliardetti. La Messa è stata officiata da monsignor Brollo, arcivescovo emerito dell’arcidiocesi di Udine, con la concelebrazione di don Minin, parroco e custode del Tempio. Monsignor Brollo ha incentrato l’omelia sul significato del sacrificio dei Caduti, ricordando anche come la sua famiglia sia stata toccata da questa tragedia, con la scomparsa di uno zio. Nel corso della Messa sono stati benedetti i sei piastrini riportati in Italia dal capogruppo degli alpini di Piovezzano, della sezione di Verona, che li aveva ricevuti nel corso di una sosta fatta nel villaggio di Michurinsk, ai confini del quale esisteva un campo di prigionia il 56 di Ucjostoie in cui furono internati 7.000 militari, dei quali solo 300 sopravvissero.

    Il presidente dell’UNIRR friulana e il presidente Perona, hanno consegnato i piastrini ai famigliari dei Caduti ed è stato un momento di grande commozione: era come se, dopo 67 anni di dolorosa attesa fossero tornati i corpi di quei valorosi. La deposizione di un mazzo di fiori sulla tomba di don Caneva e di una corona alla tomba del Soldato Ignoto, mentre solenni e struggenti si levano le note del silenzio, hanno fatto cadere più di una lacrima.

    Luigi Renzo Rovaris

    Pubblicato sul numero di febbraio 2010 de L’Alpino.