TAV e cappello alpino

    0
    47

    Il cappello alpino sulla vicenda TAV non ci voleva. Una storia infinita di contrapposizioni, spesso rissose, di visioni inconciliabili di come dovrebbe girare il mondo ha trovato in Val di Susa il modo per trascinare anche gli alpini in un protagonismo di cui nessuno va fiero. Cominciamo dai militari. Centocinquanta alpini della Taurinense vengono inviati a presidiare un cantiere destinato ad avviare i lavori dell’alta velocità.

    Scelta legittima da parte delle autorità costituite. Non esaltante secondo molti alpini in congedo che hanno ritenuto inopportuno l’impiego di militari, non pochi reduci dall’Afghanistan, in operazioni di guerriglia urbana. Le forze dell’ordine sono sotto organico? Non è l’intervento di centocinquanta alpini a risolvere il problema. Resta comunque incontestabile che in ogni circostanza i militari devono obbedire. E così hanno fatto.

    Dall’altro versante il discorso si fa più semplice. Quale migliore occasione, per chi è abituato a sfruttare in modo spregiudicato, e purtroppo anche violento, tutte le occasioni, mettere in contrapposizione i cappelli alpini e creare un caso eclatante di grande impatto mediatico? Così giovani in armi e sedicenti alpini, reclutati, possiamo immaginare come, per fare da comparsa in un pessimo spettacolo, si sono trovati su fronti opposti. Scene disgustose, prive di dignità, hanno fatto il giro del globo.

    Il presidente della sezione ANA Val Susa, Sosello e il presidente nazionale, Perona, hanno ribadito con fermezza l’estraneità dell’ANA nella vicenda dell’alta velocità ed hanno invitato gli alpini a non lasciarsi coinvolgere in quelle manifestazioni in veste di soci. Qualche disobbediente c’è stato. Bisogna individuarlo e metterlo di fronte alle sue responsabilità. La libertà di opinione non è licenza di strumentalizzare e screditare un Corpo che il rispetto se l’è guadagnato con la generosità, i sacrifici e il sangue.